In un momento storico che vede l’economia fortemente colpita dalle conseguenze di pandemia, crisi geopolitiche e cambiamenti climatici, con l’avvio di un processo di riorganizzazione e regionalizzazione delle attività produttive, l’Italia si trova di fronte all’opportunità di invertire la stagnazione degli ultimi due decenni se saprà sostenere gli investimenti produttivi e innovativi delle imprese rafforzando la capacità del Paese di attrarre capitali italiani ed esteri.
Il Paese deve quindi impegnarsi sul fronte delle politiche orizzontali di sostegno ai fattori della produzione, in particolare Industria 4.0, e su interventi ad hoc per l’attrazione di capitali esteri e per il supporto ai settori strategici. È questo, in estrema sintesi, il messaggio contenuto nel manifesto “Industria Italia – Incentivi agli investimenti al tempo della ridefinizione dell’economia globale”, pubblicato dalla Fondazione M&M – Idee per un Paese migliore (Minima Moralia): un’associazione di manager, economisti, scienziati, diplomatici, giornalisti, dirigenti pubblici, imprenditori, rappresentanti del terzo settore e accademici per la “condivisione di idee” e la “realizzazione di progetti finalizzati a rendere l’Italia un paese maggiormente competitivo nel quadro dei processi europei e delle dinamiche globali”, nel cui direttivo siedono – tanto per fare due nomi – figure come Stefano Firpo (ex dirigente del Ministero dello Sviluppo Economico, tra i padri del piano Industria 4.0, e attualmente direttore generale di Assonime) e Alberto Baban (imprenditore ed ex Presidente Nazionale delle PMI di Confindustria).
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Industria Italia: incentivi per Industria 5.0 e la sostenibilità
Nel documento il Think Tank propone un sistema di incentivi denominato Industria Italia “per stimolare gli investimenti privati, attrarre capitali e facilitare la doppia transizione del tessuto produttivo”.
Le due principali misure proposte sono un nuovo piano Industria 5.0 (si noti il rimando al nome originale del Piano Industria 4.0), che preveda il rafforzamento dell’attuale piano Transizione 4.0, e Impresa ESG, un incentivo agli investimenti per il raggiungimento di obiettivi collegati alla transizione ecologica. A queste due misure vanno poi accompagnati ulteriori interventi orientati all’attrazione degli investimenti.
Industria 5.0
Il documento elenca i punti di debolezza dell’attuale piano Transizione 4.0, così sintetizzati:
- incertezza applicativa sul beneficio spettante, che espone le imprese a rischi anche penali in sede di accertamento delle Amministrazioni finanziarie per recuperi superiori a 100 mila euro;
- incertezza circa gli incentivi futuri e la loro generosità, che spinge a ritardare investimenti, in attesa di provvedimenti normativi;
- un livello di incentivo troppo contenuto, che non appare sufficiente a indurre nuovi investimenti;
- un meccanismo di incentivazione che, anche quando utilizzato, non fornisce una spinta decisiva verso investimenti radicalmente innovativi e incisivi sulle transizioni ecologica ed energetica.
La proposta, da mettere a terra grazie a una rimodulazione del PNRR, è di realizzare un programma – Industria 5.0 appunto – che funga da incentivo generale (cioè che coinvolga il maggior numero di imprese possibili) agli investimenti per stimolare l’ammodernamento del sistema produttivo.
Il piano dovrebbe prevedere
- Un credito di imposta unificato per investimenti nei beni previsti dagli attuali allegati A (beni materiali) e B (software) almeno del 40% fino a 2,5 milioni di euro, 30% fino 10 milioni e 20% fino a 20 milioni. Si tratta, grosso modo, di ripristinare le aliquote vigenti nel 2022, unificando però i benefici su hardware e software.
- Un orizzonte temporale non inferiore ai tre anni (quindi almeno fino al 2026), con l’obiettivo di rendere i crediti strutturali. L’obiettivo è dare stabilità alla misura e consentire, grazie alla rimodulazione del PNRR, di utilizzare quelle risorse pe ril finanziamento del piano. Successivamente la misura andrebbe stabilizzata con altre risorse.
