Gli incentivi 4.0 resteranno, ma arriverà un profondo restyling

In vista della legge di bilancio torna ad accendersi il dibattito sul futuro degli incentivi 4.0 che, sebbene non siano in scadenza, potrebbero ricevere alcune modifiche già dal 2022. Ma si inizia a guardare anche al 2023, quando sono attese novità ben più sostanziose. A gettare benzina sul fuoco è anche il roboante annuncio fatto dal governo, in occasione dell’approvazione del Documento Programmatico di Bilancio, di un rinnovo delle misure del piano transizione 4.0…

Pubblicato il 19 Ott 2021

Transizione 4.0


Fine ottobre, è tempo di legge di bilancio e, come ogni anno, torna ad accendersi il dibattito sul futuro degli incentivi 4.0. A gettare benzina sul fuoco è anche il roboante annuncio fatto dal governo, in occasione dell’approvazione del Documento Programmatico di Bilancio, di un rinnovo delle misure del piano transizione 4.0. Ma ci arriviamo con calma.

Intanto per la prima volta – diciamolo subito – siamo di fronte a uno scenario che presenta meno incertezze rispetto agli anni scorsi. L’attuale quadro degli incentivi previsti dal Piano Transizione 4.0 rinnovato lo scorso anno, infatti, non è in scadenza: le agevolazioni già previste e finanziate dureranno tutto il 2022 con una coda per le consegne al giugno 2023 nel caso degli incentivi per l’acquisto di beni strumentali.

Il fatto che ci sia già una cornice ben definita non significa però che il quadro resterà inalterato. Si discute infatti sia di modifiche da apportare subito, sia di quello che potrà accedere in una prospettiva di medio termine.

Incentivi 4.0 fondamentali per l’attrattività del Paese

Già poche settimane fa, in occasione dell’inaugurazione della fiera EMO Milano, davanti a una platea di costruttori di macchinari, il viceministro dello Sviluppo Economico Gilberto Pichetto Fratin aveva parlato di un orizzonte decennale per gli incentivi, che avrebbero dovuto traguardare e superare il limite del 2026 a cui guarda il PNRR.

Il 18 ottobre, in occasione di un convegno organizzato da WarrantHub, è tornato sulla questione il dirigente del ministero dello Sviluppo Economico, Marco Calabrò.

A una domanda specifica sul futuro degli incentivi Calabrò ha risposto che, sebbene siano stati pensati per dare uno shock positivo alla domanda di innovazione in Italia – uno shock la cui durata doveva essere limitata nel tempo – oggi la questione degli incentivi assume un significato diverso perché determinerà quanto l’Italia saprà essere attrattiva nei confronti degli investitori globali.

Questo perché – ha sottolineato Calabrò – la “concorrenza” tra i paesi dell’UE si è fatta sempre più intensa proprio sul fronte dell’attrattività degli investimenti internazionali (basti pensare alle Gigafactory Tesla o alle infrastrutture per gli HPC, i supercomputer). E dunque, per dirla con le parole sue, “non è pensabile un disimpegno sul fronte degli incentivi, almeno nel breve termine”.

Continuità degli incentivi non significa però che rimarranno inalterati, anzi. Ma qui occorre distinguere tra quello che potrebbe accadere in questa legge di bilancio e quello che potrebbe essere in pista per gli anni successivi.

Marco Calabrò
Marco Calabrò

Incentivi 4.0, che cosa cambierà nel 2022?

Iniziamo dall’immediato. Per il 2022 credito d’imposta per la formazione 4.0 e credito d’imposta per la ricerca, sviluppo, innovazione e design dovrebbero restare in vigore esattamente come quest’anno. Non ci sono ancora dati sull’utilizzo di queste misure, per cui è improbabile che siano fatte modifiche significative.

Restando in ambito R&S, abbiamo visto che il Patent Box cambierà significativamente. Si tratta di una misura che andrà letta come alternativa al credito d’imposta per la ricerca, sviluppo, innovazione e design, più conveniente e semplice se ricorrono i requisiti per sfruttarla.

C’è poi la Nuova Sabatini, nella quale il Governo sta mettendo ulteriore carburante nel motore. La misura, che va avanti da diversi decenni, verosimilmente sarà rifinanziata ancora per il 2022.

