Il settore agricolo sta affrontando numerose sfide (crescita demografica, risorse naturali in esaurimento, cambiamento climatico, spreco alimentare, povertà alimentare). Agricoltura 4.0 può essere una risposta strategica a questi problemi, che saranno la cifra del nuovo secolo: una risposta che sarà all’insegna dell’innovazione e dell’impiego di nuove tecnologie (anche inter-settoriali) per ottenere produzioni innovative ed una logistica più efficiente. Ma quali sono queste tecnologie e dove le vediamo già applicate?
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Le molte sfide del settore agricolo
Numerosi trend globali percorrono lo scenario agricolo del nuovo secolo: si tratta di fenomeni ed esigenze, in parte nuovi in parte conosciuti da sempre, destinati a cambiare radicalmente il modo con cui analizziamo e affrontiamo certi problemi sociali come la sicurezza alimentare, la povertà e la sostenibilità. Si tratta di fenomeni di lungo raggio che parlano di nuova demografia, di scarsità di risorse naturali, di cambiamento climatico e di spreco alimentare.
La popolazione sta inesorabilmente crescendo: nei prossimi decenni si stima che crescerà del 33% arrivando a toccare la soglia di 10 miliardi nel 2050 (UNWP Prospect, 2017). Nel 2100, il pianeta sarà abitato da 11,2 miliardi di persone, in altri scenari da 16,5 miliardi. Una folla immensa che richiederà una enorme quantità di cibo e un cambiamento radicale nelle abitudini alimentari attualmente dominate da un trend costante di crescita nella richiesta di carne (una conseguenza ovvia dell’urbanizzazione e della crescita economica nei paesi sottosviluppati). L’urbanizzazione globale è infatti un ulteriore fenomeno che da qui al 2050 potrebbe portare 2,4 miliardi di persone verso le grandi città, sospinte dalla possibilità di incrementare il proprio reddito. Trends che si stima possano portare l’aumento di consumo annuo procapite di carne fino a 45,3 kilogrammi a persona nel 2030. Ugualmente importante sono gli effetti che l’incremento di produzione alimentare sta generando sull’ecosistema globale. Può valere un esempio per tutti: l’allevamento intensivo richiede quasi un quarto di tutto il consumo idrico globale in agricoltura ed è responsabile per circa il 18% delle emissioni di gas serra causate dall’uomo.
In parole povere, il sistema agricolo mondiale e dei singoli paesi dovrà essere in grado di produrre il 70 per cento in più di risorse alimentari entro il 2050 (FAO Report, 2018): una capacità produttiva che dovrà essere adeguata a una popolazione urbana, di prevenzione al diffondersi di malattie croniche, ampiamente sostenibile dal punto di vista ambientale. Chi produrrà tutto questo?
La soluzione agricoltura 4.0
È evidente come gli approcci tradizionali non siano in grado attualmente di rispondere efficacemente a queste trasformazioni. Occorre una rivoluzione. Qualcosa di simile a ciò che è già successo nell’Asia orientale, quando l’introduzione di irrigazione, fertilizzanti e pestici tra il 1961 e il 2004 ha consentito la crescita annua di produzione cerealicola del 2,8% all’anno (World Bank Report, 2008).
La premessa è un’inversione del metodo: con agricoltura 4.0 non si intende solo semplicemente innovare tecnologicamente una produzione ma riprogettarne la catena del valore e introdurre un modo di lavorare diverso: più redditizio, più efficiente, più sicuro e più sostenibile. Un cambiamento di mentalità che non persegue la massimizzazione delle risorse ma il loro minimo utilizzo e la loro massima rendita.
Un approccio reso possibile dall’applicazione di dispositivi tecnologici, digitali e organizzativi nuovi, forniti da un settore agritech che cresce dell’80% annuo dal 2012 (Agfunder Report, 2018). Possiamo suddividere queste nuove tecnologie e soluzioni 4.0 in tre grandi macrocategorie di applicazione a seconda della modalità con cui stanno cambiando il settore agricolo: le tecnologie che consentono una produzione differente dalla precedente; le tecnologie che migliorano l’efficienza della filiera agro-alimentare; le tecnologie che provengono da altri settori e vengono incorporate nel settore agricolo.
Nella prima categoria inseriamo nuove produzioni come l’agricoltura idroponica (senza-suolo), la coltivazione di alghe, l’agricoltura desertica e l’agricoltura oceanica. Se le prime due sono già una realtà in molti paesi, le ultime due rappresentano la frontiera più avanzata della ricerca specifica facendo intravedere il futuro programmato del settore (oggetto di interesse per centri di ricerca come Kaust in Arabia Saudita). In Australia, la società Sundrop ha sviluppato una coltivazione idroponica molto diffusa grazie alla combinazione di energia solare e desalinizzazione. Un sistema sostenibile che consente di coltivare ortaggi in ogni regione raggiungendo la stessa quantità produttiva dei metodi tradizionali senza però usare materie fossili o consumo di suolo.