- Un incentivo (immaginiamo inferiore, ndr) “capace di sostenere un insieme di investimenti più ampio dell’attuale, valorizzando anche investimenti immateriali”. Sarebbe quindi un incentivo di base per investimenti in beni strumentali materiali e immateriali a prescindere dall’interconnessione con i macchinari. Inoltre – aggiungono gli estensori della proposta – “sarebbe opportuno continuare a estendere l’inclusione di spese per beni immateriali e servizi equivalenti ad investimenti strumentali (ad esempio, come è stato fatto per Software-as-a-service)”.
Impresa ESG
Impresa ESG è invece una misura specifica ideata per sostenere la trasformazione dei modelli produttivi delle aziende italiane, in linea con la doppia transizione e i criteri ESG.
Questo programma è pensato specificamente per le imprese strutturate e innovative che progettano investimenti trasformativi per raggiungere l’eccellenza in ambito ESG nei propri settori.
Impresa ESG mantiene le caratteristiche di forza dei crediti d’imposta esistenti, come l’automatismo e la semplicità burocratico-amministrativa, concentrando tuttavia le risorse su imprese leader.
A differenza di altre misure che incentivano la spesa per un singolo investimento in beni o servizi, Impresa ESG premia il complesso di spese in conto capitale che consentono all’azienda di fare un “salto” trasformativo. In pratica, funziona come gli incentivi che premiano i lavori che portano gli edifici a raggiungere una classe energetica superiore. Ad esempio, potrebbero beneficiare di Impresa ESG le aziende che intendono rinnovare le proprie linee produttive, per ottenere un significativo taglio delle emissioni globali, oppure quelle che vogliono modernizzare l’idraulica per ridurre sensibilmente i consumi di acqua.
Il salto trasformativo sarebbe misurato attraverso il raggiungimento di specifici KPI, stabiliti e certificati in modo indipendente, legati ai criteri ESG. Queste le linee guida dell’incentivo:
- Per beneficiare dell’incentivo le imprese dovrebbero selezionare uno o più KPI trasformativi che intendono raggiungere, utilizzando, ad esempio, il GRI (Global Reporting Initiative) o altri standard internazionali;
- L’incentivo consisterebbe in un generoso credito di imposta per tutti gli investimenti collegati ai KPI indicati dall’impresa;
- Questo incentivo non sarebbe cumulabile con quelli per Industria 5.0 o altre agevolazioni; tuttavia, per le spese ammissibili, sarebbe più generoso delle alternative e quindi preferibile.
- Il piano trasformativo, gli investimenti correlati e il raggiungimento dei KPI sarebbero asseverati e certificati idoneamente, secondo le normali prassi di mercato.
Le misure burocratiche
Per aumentare l’attrattività dell’Italia come destinazione di investimenti, M&M propone inoltre l’adozione di una serie di misure volte a semplificare e accelerare i processi burocratici. Si tratta di una serie di interventi di carattere normativo-burocratico che non avrebbero significativi effetti sulla finanza pubblica, a parte i costi per il potenziamento e la creazione delle strutture necessarie, ma che rappresenterebbero incentivi rilevanti per la scelta di localizzare in Italia le attività, in particolare i grandi insediamenti produttivi, che sono più sensibili a ostacoli amministrativi e burocratici.
La prima proposta è l’introduzione di uno sportello unico per tutti i nuovi investimenti produttivi sopra una certa soglia dimensionale. Questo sportello consentirebbe alle imprese di ottenere rapidamente le autorizzazioni necessarie per l’avvio delle attività e offrirebbe assistenza nei rapporti con i fornitori nelle fasi iniziali dei progetti.
In secondo luogo, si suggerisce di estendere la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) semplificata e accelerata, attualmente prevista per gli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), a tutti i nuovi investimenti produttivi di una certa dimensione.
Un’ulteriore proposta riguarda il rafforzamento e l’incentivazione delle procedure di advance tax ruling e cooperative compliance presso l’Agenzia delle Entrate, ampliando l’ambito soggettivo ed oggettivo degli strumenti esistenti e rafforzando le strutture attraverso l’aumento del personale dedicato agli investitori internazionali.
Infine, è necessario rivedere la prassi della denuncia penale nel corso di controlli su imprese multinazionali per questioni interpretative, come la definizione di stabile organizzazione e il concetto di residenza fiscale.