Il mercato digitale italiano crescerà del 2,5% nel 2019 (72.223 milioni di euro), del 2,8 % nel 2020 (74.254 milioni) e del 3,1 % nel 2021 (76.536 milioni), con un tasso medio del 2,8% nel triennio 2019-2021. Numeri sicuramente positivi, soprattutto se paragonati all’andamento del PIL, ma che sono comunque molto al di sotto del potenziale e di quello che servirebbe al Paese.
“L’innovazione digitale è oggi un vero e proprio change maker”, sottilinea Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform, l’associazione che rappresenta il comparto ICT italiano (informatica, telecomunicazioni, contenuti digitali ed elettronica di consumo). “Da nicchia tecnologica il comparto si sta trasformando in un driver di rilevanza strategica”.
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I nodi da sciogliere
Restano però, nell’analisi di Gay, diversi ostacoli da superare, a partire dalla disparità dimensionale e territoriale alla carenza di laureati (ben 12 mila), fino alla scarsa propensione alla ricerca del sistema paese.
Il Paese ancora sottovaluta la portata della trasformazione digitale e “non affronta il problema di un sistema a due velocità, con imprese impegnate a innovare e ancora troppe entità, di piccole dimensioni, in netto ritardo e che frenano”.
“Per brevetti la Cina ha già superato il Giappone e nei prossimi tre anni supererà gli USA. Noi invece stiamo perdendo terreno, soprattutto sulle sfide che si basano sulle tecnologie più avanzate come l’Intelligenza artificiale. Su questo tema l’Europa sta facendo progressi, ma è ancora indietro. E soprattutto gli stati nazionali sono posizionati diversamente. In Germania sono previsti investimenti per 3 miliardi di euro, in Francia per 1,5 miliardi, mentre in Italia appena 70 milioni entro il 2020”, rimarca Gay.
“Quello che serve è un piano nazionale a supporto delle tecnologie avanzate, che ampli le risorse per le frontiere rappresentate da quantum computing e nanotecnologie”.
Impresa 4.0, no a complicati crediti d’imposta
Industria 4.0, poi Impresa 4.0, è “l’unico piano industriale che il paese abbia avuto”, dice Gay.
Il rinnovo dei programmi Impresa 4.0 a condizioni costanti promette di far crescere gli investimenti innovativi in sistemi industriali e sistemi ICT da qui al 2021 a un tasso medio annuo del 15,5% (da oltre 3.030 milioni nel 2019 a circa 4.000 milioni nel 2021), mantenendo la quota della componente ICT attorno al 56-57%.
“I risultati attesi sono importanti, soprattutto per un sistema produttivo come il nostro, che sino a due anni fa accusava investimenti fermi, se non in calo; e confermano i risultati conseguibili con provvedimenti che meritano di non essere rimessi in discussione ogni anno, ma di essere rinnovati su uno base triennale stabile, come già dal Mise è stato proposto”. Tuttavia il giudizio di Gay
sulla legge di bilancio è molto critico. Il presidente di Anitec-Assinform dice “No” a “complessi crediti d’imposta al posto di super e iperammortamento. Si lavori piuttosto al rafforzamento del sistema attuale, magari pensando a un mega ammortamento di filiera”.
Occorre inoltre dare “operatività al Fondo per l’Innovazione, che può dare una marcia in più anche al settore ICT, oggi più che mai strategico per spingere l’innovazione in tutti i settori e territori”.
Quello del Fondo per l’innovazione “è solo un esempio di come anche le buone idee rischin0 ritardi e incertezze che poco hanno a che fare con le prassi di un Paese proiettato al futuro. Chiediamo al Governo in carica di tenerne conto. Perché in Italia la dinamica dell’innovazione digitale potrebbe essere ancora più viva se solo si iniziasse a dare un segnale più netto sulla volontà di creare un ecosistema più favorevole agli investimenti innovativi, tramite uno maggiore stabilità fiscale e normativa per chi investe nel cambiamento e uno PA con meno vincoli culturali e organizzativi”.
La plastic tax? Un errore
Le vere criticità però sono altrove. “La manovra alza le tasse su settori importanti come plastica, zucchero e auto. La Plastic tax è un errore, il settore andava sostenuto per gli investimenti che agevolino la transizione in chiave green e non penalizzato con nuove tasse”.
In generale – spiega Gay – “Non siamo nelle condizioni da poterci permettere un aumento delle tasse. Il digitale è parte integrante di tante filiere, l’errore del Governo è non capire che un battito di ali nel siderurgico a Taranto o la plastic tax indeboliscono la domanda di innovazione, mentre è proprio da qui che possono arrivare risposte per migliorare i fattori di competitività del Paese”.
I numeri del settore, crescono i Digital Enabler
Tra il 2019 e il 2021, Dispositivi e Sistemi cresceranno a un tasso medio annuo dell’1,9% (da circa 19.100 milioni nel 2019 a 19.900 nel 2021); Software e Soluzioni ICT del 6,3% (da circa 7.600 milioni nel 2019 a 8.580 nel 2021); Servizi ICT del 6,1% (da circa 12.280 milioni nel 2019 a 13.870 nel 2021); Contenuti e Pubblicità Digitale del 7,2% (da circa 11.990 milioni nel 2019 a 13.750 nel 2021.
Estraendo dai diversi comparti le componenti più innovative (dette anche Digital Enabler, per le possibilità che offrono) si ha conferma della loro crescente rilevanza. Da qui al 2021, cresceranno a tassi medi annui del 14,2% l’loT, del 13,9% la Cybersecurity, del 22% il Cloud, del 14,7% l’ambito Big Data, dell’11,6% le Piattaforme per la gestione Web, del 9,1% il Mobile business, dell’11,8% i prodotti e le applicazioni Wearable.
In fortissima crescita anche Intelligenza Artificiale e Blockchain, pur con valori di partenza contenuti.
Guardando ai settori d’utenza, sempre in termini crescite medie annue da qui al 2021, si conferma il ruolo trainante di Banche (+4,8%) , Industria (+5,2%) , Distribuzione (+5,1% ) e Utility (+5,1% ) , cui si aggiungono anche Assicurazioni (+5,1% ) e Trasporti (+3,9%) . Ed è stimato anche migliorare il trend del settore pubblico (+0,6% per la PA Centrale, +1,3% per la PA Locale), scontando l’attuazione del Piano Triennale per l’Informatica nella PA 2019-2021.