Si attende anche un intervento di revisione dei coefficienti di ammortamento, fermi a un decreto del 1988. Lo prevede, insieme alla questione del Catasto, il disegno di legge delega sul fisco. Se questa (difficile) operazione dovesse andare in porto, prevedendo una maggiore velocità degli ammortamenti quantomeno dei beni digitalizzati, saremmo già di fronte a un sostanziale vantaggio orizzontale per le imprese che si dotano di questi beni.

E poi c’è il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali. Al momento la legge di bilancio per il 2021 prevede che nella seconda annualità le aliquote siano le seguenti

  • acquisto beni materiali non 4.0 – diminuzione dell’aliquota dal 10% al 6%. Finisce inoltre la maggiorazione al 15% per i beni destinati allo smart working
  • acquisto beni immateriali non 4.0 – diminuzione dell’aliquota dal 10% al 6%
  • acquisto beni materiali 4.0 – fino a 2,5 milioni l’aliquota scende dal 50% al 40%; da 2,5 a 10 milioni l’aliquota scende dal 30% al 20%; da 10 a 20 milioni resta invariata al 10%.
  • acquisto beni immateriali 4.0 – aliquota confermata al 20%

Ricordiamo che questo schema varrà per i nuovi ordini effettuati da gennaio 2022, mentre per quelli effettuati e confermati con acconto del 20% entro il 31/12/2021 ci sarà tempo fino al 30/6/2022 per portarsi a casa l’incentivo con le maggiori aliquote in vigore quest’anno.

Che cosa potrebbe cambiare? E’ possibile un piccolo ritocco di queste aliquote, ma non bisogna farsi troppe aspettative: sui beni 4.0 anche le nuove aliquote ribassate restano comunque attraenti. Diverso il discorso sui beni non 4.0, ma è anche vero che si tratta degli incentivi più utilizzati e quindi anche più costosi da ritoccare.

Si è poi discusso – lo ha fatto il viceministro Pichetto – di un ritorno del sistema di super e iperammortamento, forse affiancandolo come opzione all’attuale credito d’imposta. Senza entrare nel merito di una scelta del genere, ci limitiamo ad auspicare che, almeno per il 2022, non si mescolino nuovamente le carte andando a confondere ulteriormente le idee degli imprenditori.

Un’ulteriore possibilità è che vengano aggiunte delle merceologie agli allegati A e B, come richiesto da alcune associazioni di categoria. Lo riteniamo poco probabile, mentre una revisione importante è attesa per l’eventuale prosieguo al 2023, come vedremo.

Incentivi 4.0, le prospettive dal 2023 in poi: prima le finalità, poi gli strumenti

Proviamo ora a guardare oltre il 2022. Al momento abbiamo a disposizione solo le scarne righe del comunicato stampa del Consiglio dei Ministri sul Documento Programmatico di Bilancio 2022, che ha comunicato che “sono prorogate e rimodulate le misure di transizione 4.0 e quelle relative agli incentivi per gli investimenti immobiliari privati. Vengono rifinanziati il Fondo di Garanzia Pmi, la cosiddetta ‘Nuova Sabatini’ e le misure per l’internazionalizzazione delle imprese” e l’altrettanto scarno riferimento al piano nel Documento Programmatico di Bilancio.

Il governo, a quanto pare (ma il DPB non contiene dettagli in merito), punta ad allungare il Piano fino al 2025, con aliquote progressivamente decrescenti per i beni strumentali e un’aliquota ribassata per la ricerca e sviluppo.

Siccome il testo del Documento Programmatico di Bilancio ospita di fatto solo enunciazioni macro e tabelle, per saperne di più dovremo aspettare il testo della legge di bilancio. Al momento quindi proviamo a ragionare con l’aiuto di alcune idee che stanno circolando.

Intanto c’è una questione di base, cioè che alla necessità di supportare le imprese nel percorso verso la digitalizzazione, che è stato il driver degli incentivi attuali sin dal 2016, si è aggiunta ora – e prepotente – la spinta alla sostenibilità. Blu e verde, insomma, sono colori sempre più vicini tra loro e non è escluso che gli strumenti che saranno messi in campo non siano gli stessi.

