“La trasformazione tecnologica va guidata, non subita”. E la politica “deve perseguire un orizzonte, una visione di sviluppo economico del Paese, facendo di volta in volta scelte che vanno in quella direzione, al di là del consenso”. Per questo, “a gennaio si inizia subito a lavorare a un piano industriale per l’Italia”.
È la linea tracciata dal ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, che è intervenuto in questi giorni sia con una lettera al Sole 24 Ore sia parlando a margine dell’incontro Un Piano industriale per l’Italia organizzato a Roma dalla Fim-Cisl, il sindacato dei metalmeccanici.
Patuanelli anticipa le prossime mosse, da compiere subito dopo le festività di fine anno: “Dal 2020 penseremo a un piano industriale trasversale che tenga conto di tutte le potenzialità e di tutte le necessita dei diversi settori, territori, obiettivi”.
Per cominciare, sempre più le piccole, medie e micro imprese, l’ossatura della manifattura del Paese, dovranno accedere agli incentivi per il trasferimento tecnologico: “questo è l’obiettivo su cui abbiamo investito col piano Transizione 4.0 messo in piedi dal ministero dello Sviluppo Economico e approvato nell’ultima legge di bilancio con uno stanziamento di 7 miliardi di euro. Dobbiamo fare ragionamenti di filiera e di reti d’impresa, e dobbiamo farlo subito”, rimarca il ministro.
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Patuanelli: “Una promessa mantenuta”
A questo punto, dopo una legge di Bilancio 2020 molto sofferta, il giro di boa può essere rappresentato dall’avvio del nuovo anno: a cominciare, ad esempio, con la stabilizzazione degli incentivi per l’innovazione, in un arco di tempo di almeno tre anni, come più volte già richiesto dagli imprenditori e industriali. Una stabilizzazione che all’interno della nuova Manovra per il 2020 non è ancora arrivata.
E un altro passo rilevante, un passo in avanti rispetto a quanto visto finora potrebbe anche essere il coinvolgimento dei sindacati nella definizione dei contenuti e delle misure per questo nuovo piano industriale per il Paese.
Ma Patuanelli ci tiene a sottolineare: “in questa Manovra sono presenti importantissime misure per le imprese: l’Italia si dota di una nuova politica industriale 4.0, più inclusiva e attenta alla sostenibilità. Diciamo, senza alcuno slogan, una promessa mantenuta. Il Piano Transizione 4.0 oggi è realtà grazie anche al contributo delle associazioni che abbiamo coinvolto da subito”.
E con la trasformazione del super e iper ammortamento nel nuovo credito d’imposta per beni strumentali verrà generato un significativo ampliamento della platea dei potenziali beneficiari: le stime del Governo parlano di un +40%. Le misure diventano infatti fruibili anche dai soggetti senza ‘utili’ e in regime forfettario.
Il ricorso al credito d’imposta compensabile in 5 anni comporta una riduzione del tempo di rientro dell’incentivo (soprattutto per i beni materiali, se si considera un periodo medio di ammortamento di 8 anni), e un’anticipazione del momento di fruizione già da gennaio dell’anno successivo (ma su questo ci sono alcune perplessità).
La crescita tecnologica è un processo che va supportato anche con il sostegno in termini di formazione e informazione. Per questo motivo “abbiamo lanciato la misura dei manager dell’innovazione“, rileva Patuanelli, “e vogliamo creare una solida e stabile connessione tra il mondo produttivo e quello della ricerca. Il fine è garantire un adeguato livello di trasferimento tecnologico: a breve presenteremo il progetto Atlante 4.0, il primo portale nato con la collaborazione di Unioncamere per far conoscere le strutture che operano a supporto dei processi di trasferimento tecnologico e trasformazione digitale delle imprese”.
E poi, “con Enea stiamo elaborando un piano che, grazie anche al sostegno del Fondo Nazionale Innovazione, contribuirà alla crescita degli investimenti in innovazione nel Paese”.
Bentivogli: “Urgente investire in innovazione”
Mentre Marco Bentivogli, segretario generale Fim-Cisl, fa notare: “è urgente investire sempre di più in formazione e tecnologia, contrastando la resistenza all’innovazione, con politiche che guardino il cambiamento. I governi italiani degli ultimi vent’anni sono stati molto carenti in questo senso, tranne qualche rara eccezione come il Piano Industria 4.0 promosso dall’ex ministro Calenda e dei provvedimenti sull’alternanza scuola-lavoro”.
E il leader sindacale sottolinea: “mi sono occupato di innumerevoli vertenze negli anni della crisi. Solo nel mio settore sono stati persi oltre 600 mila posti di lavoro. I fattori sono innumerevoli ma è stata determinante l’assenza di investimenti nelle nuove tecnologie. Per invertire la rotta servono investimenti, ma soprattutto un cambio di mentalità. In questo senso la formazione e l’educazione saranno fondamentali”.
Imprese, sindacato, scuola: ognuno deve fare la sua parte. Tra qualche anno molti dei lavori che oggi conosciamo non esisteranno più, altri saranno creati. “La sfida è quindi traghettare il lavoro organizzato dentro le nuove realtà”, rimarca Bentivogli: “senza nascondere che oggi le grandi piattaforme tecnologiche come Google, Apple e Facebook sono union free e che in molte delle imprese più avanzate il ruolo del sindacato è marginale. Abbiamo ancora qualche anno di tempo per evitare di essere messi all’angolo”.
In queste trasformazioni “il ruolo del sindacato diventa determinante, non solo come protettore del posto di lavoro, ma anche come promotore delle competenze del lavoratore del futuro”.