INNOVAZIONE GREEN

Verso Transizione 5.0, come prepararsi alla nuova stagione di incentivi

In vista di una nuova stagione di incentivi, con l’attesa revisione di Transizione 4.0 e la sua evoluzione Transizione 5.0, le imprese possono prepararsi per cogliere al meglio le opportunità che si apriranno (e quelle già aperte), avvicinandosi già da ora ai temi della sostenibilità. Matteo Iubatti, di Archita Engineering, spiega come le imprese possono farsi trovare pronte a questo importante appuntamento.

Pubblicato il 15 Set 2023

Archita Point of View
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Nel mondo accademico e in quello imprenditoriale non c’è unanimità di consenso sulla necessità di ribattezzare l’attuale contesto industriale come un nuovo paradigma contraddistinto da un termine ad hoc, quello di Industria 5.0. Di diverso avviso è invece la politica, che ha già ampiamente iniziato ad utilizzare la nuova terminologia.

Già da qualche anno la Commissione europea ha presentato, in diversi documenti di analisi, la sua visione di Industria 5.0: un’industria basata sui pilastri della resilienza, dell’umano-centrismo e della sostenibilità. E ormai anche il Governo italiano, attraverso il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha ufficialmente abbracciato questo paradigma inserendolo nel contesto della tanto attesa (e da tempo promessa) revisione del Piano Transizione 4.0.

Delle lezioni che le imprese (e i policy maker) possono e devono apprendere dall’esperienza fin qui vissuta con i precedenti piani di incentivazione e di come possono prepararsi al meglio alla prossima stagione di incentivi previsti dal piano Transizione 5.0 abbiamo parlato con Matteo Iubatti, amministratore delegato di Archita Engineering, società che offre servizi di consulenza alle imprese su innovazione e sostenibilità e servizi di finanza agevolata (ma con un approccio tecnico).

Verso Transizione 5.0, a che punto siamo e quali sono i possibili scenari

Prima di approfondire quali sono le opportunità delle aziende e come si possono preparare, grazie a consulenti esperti, a questa nuova stagione di incentivi, vale la pena fare il punto sugli ultimi sviluppi del Piano Transizione 4.0.

Terminato il biennio d’oro 2021-2022 in cui il piano è stato finanziato con le risorse del PNRR, il 2023 si è aperto con una drastica riduzione delle aliquote: un sostanziale dimezzamento. Inizialmente il Governo intendeva ripotenziare le aliquote con fondi non sfruttati del piano Next Generation EU, ma questo scenario è tramontato quando si è verificato che il precedente biennio aveva effettivamente esaurito i fondi disponibili.

A quel punto il Governo ha iniziato a pensare all’idea di utilizzare i nuovi fondi del REPowerEU, la strategia elaborata dalla Commissione Europea nell’ambito della risposta alla crisi del gas conseguente allo scoppio della guerra russo-ucraina, che ha come finalità rendere l’UE indipendente dal gas russo attraverso la diversificazione delle fonti e gli investimenti sulle energie rinnovabili. La cifra che si ipotizza di usare per finanziare il nuovo piano (che come vedremo appunto è stato battezzato Transizione 5.0) è di circa 4 miliardi di euro. Si noti che il cambio di numerazione sta ad indicare l’unione dei concetti legati alle due transizioni, quella digitale (4.0) e quella ambientale.

In attesa che arrivi il via libera da Bruxelles su questa proposta, va detto che ad oggi non è ancora noto come funzionerebbero i nuovi incentivi. La proposta avanzata dai rappresentanti dell’industria, come Ucimu-Sistemi per produrre e Confindustria, suggerisce un sistema modulare che combina un “livello di base” legato ai progetti di digitalizzazione a una premialità da assegnare a quei progetti con impatto sulla sostenibilità.

C’è poi un altro punto da scoprire: come dimostrare che un investimento tecnologico porti un miglioramento della sostenibilità ambientale. Dopo un iniziale scontro tra Governo e industriali, sembrerebbe aver prevalso l’idea che gli incentivi siano erogati senza la valutazione preventiva di cui si era parlato in un primo momento, eventualità che aveva incontrato una forte opposizione dei rappresentanti dell’industria.

