Sovrafatturazione e iperammmortamento, la furbizia non paga

Se un venditore ci propone un macchinario a un prezzo più alto della concorrenza, rimborsandoci la differenza con una fattura per un macchinario usato che non vale più niente, il vantaggio fiscale dell’iperammortamento si moltiplica. La pratica, però, è illegale: ecco che cosa si rischia.

Pubblicato il 24 Lug 2019

vending machine


Con l’iperammortamento al 270% la convenienza di un investimento in un bene 4.0 è notevole: con l’attuale livello di tassazione, pari al 24%, il risparmio garantito dall’incentivo al termine del periodo di ammortamento è pari infatti al 40,8% del prezzo di acquisto.

Se quindi acquistiamo un macchinario che costa 50.000 euro, il beneficio sarà pari a 20.400 euro e il costo finale del macchinario scenderà a 29.600 euro. A qualcuno, però, questo beneficio non sembra sufficiente, se è vero che in alcuni settori si stanno diffondendo alcune “pratiche” di cui stiamo ricevendo segnalazione. Vediamo di che cosa si tratta.

Il meccanismo della sovrafatturazione

Supponiamo che l’acquirente riceva due offerte per la macchina di cui sopra: una, appunto, da 50.000 euro, per la quale, come abbiamo visto, il beneficio è pari a 20.400 euro. Un secondo venditore fa un’offerta più allettante: a fronte di un prezzo superiore, diciamo pari a 70.000 euro, gli ritira in cambio un macchinario usato che vale poco o nulla, fatturandoglielo per il maggior prezzo richiesto, in questo caso 20.000 euro.

L’effetto di questa operazione è, apparentemente, parecchio conveniente per l’acquirente: grazie al valore gonfiato della sua macchina usata, recupererà il maggior esborso, pagando la macchina realmente 50.000 euro (70.000 meno 20.000 dell’usato) e in più potrà infatti applicare l’iperammortamento su 70.000 euro, ricevendo un vantaggio fiscale di 28.560 euro invece di 20.400 euro.

Qualche venditore, a quanto pare, starebbe sfruttando questo meccanismo per battere la concorrenza, ventilando all’acquirente il maggiore vantaggio fiscale.

Perché fare i furbi non paga

Peccato che questa pratica sia però illegale e sanzionata. Entrambi i soggetti, il venditore e l’acquirente, incorrono nel reato di sovrafatturazione, previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74 sui reati tributari.

L’articolo 1 lettera a) del decreto spiega infatti che “per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.

Per queste pratiche è previsto il reato di “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” (art. 2) e quello di “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” (art. 8). La pena prevista, in entrambi i casi, è la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Oltre all’aspetto penale, scatteranno naturalmente anche le sanzioni amministrative come conseguenza dell’indebita deduzione dall’imponibile: ci sarà cioè l’accertamento di un maggior reddito e, quindi, di una maggiore imposta per l’esercizio ovvero gli esercizi di riferimento. Si applicherà quindi, come abbiamo visto già in questo articolo, il comma 2 dell’art. 1 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471  che prevede che “se nella dichiarazione e’ indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal novanta al centoottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte”.

Il comma 3 della norma citata aggiunge poi che “la sanzione di cui al comma precedente è aumentata della metà quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente”.

Riassumendo, oltre alla differenza dell’imposta, in caso di errore si dovrà versare una sanzione che può variare dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta. Si tratta in ogni caso di sanzioni amministrative che si applicano indipendentemente da ogni sanzione di carattere penale.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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