Il Biotech? Una catapulta per la ripartenza (se ripartono gli investimenti in innovazione)

Il fatturato totale del Biotech in Italia ha superato i 12 miliardi di euro a fine 2019, con un incremento medio annuo tra il 2014 e il 2018 di circa il 5%. È il quadro che emerge dal nuovo rapporto su ‘Le imprese di biotecnologie in Italia’, realizzato in collaborazione tra Assobiotec ed Enea

Pubblicato il 13 Mag 2020

Biotech2


Il fatturato totale del Biotech in Italia ha superato i 12 miliardi di euro a fine 2019, con un incremento medio annuo tra il 2014 e il 2018 di circa il 5%. Due terzi del fatturato è generato dalle imprese a capitale estero, che sono appena l’11% delle imprese censite, e sono attive soprattutto nell’area della salute.

In pratica, alcune grandi realtà straniere dominano ancora il mercato, mentre molte aziende italiane devono fare ancora molta strada per crescere. L’80% dell’industria delle biotecnologie in Italia è costituito da imprese di piccola e micro dimensione, che hanno avuto un ruolo propulsivo nella dinamica di crescita dell’intero comparto. Fra il 2017 e il 2019 sono state registrate oltre 50 nuove Start-up innovative attive nelle biotecnologie.

In tutto, sono oltre 13 mila gli addetti biotech in Italia, di cui il 34% impiegato in attività di Ricerca e sviluppo. È il quadro che emerge dal nuovo rapporto su Le imprese di biotecnologie in Italia, realizzato in collaborazione tra Assobiotec ed Enea. Descrive un settore industriale che registra un incremento di tutti i principali indicatori economici, e con un numero di imprese che si attesta stabilmente attorno alle 700 unità (sono 696 per la precisione quelle censite).

Il 49% delle imprese biotech ha come settore di applicazione prevalente quello legato alla salute, che storicamente si distingue come il settore che per primo ha dato impulso allo sviluppo delle tecnologie biotech.

Il 39% delle imprese biotech crea prodotti e servizi sia di carattere industriale o volti alla prevenzione e mitigazione dell’impatto ambientale (30%), sia per applicazioni agricole (9%), rappresentando una delle principali leve innovative per i settori della bioeconomia. L’area delle applicazioni in Genomica, proteomica e tecnologie abilitanti (Gpta) risulta presente nel 12% delle realtà censite.

“Fra emergenza Coronavirus e ricerca di soluzioni per una nuova ripartenza sostenibile, le biotecnologie stanno mostrando negli ultimi mesi in maniera sempre più chiara il determinante contributo che sono in grado di offrire a livello globale per rispondere a queste urgenze”, rileva Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec Federchimica. Che sottolinea: “il settore in Italia c’è ed è ricco di eccellenze, ma per poter competere a livello internazionale ha bisogno di urgenti interventi a livello di sistema Paese”.

Fondamentali gli investimenti in ricerca e innovazione

L’esperienza di questi ultimi anni insegna, in modo chiaro, alcune cose: innanzitutto, che gli investimenti in ricerca e innovazione sono fondamentali: essere fermi all’1,3% del Pil rispetto al 3% individuato dal piano Horizon 2020 non è un risparmio, ma significa perdere opportunità di crescita per il Paese.

Poi che la collaborazione pubblico-privato funziona: questa crisi ce lo sta ricordando ogni giorno, non perdiamo l’occasione per rendere questo modello permanente. Ancora, che lentezze burocratiche, regole farraginose e frammentazione sono i nemici numero uno della velocità d’azione che nei settori ad alta tecnologia globalizzati come il biotech rappresenta un elemento vitale. “Se vogliamo che il biotech diventi una catapulta per la ripartenza dobbiamo rendere il nostro Paese attrattivo per gli investimenti”, rimarca il presidente Assobiotec Federchimica. E Palmisano osserva: “il recente passato ci ha insegnato quanto sia importante per un Paese industrializzato come il nostro disporre, oltre che della ‘conoscenza’, anche di strutture e infrastrutture strategiche, e quanto oggi si debba agire per favorirne l’attrazione e la nascita. Mi piacerebbe che da questi punti si potesse ripartire, tutti insieme, per lo sviluppo del settore, per la crescita dell’economia e dell’occupazione del Paese”.

