Oltre 41.000 imprese rischiano di subire un accertamento dall’Agenzia delle Entrate – e di pagare multe salatissime – per aver fruito indebitamente dell’incentivo per l’acquisizione di software nell’ambito dei programmi di investimento in chiave Industria 4.0.
In questo articolo, che pubblichiamo in contemporanea con Italia Oggi, il quotidiano economico di Class Editori, proviamo a spiegarvi perché è meglio far fare subito le opportune verifiche ai commercialisti o agli uffici contabili e scegliere, nel malaugurato caso si rientri nella casistica che vi racconteremo in questo articolo, la via del ravvedimento operoso.
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Che cosa dice la legge
Come è noto, dal 1 gennaio 2017 sono entrati in vigore l’iperammortamento, cioè la possibilità di portare in detrazione un valore pari al 250% dell’investimento in beni materiali 4.0 indicati nell’allegato A, e il relativo incentivo sul software che permetteva di portare in ammortamento il 140% del valore dei beni immateriali elencati nell’allegato B.
Il testo della legge 11 dicembre 2016, n. 232 – articolo 1, comma 10, è chiaro:
Per i soggetti che beneficiano della maggiorazione di cui al comma 9 e che, nel periodo indicato al comma 8, effettuano investimenti in beni immateriali strumentali compresi nell’elenco di cui all’allegato B annesso alla presente legge, il costo di acquisizione di tali beni e’ maggiorato del 40 per cento.
C’è quindi una condizione esplicita: la possibilità di fruire dell’incentivo per il software è riservata solo ed esclusivamente a chi abbia effettuato almeno un investimento in un bene materiale 4.0.
I numeri delle dichiarazioni
Nelle scorse settimane sono stati resi noti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze i dati delle dichiarazioni 2018 relative all’anno 2017, quando cioè gli incentivi sono entrati pienamente a regime per tutte le aziende. Ebbene, stando a quanto comunicato dal Ministero, in questa dichiarazione ci sono 10.400 soggetti che hanno utilizzato solo il codice relativo l’incentivo per il software senza aver utilizzato quello per l’hardware.
I dati del Ministero dello Sviluppo Economico
Trattandosi di un dato anomalo, abbiamo chiesto al Ministero dell’Economia e delle Finanze una conferma di questi numeri e di poter visionare i dati analitici delle dichiarazioni. Al momento in cui scriviamo non ci è però stato consentito.
Ci siamo allora rivolti al Ministero dello Sviluppo Economico, che a sua volta ha elaborato le stesse dichiarazioni 2018 e che poche settimane fa aveva a sua volta presentato, in un incontro con le imprese presso Ucimu. In quell’occasione il dirigente del Ministero, Marco Calabrò, aveva mostrato una slide con il numero complessivo delle aziende che avevano fruito degli incentivi 4.0 (hardware e software) nel 2017: oltre 56.000 soggetti.
Abbiamo allora chiesto di avere la suddivisione di questi fruitori tra i due incentivi, dati che ci sono stati forniti. Ebbene, la situazione che emerge è, come vedrete, ancora peggiore rispetto a quella già emersa dai dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Complessivamente sono 15.291 i fruitori dell’iperammortamento al 250% sull’hardware (Allegato A) e ben 42.459 i fruitori dell’incentivo al 140% sul software. Ma solo 1.448 imprese hanno richiesto (correttamente) questo incentivo sul software insieme all’iperammortamento sull’hardware. Le aziende “fuorilegge”, che hanno fruito indebitamente della sola agevolazione sul software, sono quindi 41.011.
La spiegazione che non c’è
Quarantunomila aziende è una cifra pazzesca alla quale abbiamo cercato di dare almeno una spiegazione logica, contattando diversi esperti.
Qualcuno ha ipotizzato che il numero dei fruitori dell’incentivo sul software sia superiore a quello dei fruitori dell’incentivo sull’hardware perché l’interconnessione del software è immediata, mentre per molti macchinari l’interconnessione potrebbe essere slittata all’anno successivo. Questa ipotesi, che comunque non spiegherebbe l’elevatissimo numero di casi, va comunque esclusa: la legge infatti prevedeva la possibilità di fruire dell’incentivo sul software solo se si faceva un investimento in un bene materiale 4.0. E un bene non è considerato 4.0 dalla legge se non viene interconnesso, tant’è che in attesa dell’interconnessione si poteva fruire solo del normale superammortamento. In altre parole, il diritto a fruire dell’incentivo sul software comunque “scatta” soltanto a interconnessione avvenuta anche per l’hardware.
Più convincente un’altra ipotesi, che aiuta quantomeno a capire l’errore: nel 2017 l’aliquota dell’incentivo sul software (140%) era la stessa prevista per il superammortamento sui beni strumentali semplici. Questo potrebbe aver generato confusione in qualche contribuente, convinto che uno fosse la “versione software” dell’altro. Così però non è.
Il ravvedimento operoso
A meno che non emergano errori nei numeri, dobbiamo comunque rassegnarci ad accettare l’ipotesi che ci sia stato un clamoroso errore di massa. In questo caso – possiamo starne certi – arriveranno gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate che, oltre a richiedere indietro gli incentivi indebitamente fruiti, imputeranno interessi di mora e commineranno sanzioni.
Di qui il nostro consiglio: prendetevi il tempo di tornare dai vostri commercialisti e fate controllare se in quegli anni vi hanno fatto fruire di questi incentivi. Chiedetegli, in particolare, se nel modello Redditi 2018 hanno compilato il rigo RF55 usando il codice 56 (quello per l’incentivo sul software) senza usare anche il codice 55 (quello per l’iperammortamento). In questo caso prendete seriamente in considerazione il ravvedimento operoso, che risulterà sicuramente meno pesante di un accertamento dell’Agenzia delle Entrate.