“Si tratta di un punto fondamentale, in quanto proprio l’automatismo dei crediti d’imposta, nonché la loro continuità, seppur con qualche variazione lungo il percorso, ha fornito alle imprese quella certezza necessaria per pianificare gli investimenti”, spiega Iubatti.

“Automatismo e facilità di fruizione dovranno quindi essere caratteristiche anche del Piano Transizione 5.0 affinché possa raggiungere i risultati sperati, auspicando anche un’accelerazione rispetto a quanto fatto da Transizione 4.0”, aggiunge.

Transizione 4.0, cosa si deve apprendere dagli “errori del passato”

Al di là di queste valutazioni, spiega Iubatti, vi sono importanti lezioni che sia le imprese che i policy maker italiani possono e devono apprendere dall’evoluzione che in questi anni ha avuto il Piano Transizione 4.0 e che diventano cruciali alla luce della nuova stagione di incentivi che presto (o almeno questo è l’auspicio) si aprirà.

“Il Piano Transizione 4.0, così com’era stato concepito nel 2017 (quando venne presentato come Industria 4.0) aveva senso in quel momento, perché aveva focalizzato l’attenzione su un allegato tecnico di beni che era effettivamente il nodo principale su cui iniziare a lavorare, vale a dire cioè quello inerente al mondo della manifattura, che era quello che più necessitava di un rinnovamento”.

“La pecca principale è stata che non ci sono stati interventi di aggiornamento dal punto di vista tecnico: si è agito sugli incentivi passando, ad esempio, dall’iper e superammortamento ai crediti di imposta, ma non si è più messo mano agli allegati tecnici. Il risultato è stato che dagli investimenti delle imprese sono rimasti esclusi elementi importantissimi e necessari ad abilitare quella connessione a livello di fabbrica che il piano doveva invece incentivare”, aggiunge. “Inoltre nel corso degli anni c’è stata un’estensione della platea di beni agevolati basata solo su circolari e FAQ che non aiutano certo le imprese a orientarsi nei meandri della normativa”.

Alla luce di questo, ma anche delle profonde trasformazioni avvenute negli ultimi anni, è quindi necessario attuare una revisione strutturale e sostanziale del piano.

La seconda “lezione” che può essere appresa dai risultati raggiunti da Transizione 4.0 in questi anni riguarda invece le imprese. E si tratta di una lezione che in vista di Transizione 5.0 diventa più importante che mai: quella di non limitarsi a sfruttare gli incentivi per un vantaggio economico ma di approcciarsi a essi con una visione strategica.

“Non possiamo nasconderci dietro a un dito: la verità è che molte imprese che si sono approcciate a Industria 4.0 lo hanno fatto in maniera superficiale, mirando a sfruttare l’agevolazione. Il rischio è quello di ‘fare il compitino’ per la normativa senza sfruttare appieno lo strumento per fare strategia di impresa, quindi fare in modo che quegli investimenti che si stanno realizzando si traducano in benefici”, spiega Iubatti.

Prepararsi invece di rincorrere: perché le imprese hanno oggi gli strumenti per essere “Industry 5.0 ready”

Se questi sono i rischi da evitare sia nell’elaborazione del Piano Transizione 5.0 che nella sua fruizione da parte delle imprese, vi è tuttavia un vantaggio rispetto al passato: una buona base (già consolidata e diffusa) di conoscenza per quanto concerne i temi che il piano andrà ad affrontare.

“Nel 2017 quando venne presentato il Piano Industria 4.0 nessuno parlava di Industria 4.0, non si parlava di interconnessione, di integrazione delle macchine nel sistema fabbrica, non si parlava nemmeno di sistema fabbrica. Lo scenario da cui partirebbe un potenziale piano 5.0 ha un elemento in più di vantaggio: il mondo sta spingendo già verso la strada della digitalizzazione e della transizione green, a prescindere dall’agevolazione. Il termine sostenibilità esiste già: ne parlano le banche, ne parlano gli stakeholder, le filiere di riferimento per le PMI”, spiega Iubatti.