Investimenti totali in ricerca per 2,3 miliardi di euro

Gli investimenti complessivi in R&S delle imprese censite ammontano a 2,3 miliardi di euro, mentre gli investimenti in R&S biotech superano i 760 milioni. Questi ultimi registrano una crescita di oltre il 7% rispetto al 2016 e del 25% rispetto al 2014. Dal Rapporto sulle biotecnologie emerge come la ricerca e l’innovazione possano dare un contributo di rilievo allo sviluppo di settori strategici, in una prospettiva di sostenibilità economica e ambientale e di collaborazione pubblico-privato.

Per sfruttare al meglio le potenzialità del sistema innovativo in Italia, è necessario sviluppare nuove modalità di collaborazione fra ricerca pubblica, imprese e finanziatori, in primo luogo i fondi di Venture capital, al fine di massimizzare le opportunità di scambio tecnologico in un approccio di open innovation, per potenziare l’azione di sistema fra i vari attori coinvolti.

Rafforzare la collaborazione tra pubblico e privato

Su questa traiettoria “si posiziona ormai da alcuni anni Enea, con strumenti ad hoc per rafforzare la collaborazione con le imprese, attraverso programmi come il Knowledge exchange a supporto del sistema industriale, il fondo interno da 2,5 milioni di euro per il proof of concept, la formazione di ricercatori esperti in trasferimento tecnologico, solo per fare alcuni esempi”, fa notare il presidente di Enea, Federico Testa: “e su questa linea intendiamo proseguire, ampliando servizi e strumenti disponibili, anche nella prospettiva di contribuire alla ripartenza post emergenza Covid 19”.

Gli investimenti e la partecipazione del Venture Capital

Dal punto di vista geografico e territoriale, le attività biotecnologiche si confermano fortemente concentrate in Lombardia, la prima regione in Italia per numero di imprese (195 pari al 28% del totale), investimenti in R&S intra-muros (30% del totale) e fatturato biotech (45% del totale). Si registra, anche, un progressivo sviluppo delle regioni del Nord-Est e una crescente diffusione di nuove iniziative nelle regioni del Centro (con il Lazio in testa) e del Sud. Significativa è stata la crescita della quota del Mezzogiorno, anche se solo in termini di numero di imprese: la quota di imprese biotech con sede nel Mezzogiorno è passata dal 14% nel 2008 al 19% nel 2019. Ed è la Campania a guidare questo sviluppo.

Biotech specializzato nell’area salute

Il report 2020 conferma il primato, già riscontrato nelle precedenti rilevazioni, delle imprese che operano nel settore delle biotecnologie applicate alla salute, che sono 344, rappresentando circa la metà delle imprese biotech italiane (49%). Il comparto salute genera una quota preponderante del fatturato, corrispondente a oltre 9 miliardi (75% del totale), determina la maggior parte degli investimenti complessivi in R&S (91%) ed occupa oltre il 75% degli addetti alla R&S biotech in Italia.

Le imprese dedicate alla R&S biotech, ovvero che impegnano il 75% o più dei propri costi di ricerca intra-muros in attività biotech, sono 208, di cui il 92% è a capitale italiano: un dato che evidenzia come le biotecnologie abbiano aperto importanti opportunità, soprattutto nella fase della ricerca early-stage, all’interno della filiera farmaceutica.

Il biotech italiano investe fortemente su quelle patologie che non trovano ancora risposte terapeutiche adeguate. L’interesse della ricerca biotech nazionale è fortemente orientato alla messa a punto di soluzioni terapeutiche per l’oncologia. Il 2019 ha visto un grande sviluppo di prodotti in sperimentazione e sviluppo anche nell’area delle malattie infettive. Di rilievo anche l’attenzione per i prodotti diagnostici: nel complesso delle imprese biotech italiane, ben 199 sviluppano prodotti e servizi diagnostici per la salute umana.

La bioeconomia: area industria e ambiente

Sono 208 le imprese biotecnologiche dell’area industria e ambiente, pari al 30% del totale delle imprese biotecnologiche in Italia. Offrono strumenti per ottimizzare la trasformazione delle biomasse in bio-prodotti eco-sostenibili e in biocarburanti di terza generazione o per migliorare la resa e la sostenibilità ambientale dei processi produttivi tradizionali. Il fatturato dell’area supera i 2 miliardi di euro.

