“Dobbiamo eliminare l’alibi tecnologico, pensare cioè che quello che vorremmo fare non è tecnicamente possibile. Impariamo piuttosto a chiederci che cosa vogliamo fare e poi andiamo a vedere come realizzarla, magari guardando anche fuori dai confini della nostra azienda”. Andrea Pontremoli, Ceo di Dallara Automobili, azienda emiliana che dagli anni ‘70 produce auto da competizione e supercar stradali, riassume in una sola frase la frontiera del digitale.
Una visione particolarmente innovativa che sta guidando l’azienda verso le nuove sfide e raccontata in apertura dell’Industry 4.0 360 Summit, l’evento targato Innovation Post e Industry4Business focalizzato sull’innovazione digitale al servizio di produttività, efficienza e sostenibilità.
Quella di Dallara è una case history che ben disegna lo scenario che si andrà a trattare nel summit, visto che l’azienda emiliana è passata dalle parole ai fatti promuovendo la prima “Simulation Race”, che porterà sul circuito di Indianapolis vetture autonome guidate da algoritmi di intelligenza artificiale.
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Indy Autonomous Challenge, l’intelligenza artificiale in pista
Il progetto, oltre ad essere particolarmente suggestivo, è anche molto concreto visto che i veicoli a guida autonoma avranno la possibilità di sfidarsi in una competizione vera e propria, prima con una simulation race, che metterà in palio 150.000 dollari destinati ai due team che riescono a completare, senza incidenti, 20 giri in meno di 30 minuti, e poi con una gara vera e propria, il 23 ottobre, con le auto a guida autonoma che dovranno fare 10 giri sulla pista di Indianapolis in meno di 15 minuti, una competizione che vale un premio di ben 1 milione di dollari.
“Abbiamo provato a pensare – racconta Pontremoli – a una cosa che gli ingegneri ci dicono che non è possibile fare: far correre a 300 km all’ora auto senza pilota e senza nessun controllo da remoto, con un algoritmo a decidere da sola quando accelerare, frenare e sorpassare. Una sfida tra intelligenze perché si tratta di sostituire il cervello del pilota con una serie di algoritmi”.
L’auto e il suo Digital Twin
Come si è arrivati al progetto? Dallara ha preso una auto da corsa “Indy” e, con la collaborazione della Clemsom University, l’ha sensorizzata con radar, LiDAR, telecamere e l’ha dotata delle attuazioni di sterzo, acceleratore, freno e cambio. Partendo da questa base l’auto è stata trasformata in un modello matematico, un digital twin della vettura fisica, e da qui è stata lanciata la sfida al mondo accademico per costruire un cervello in grado di pilotarla. “Hanno risposto 37 Università di tutto il mondo – tre sono italiane, Pisa, Modena e Politecnico di Milano – che stanno costruendo i cervelli per far funzionare questi due elementi, il digital twin e il pilota. I nostri ingegneri ci dicono che è impossibile far correre una vettura a 300 km/h con altre vetture, e capire quando si stanno avvicinando, quali sono gli algoritmi per fare una curva più veloce di un’altra auto. Questa, però, sarà una bellissima sfida che ha già avuto il risultato incredibile dal punto di vista comunicativo, con 2,7 miliardi di visualizzazioni del sito”.
La “rivoluzione digitale” per correre anche in produzione
Ma se questa è la dimostrazione dell’uso del digitale spinto fino all’estremo, le nuove tecnologie hanno comunque pervaso tutta la linea di produzione dell’azienda. A cambiare è stato tutto il percorso che porta alla realizzazione di una vettura, che passa attraverso un processo informatico molto più avanzato, con una maggiore ottimizzazione della produzione e tempi molto più stretti.
“Prima il nostro modo di lavorare – spiega Pontremoli – era progetto, prototipo, ovvero una parte fisica, verifica che questa parte fisica fosse confacente alle specifiche date dal cliente e da noi stessi, e produzione. Oggi il processo è completamente diverso: si parte dalla ricerca, su aerodinamica e materiali, e dalla simulazione del comportamento della vettura attraverso i supercomputer, i digital twins, facendola addirittura provare virtualmente a un pilota. A quel punto si comincia la progettazione avendo già deciso l’architettura della vettura”.
Se prima bisognava arrivare a uno o più prototipi fisici, “attraverso l’informatica, invece, si riesce a decidere a monte, iniziare la progettazione e, a questo punto, fare il prototipo che è solo la dimostrazione fisica della bontà di ciò che abbiamo fatto. Ci fidiamo talmente tanto dei nostri strumenti informatici che adesso, con i tempi che si stringono, partiamo con la produzione ancora prima di avere il prototipo fisico funzionante, che ormai serve solo per l’ottimizzazione. Questo ci permette di lanciare la produzione molto prima rispetto al passato. Oggi, per fare un’autovettura dal foglio bianco alla macchina che corre in pista – conclude Pontremoli – servono circa 9 mesi, e di questi 8 sono in digitale e uno solo è di produzione”.