A ben vedere è quello che è successo con il credito d’imposta per la ricerca, sviluppo, innovazione e design. Oggi infatti è prevista una maggiorazione dell’aliquota dal 10% al 15% per quegli investimenti in innovazione tecnologica che siano “finalizzati alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0”.

Una logica analoga, cioè orientata ai fini senza prescrivere gli strumenti, potrebbe orientare anche le scelte relative agli allegati A e B, che potrebbero, invece di essere ampliati, semplicemente essere superati in favore di un nuovo incentivo legato appunto a investimenti in grado di migliorare produttività, sostenibilità e magari anche occupazione.

Altro vettore da tenere in mente tra quelli che determineranno la scelta dei nuovi incentivi c’è la volontà, emersa ormai da qualche anno anche in ambito confindustriale, di spostare il focus dal macchinario alla linea e alla fabbrica, fino a ragionare in ottica di filiera.

Anche il credito d’imposta per la formazione 4.0 potrebbe cedere il passo a dei più mirati e semplici voucher o comunque a misure in grado di rispondere in modo più preciso ai fabbisogni delle PMI e di garantire la qualità dell’offerta formativa. Come ha sottolineato Calabrò, gli Assessment di maturità digitale che oggi sono fatti da PID e DIH potrebbero essere orientati anche a valutare le competenze del personale e i fabbisogni formativi. E l’obiettivo potrebbe essere ancora una volta doppio: contribuire cioè sia alla creazione di competenze in ambito digitale sia alla formazione di figure nuove come il Sustainability Manager.

C’è poi la questione del meccanismo. La maggiorazione degli ammortamenti ha due vantaggi: premia le aziende virtuose ed è meno rischioso sul piano penale in caso di errori. Da parte sua, il credito d’imposta è più semplice e “democratico”, consentendo di raggiungere anche imprese in domini diversi da quello delle imprese manifatturiere.

Ricerca e trasferimento tecnologico

Accanto agli incentivi direttamente destinati alle imprese, non va dimenticato che il PNRR ha messo in campo consistenti misure (11,77 miliardi) a supporto dello sviluppo del know how del Paese, nell’ambito della seconda componente della Missione 4, intitolata Dalla Ricerca all’impresa.

Una parte di queste risorse servirà a rafforzare sia la parte legata alla ricerca, sia quella legata al trasferimento tecnologico e all’innovazione.

Nel corso di questi prossimi anni dovrebbero iniziare a concretizzarsi alcune iniziative. Ricordiamo che ben sei miliardi di euro saranno dedicati a queste quattro aree di competenza del Ministero dell’Università e della Ricerca

  • Partenariati estesi alle università, ai centri di ricerca, alle aziende per il finanziamento di progetti di ricerca di base (investimenti per 1,61 miliardi di euro);
  • Rafforzamento delle strutture di ricerca per la creazione di “campioni nazionali di ricerca e sviluppo” su alcune tecnologie abilitanti, individuati come Centri Nazionali (investimenti per 1,6 miliardi di euro);
  • “Ecosistemi dell’innovazione” come leader territoriali di ricerca e sviluppo (investimenti per 1,3 miliardi di euro);
  • Realizzazione di un sistema integrato di Infrastrutture di Ricerca e Infrastrutture tecnologiche di Innovazione (investimenti per 1,58 miliardi di euro)

Poi ci sono le risorse in capo al Ministero dello Sviluppo Economico, da cui dipendono gli otto Competence Center, che dovrebbero essere rifinanziati e rafforzati, nonché il gruppo dei costituendi European Digital Innovation Hub. E risorse per gli IPCEI, i progetti comuni di interesse europeo.

In ambito Istruzione ci saranno Dottorati e ricercatori in ambito green e innovazione (anche qui nuovamente affiancate), nonché il rafforzamento del sistema degli ITS.

Aggiornamento

Il 28 ottobre abbiamo avuto modo di leggere la bozza della legge di bilancio che contiene la proroga con (pesante) rimodulazione degli incentivi. L’articolo è qui, buona lettura!

Transizione 4.0, il testo della legge di bilancio con l’attesa proroga: dal 2023 crediti d’imposta dimezzati

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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