Greenwave è una fondazione no profit che nasce dalla riconversione produttiva di allevamenti di crostacei negli Stati Uniti e che diffonde la pratica di trattare il mare come un giardino verticale, sostenendo decine di neo-imprenditori in un settore in cui servono solo “una barca, trentamila dollari e circa otto ettari di mare”.
Nella seconda categoria il focus è incentrato sul miglioramento dell’efficienza logistica e organizzativa della filiera. E quale sistema più pratico della coltivazione verticale e della agricoltura urbana? Usando l’agricoltura idroponica citata in precedenza, l’azienda statunitense Aerofarms riesce a produrre in ogni momento dell’anno, collezionando così tanti raccolti potenziali da superare 390 volte la produttività di una fattoria tradizionale a parità di superficie.
Un’impresa simile a quella di Plenty, localizzata a San Francisco e che – grazie ai finanziamenti accordati da Jeff Bezos – si propone di replicare in scala imprese agricole indoor usando il 95% in meno di acqua e il 99% in meno di suolo. L’ingegneria genetica rappresenta una ulteriore prospettiva: non si tratta solo di creare coltivazioni più resistenti o che diano un rendimento maggiore ma arricchirle di vitamine, nutrienti e minerali essenziali che naturalmente non vi risiederebbero. Una branca che si sviluppa fino alla più futuristica “coltura della carne”.
Mosa Meat, con sede a Maastricht in Olanda, utilizza questa tecnologia per sviluppare una “coltivazione intensiva di prodotti a base di carne macinata” che prevede di portare sul mercato tra pochi anni, presumibilmente sconvolgendolo. Anche la più nota stampa 3D potrebbe risultare efficace nel portare il cibo direttamente al consumatore, attraverso la pratica di “stamparsi” i piatti direttamente a casa propria. Ancora una volta è l’Olanda a guidare l’innovazione: TNO (Organizzazione Olandese per la Ricerca Scientifica Applicata) ha annunciato di essere in grado di trasformare microalghe, pigmenti naturali, antiossidanti e carboidrati in vere e proprie carote, perfettamente commestibili.
Nella terza categoria si contano quelle tecnologie già esistenti in altri settori ma che, applicate nel campo agricolo, consentono di migliorarne enormemente la produttività. Si tratta della cosiddetta “agricoltura di precisione” che quest’anno dovrebbe raggiungere i 75 milioni di dispositivi IoT agricoli connessi, che in futuro genereranno 4,1 milioni di dati sensibili nel 2050 (OnFarm, 2016) rispetto ai 190.000 del 2014.
I droni sono un esempio: dall’analisi del terreno (realizzando precise mappe 3D) alla semina, dall’irrorazione delle colture fino al monitoraggio sanitario delle coltivazioni, i droni possono collezionare dati e svolgere attività con l’unico limite – per ora – dei loro sensori e della loro capacità di elaborare le informazioni raccolte tramite processori. La blockchain, nata insieme alle cripto-valute per gestirle in modo trasparente e sicuro, può allo stesso modo ridurre inefficienze (individuando immediatamente colli di bottiglia nelle catene di produzione e logistiche, evitando il deterioramento degli alimenti) e aiutare a evitare frodi nella sicurezza alimentare, nel pagamento degli agricoltori e nei tempi di transazione.
La società internazionale di logistica e commercio globale Maersk, in seguito ad una joint venture con IBM per l’impiego della piattaforma blockchain per il commercio globale, ha realizzato TradeLens, una piattaforma aperta e neutra che garantisce uno scambio equo di informazioni tra tutti gli attori della filiera. Da ultimo, le nanotecnologie guidano la rivoluzione della “agricoltura di precisione”: fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi saranno in futuro nanoincapsulati direttamente sulle piante, in modo da poter rilasciare i loro nutrienti o i loro agenti agrochimici in modo prolungato, determinando un dosaggio preciso per le piante.
Quelle esposte sono tutte innovazioni che da un lato rappresentano un’opportunità ma dall’altro aggiungono anche notevole complessità al settore produttivo. Un inconveniente risolvibile solo grazie all’impiego ulteriore delle cosiddette tecnologie cognitive, in grado di imparare e interagire in modo efficiente come l’Internet of Things, chatbot e l’utilizzo incrociato di dati statistici (“data-driven farming”).
Conclusioni
Al termine di questa breve panoramica ribadiamo il concetto: non si tratta di sostituire una macchina a vapore con un motore a scoppio. Si tratta innanzitutto di procedere all’agricoltura con un nuovo approccio culturale (e digitale) e costruire un intero ecosistema tecnologico che ruoti intorno al valore più importante: la sicurezza alimentare e la sua sostenibilità, per la nostra vita e per quella del pianeta.