HPC, la strada dell’Europa verso il supercalcolo rischia di essere in salita

L’Unione europea parte in ritardo sui programmi destinati all’high performance computing e ora deve colmare il ritardo. Conseguenze anche dalla Brexit.

Pubblicato il 23 Mar 2017

High-Performance_Computing


Ora scatta la maratona. Dopo aver siglato la dichiarazione per collaborare sullo sviluppo dell’high performance computing (HPC) ora i Paesi europei devono mettere in pratica le buone intenzioni del loro documento. E scegliere il passo con cui correre. Perché il ritardo dal colmare si allarga di ora in ora.

Il ritardo della Ue

“Nel 2005 abbiamo perso come europei la leadership nella ricerca dell’hardware e nessuno se n’è preoccupato. Vivevamo in un mondo lineare e l’HPC era una roba per scienziati”, punta il dito Roberto Siagri, presidente e amministratore della società informatica friulana Eurotech, dal palco del Digital Day dell’Europa a Roma.

Roberto Siagri, AD di Eurotech

“Poi da 2010 a 2015 abbiamo scoperto di dover guadagnare una nuova leadership, ma ora non abbiamo la capacità di fare HPC se non abbiamo un patto con Stati Uniti e Giappone – aggiunge il manager -. E dato che ogni salto di ordine di grandezza nella potenza di calcolo provoca un cambio di vita, siamo sicuri che gli altri Paesi ci vogliano regalare la tecnologia?”. Raggiungere il traguardo al 2020, insomma, è tutt’altro che scontato. “Quando Kennedy ha lanciato il programma Apollo, non aveva un business plan, ma un sogno. Quando la Comunità europea è stata fondata, non c’è un business plan, ma un sogno – incalza Siagri -. Serve un sogno anche per HPC”.

Effetto Brexit

In questa partita c’entra anche la Brexit. L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea segna una frattura nel piano europeo del supercalcolo. Perché nel 2020 si sarebbero dovuti saldare tre assi di sviluppo: le infrastrutture di connettività, fornite da Germania e Italia; i software sviluppati da Francia e Spagna, i processori dal Regno Unito. Nello specifico, da Arm Holdings. Ora il tassello viene a mancare. E i 300 milioni di euro destinati al supercalcolo potrebbero non essere sufficienti per compiere il salto.

Lavoro di competenze

“Il supercalcolo richiede un sacco di tecnologia e know how e nella nostra compagnia stiamo investendo in HPC per capire come sfruttarlo”, osserva Thierry Breton, amministratore delegato della francese Atos, specializzata in informatica, ed ex ministro dell’Economia d’Oltralpe. “Siamo a favore dell’iniziativa, ma ha bisogno di capacità perché richiede esperienza”, aggiunge il manager. “Spero fortemente che la Commissione chieda aiuto alle società tecnologiche e di ricerca, che hanno molta esperienza e possono aiutare la Commissione a definire i programmi e indicare le forme per finanziarli”. Stati Uniti, Cina e Giappone hanno già assegnato fondi a iniziative come quella che si appresta ora a sostenere la Ue.

Prospettive di sviluppo

Per l’Europa il supercalcolo potrà permette di accelerare una serie di ricerche in cui il vecchio continente già detiene il primato. Ad esempio, le previsioni meteo e la costruzioni di modelli per immaginare i cambiamenti climatici. “L’Europa è già leader – spiega Thomas Schulthess, direttore del Centro nazionale svizzero del supercalcolo -. HPC rappresenta un valore per le imprese, avere queste informazioni prima dà un vantaggio economico”. E dal supercalcolo si avvantaggeranno settori come l’industria militare, la ricerca aerospaziale, che Siagri indica tra le più critiche, ma anche la diagnostica e la gestione del traffico. In Portogallo Susana Sargento, professore associato dell’Università di Aveiro, studia lo sviluppo di connessioni di applicare alla gestione del traffico e della mobilità cittadina.

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Luca Zorloni

Cronaca ed economia mi sono sembrate per anni mondi distanti dal mio futuro. E poi mi sono ritrovato cronista economico. Prima i fatti, poi le opinioni. Collaboro con Il Giorno e Wired e, da qualche mese, con Innovation Post.

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