Nel 2022 l’Italia ha registrato una carenza di circa 175.000 professionisti specializzati in materie ICT. In altre parole, per ogni 5 annunci di lavoro pubblicati sul web per profili ICT, solo uno profilo veniva inserito nel mercato del lavoro da parte del sistema formativo italiano: è quanto rivela l’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2023, realizzato da AICA, Anitec-Assinform e Assintel, in collaborazione con Talents Venture.
La domanda di professionisti con competenze ICT è cresciuta negli ultimi anni, ma il sistema formativo continua a non essere in grado di rispondere con adeguata reattività alle richieste delle imprese. Il mismatch che si è creato tra la domanda per queste competenze e la loro disponibilità nel mercato del lavoro italiano richiede l’adozione di politiche pubbliche tempestive da parte dei policy-maker.
“L’Italia continua ad avere una posizione svantaggiata sulle competenze digitali, ed è un gap che si riflette nel mondo delle imprese. Serve un deciso intervento delle Istituzioni su tre fronti: la sensibilizzazione culturale alle discipline STEM – che passa anche per la modifica delle modalità di orientamento scolastico – il potenziamento degli ITS e una stretta partnership di indirizzo e di docenza fra le Università e le aziende del Made in Italy digitale presenti sul territorio”, commenta Paola Generali, presidente di Assintel.
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La domanda di professionisti ICT
Negli ultimi anni, la domanda di professionisti ICT esercitata dalle imprese tramite annunci Web in Europa ha registrato una crescita notevole, passando dai 453.000 a annunci presenti online di gennaio 2019 fino al picco di oltre 1,3 milioni registrato a febbraio 2023.
Anche in Italia gli annunci di lavoro pubblicati hanno registrato una crescita importante, passando nello stesso periodo da circa 25.000 a 54.000 unità. Solo dalla primavera 2023 la domanda delle imprese per questi profili ha registrato una stabilizzazione, con tutta probabilità legata all’assestamento delle economie dopo il boom post-Covid, alle incertezze geopolitiche e agli elevati livelli inflattivi.
Protagoniste della domanda per questi profili professionali in Italia sono le grandi aziende del mondo Tech, tra cui Amazon, IBM e Accenture. Al fianco di queste, a contendersi i profili ICT presenti sul mercato, un ampio tessuto di piccole e medie imprese (delle oltre 100.000 imprese attive nei settori digital italiani, il 94% conta meno di 10 dipendenti)
Ma quali sono le figure professionali più richieste? Concentrandosi sulle 60 professioni più richieste nel mercato italiano, spiccano quelle legate allo Sviluppo Software, che rappresentano il 40% del segmento, e tra cui si annoverano figure come l’Application developer, il Front-end developer e il Java Developer. Seguono poi le figure dell’ingegneria delle reti e dei sistemi (tra cui rientrano i Cloud Architect e i Systems Engineer), che valgono il 20% del segmento.
A questi profili sono richieste prevalentemente competenze relative a linguaggi di programmazione e Cloud, ma dall’analisi dati emergono tre evidenze particolarmente interessanti. In primo luogo, le skill richieste vanno ben oltre quelle tech. Infatti, il primo posto tra le competenze richieste ai profili ICT in Italia è occupato da una skill trasversale: il Project Management.
Il primato di questa competenza negli annunci di lavoro racconta una domanda di mercato da parte delle imprese che chiede ai profili ICT non solo le competenze tecniche strettamente digitali, ma anche capacità manageriali necessarie a occuparsi delle varie fasi di un progetto e capacità di inserimento con autonomia nei processi aziendali.
Inoltre, analizzando le competenze crescentemente richieste dalle imprese ai profili ICT, emerge una crescita repentina della domanda di competenze in intelligenza artificiale generativa. Il recente boom degli strumenti di legati a questa tecnologia, infatti, a partire da novembre 2022, ha generato un’esplosione della domanda negli Stati Uniti e nell’Unione Europea che inizia a manifestarsi, seppur con ritardo, anche nel mercato italiano.