Per le imprese, anche e soprattutto le PMI, è quindi oggi già possibile approcciare questi temi, aumentando la consapevolezza e il posizionamento dell’azienda per farsi così trovare pronti all’appuntamento con questa nuova stagione di incentivi. In poche parole: muoversi adesso per evitare di correre domani.

Verso Transizione 5.0, così Archita Engineering aiuta le aziende a prepararsi alla prossima stagione di incentivi

Ed è quello che già sta facendo Archita Engineering, che sin dall’inizio della sua storia è stata in grado di evolversi nella direzione delle tendenze più rilevanti per le imprese, costruendo internamente quelle competenze necessarie per offrire consulenza ai propri clienti.

“Archita non è la classica società che fa consulenza in materia di finanza agevolata – spiega Iubatti – Non ci occupiamo di finanza agevolata in generale ma di quelle agevolazioni a supporto dei servizi di consulenza tecnico – ingegneristica che da sempre offriamo a livello di processo, prodotto e sistema”.

Così come è stata in grado di costruire internamente – i consulenti di Archita Engineering sono quasi tutti dipendenti – le competenze necessarie ad assistere le aziende in ambito di innovazione e Industria 4.0, l’azienda ha avviato da un paio di anni un percorso di specializzazione sui temi e sulle opportunità legate alla sostenibilità per accompagnare i propri clienti verso Industria 5.0.

L’azienda, nata come ESCo (Energy Service Company), ha costruito negli anni una salda competenza sui temi energetici, offrendo servizi quali diagnosi energetiche per imprese energivore. Da due anni a questa parte ha però costruito competenze più complete sul tema della sostenibilità, che le permettono già oggi di offrire servizi come valutazioni di impatto di carbonio, carbon footprint, LCA di prodotto e molto altro.

Alcuni passi sono già stati mossi sul fronte del mondo ESG, spiega Iubatti: “Siccome siamo partiti da un approccio tecnico, essendo noi tutti ingegneri, stiamo insistendo molto sull’importanza dei dati e della loro misurazione, poiché è questo lo step fondamentale per andare a misurare quelle caratteristiche di prodotto inerenti al mondo ESG”.

Sarà da capire – aggiunge Iubatti – sia per quanto riguarda i macchinari che per il sistema fabbrica, “se verranno richieste delle attestazioni come è accaduto per le specifiche ‘Industry 4.0 ready’ o se si tratterà di misurazioni fatte direttamente nel sistema fabbrica dell’utilizzatore”.

Anche se questi aspetti sono ancora da chiarire, le aziende già stanno manifestando un interesse nei confronti di quei servizi che permettono di attestare la sostenibilità o l’impatto ambientale dei propri prodotti e impianti – anche come strumento di differenziazione dalla concorrenza –, come nel caso delle etichette ambientali e delle dichiarazioni ambientali di prodotto, due strumenti che (seppur nelle loro differenze) permettono alle aziende di comunicare, previa un’attenta analisi del ciclo di vita del prodotto, l’impatto ambientale del proprio prodotto.

“Stiamo già approcciando il tema anche attraverso un primo rating per fare un monitoraggio preliminare per i nostri clienti utilizzando la prassi UNI ISO 14021 per la valutazione del rating di sostenibilità delle PMI e lo stiamo usando come linea guida per capire a che punto sono le PMI”, spiega Iubatti.

E anche se i risultati di queste valutazioni mostrano che le imprese sono ancora alle griglie di partenza sui temi della sostenibilità, il fatto che l’interesse sia già non trascurabile lascia ben sperare che le imprese saranno pronte per l’appuntamento con Transizione 5.0, quando il piano sarà presentato.

Nel frattempo, i consulenti di Archita aiutano le aziende a cogliere le opportunità di finanziamento che sono già a loro disposizione, tra cui Investimenti sostenibili 4.0, il nuovo Fondo per il sostegno alla transizione industriale e gli investimenti a sostegno dell’Agricoltura 4.0.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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