Incubatori e acceleratori di imprese e startup: sono in tutto 162 in Italia, con una forte concentrazione al nord e il primato assoluto della Lombardia, con il 25% di presenze di tutto il Paese.
I dati arrivano da una ricerca i cui risultati sono stati presentati ieri a Milano, a fronte dell’analisi del 50% degli incubatori presenti sul territorio nazionale. Il panorama che si è delineato parla di una presenza predominante di realtà di natura privata, con una forte concentrazione nel settore della comunicazione e dell’informazione.
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I presupposti della ricerca
La ricerca è stata condotta dal Social Innovation Monitor SIM, un team di ricercatori del Politecnico di Torino dedicato proprio all’analisi dell’innovazione e dell’imprenditorialità sociale, in collaborazione con Italia Start Up e con il supporto di Cariplo Factory, Compagnia di San Paolo, Impact Hub Milano, Make a Cube³, SocialFare e Social Innovation Teams (SIT). Obiettivo delle ricerca era proprio quello di creare una mappatura aggiornata di queste realtà e delle loro peculiarità, andando a delineare i modelli di business e le differenze tra le diverse tipologie di incubatori, ovvero quelle organizzazioni che supportano attivamente il processo di creazione e sviluppo di nuove imprese innovative attraverso una serie di servizi e risorse offerti sia direttamente sia attraverso una rete di partner.
Il report
La geografia degli incubatori (quasi tutti di natura privata) vede il 60% delle presenze in Italia settentrionale, con una concentrazione nelle regioni del Nord Ovest e il primato assoluto in Lombardia. Al sud, la zona con la minor concentrazione di incubatori, il primato va alla Sicilia. Altissima è la percentuale di incubatori che lavora con organizzazioni ad alto impatto sociale, come ha sottolineato il professor Paolo Landoni del Politecnico di Torino, coordinatore della ricerca: “gli incubatori italiani stanno crescendo e diversificandosi sia in termini di settori sia in termini di modelli di business. Particolarmente interessante è la scelta di un numero crescente di incubatori di focalizzarsi su imprese a significativo impatto sociale. Una specializzazione su questa tipologia di imprese e di incubatori potrebbe essere un elemento efficace di differenziazione per il nostro Paese”.
Analizzando i settori di appartenenza, quello più rappresentativo è legato al settore arte, cultura e artigianato, seguito dal settore che include le organizzazioni legate alla salute e al benessere e a quello delle realtà dedicate alla protezione ambientale). Analizzando le motivazioni che hanno spinto alcuni incubatori a non supportare organizzazioni a impatto sociale emerge come più dei due terzi di essi ha dichiarato che nessuna organizzazione di questo tipo ha presentato la richiesta di incubazione oppure non possedevano i requisiti minimi per essere accettate. Inoltre, in più del 30% dei casi tali incubatori hanno dichiarato che la motivazione è stata legata all’incompatibilità con la loro mission.
E i fatturati? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il fatturato medio delle startup a significativo impatto sociale, rispetto a quelle che non lo sono, è di poco inferiore (123 mila euro contro i 127 mila della controparte). In media gli incubatori nel 2016 hanno raggiunto ricavi pari a 1,13 milioni di euro, per un fatturato totale nel settore dell’incubazione in Italia che si aggira intorno ai 183 milioni di euro.