Nel periodo 2014-2018, i tassi di incremento degli investimenti in R&S biotech intra-muros hanno avuto dinamiche particolarmente sostenute nelle applicazioni industriali (+30%), coinvolgendo soprattutto imprese non dedicate alle biotecnologie: un dato che sembrerebbe confermare il ruolo crescente delle biotecnologie nel ridefinire e rinnovare i prodotti e i processi di molti settori tradizionali.

Biotech nell’area agricoltura e zootecnia

Il panorama delle imprese che operano nell’area agricoltura e zootecnia in Italia si presenta assai diversificato, sono 60 le imprese censite (9% del totale). La missione condivisa di queste imprese risiede nell’uso di tecniche di biologia molecolare, oltre che per lo sviluppo di prodotti e servizi veterinari, per il progresso e l’innovazione di agricoltura, allevamento e alimentazione, con la finalità di aumentarne l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità dei processi produttivi. Il fatturato dell’area supera gli 850 milioni di euro. L’80% delle imprese totali dell’area sono classificabili come piccole o micro imprese. Oltre la metà delle piccole o micro aziende sono imprese dedicate alla R&S biotech, mentre fra queste ultime non si registrano imprese medie o grandi. Sono tutte imprese caratterizzate da notevole attività di R&S. L’incidenza degli investimenti in R&S intra-muros sul fatturato biotech per le imprese dedicate alla R&S biotech, quasi tutte a capitale italiano, supera il 40%.

Sono invece 84 le imprese attive nella Genomica, proteomica e tecnologie abilitanti (Gpta) sono il 12% del totale delle imprese biotecnologiche in Italia. Svolgono attività di ricerca di base, potente acceleratore per tutti gli altri campi di applicazione delle biotecnologie e offrono servizi collegati a queste aree. Dai geni alle proteine, fino ad arrivare alle tecnologie bioinformatiche e ai biochip, si riscontra una prevalenza nell’utilizzo delle tecnologie «omiche» (genomica, proteomica, trascrittomica, eccetera) e nell’analisi dei Big Data mediate approcci bioinformatici.

Biotech versus Covid 19: un comparto in prima linea

Nel corso di aprile Assobiotec ha realizzato un sondaggio per indagare il ruolo che il biotech sta giocando nella battaglia globale contro la pandemia. I risultati mostrano un importante coinvolgimento delle imprese presenti sul nostro territorio nella ricerca e nella produzione di soluzioni contro il virus (57% del campione) con particolare riferimento all’area della diagnostica (44%) e della ricerca di terapeutici (34%). Solo il 7% dichiara invece di essere impegnato nella ricerca di un vaccino.

Significativo è l’effetto che la pandemia e il lockdown stanno avendo sul comparto: sebbene il 60% del campione indichi di continuare a portare avanti il proprio business, anche se in modalità differente, il 40% si è vista costretta a ridimensionare (29%) o bloccare (11%) la propria attività. A soffrire in particolare le realtà a capitale italiano che nel 13% dei casi hanno dovuto bloccare totalmente le attività in corso, mentre le imprese con headquarter estero sono riuscite tutte a proseguire le attività (dato imputabile al fatto che queste realtà svolgono in prevalenza attività più vicine al mercato e sono dunque meno esposte ad attività ad alto rischio di R&S). Tante e differenti le difficoltà operative incontrate fra carenza di clienti (32%), logistica (29%) e crisi di liquidità (25%). Carenza di budget (36%), inaccessibilità dei laboratori e sospensione delle attività di arruolamento di pazienti negli studi clinici (21%), mancanza di materiali (19%) sono invece i principali fattori alla base di un rallentamento generale delle attività di R&S.

E alla domanda “Superata l’emergenza, se dovesse indicare 2 priorità sulle quali le Istituzioni dovrebbero lavorare per permettere alla sua impresa di svilupparsi e di affrontare meglio sfide future come questa?” quasi la metà delle imprese italiane ha risposto che è urgente individuare un piano di lungo periodo per la Ricerca e l’Innovazione (42%) così come allocare più investimenti in R&S (41%), mentre le imprese a capitale estero chiedono minore burocrazia (28%) e l’individuazione di un pacchetto di sgravi fiscali (14%).

Valuta la qualità di questo articolo

C
Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 3