Gli sforzi (ancora insufficienti) del sistema della formazione
Di fronte a una domanda di competenze così incalzante, è insoddisfacente la risposta del sistema formativo. Nelle Università italiane, infatti, i corsi di laurea in materie ICT sono in crescita da anni, ma rappresentano appena il 7% dell’offerta formativa complessiva.
Questi pochi corsi di laurea riescono, secondo le stime presenti nel rapporto, ad immettere ogni anno nel mercato del lavoro poco più di 9.000 laureati (meno del 5% dei quasi 190mila complessivamente immessi nel mercato universitario dal sistema universitario).
A un dato così insoddisfacente, si aggiunge che questi percorsi di laurea sono oggi appannaggio prevalentemente “maschile”, e assistono a drammatici squilibri di genere.
Tra i laureati in materie ICT pronti a entrare nel mercato del lavoro, infatti, le donne rappresentano solo il 23% del totale. E, ad approfondire specifici segmenti formativi, i numeri diventano ulteriormente preoccupanti: nei corsi di laurea magistrale in Sicurezza Informatica (le cui competenze formate sono crescentemente richieste dal mercato del lavoro), su 100 laureati, solo 6 sono donne.
Sforzi per promuovere la conoscenza degli ITS presso i diplomandi saranno essenziali per aumentare la capacità di questo bacino di formare talenti da immettere nel mercato del lavoro. Da un’indagine realizzata presso studenti e studentesse delle scuole superiori, infatti, emerge che ancora solo il 18% degli studenti di IV e V superiore sia a conoscenza dell’offerta degli ITS.
Ai pilastri della formazione terziaria si aggiunge l’offerta di professionisti ICT formata dentro le scuole superiori. In questo segmento, sebbene sia da giudicare positivamente un trend costante di crescita del numero di indirizzi volti a formare futuri professionisti ICT, occorre notare che la percentuale complessiva di indirizzi ICT rispetto al totale degli indirizzi è rimasta sostanzialmente invariata, con una stabilità nel numero di diplomandi pronti a entrare nel mercato del lavoro (circa 34.000, considerando come indirizzi ICT un semento piuttosto ampio dell’offerta formativa).
L’insoddisfacente risposta del sistema formativo alle esigenze delle imprese sta sostenendo in questi anni il proliferare di ulteriori segmenti nel mondo della formazione:
- i bootcamp. Si tratta di enti privati che offrono percorsi di studio di durata generalmente compresa tra i 3 e i 9 mesi, erogati prevalentemente tramite didattica online e focalizzati su competenze fortemente richieste dal mercato del lavoro ICT. Secondo un censimento realizzato ad hoc, infatti, la maggior parte dei percorsi offerti dai bootcamp è concentrato sulle seguenti discipline: sviluppo web, analisi dati, marketing digitale e coding
- le Academy aziendali, percorsi formativi realizzati all’interno delle imprese, pensati sia per la formazione di talenti appena entrati in azienda (prevalentemente dopo la formazione universitaria), sia per favorire processi di up-skilling e re-skilling della forza lavoro con maggiore esperienza. Proprio le academy aziendali saranno al centro delle analisi realizzate per l’Osservatorio sulle Competenze Digitali del 2024.
“La trasformazione digitale è un processo continuo e veloce, che deve coinvolgere imprese, PA e ciascuno di noi. Mettere le persone al centro vuol dire prima di tutto garantirne non solo l’occupabilità presente e futura, ma anche di qualità, puntando sullo sviluppo delle competenze digitali”, dichiara Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform.
“Insieme, imprese e istituzioni devono collaborare per una scuola che prepari i giovani alle sfide del lavoro e per soluzioni di upskilling e reskilling adeguate ai fabbisogni delle aziende ed all’evoluzione del mercato. C’è bisogno di una strategia ampia che includa academy, università, ITS e istituzioni scolastiche per offrire formazione di qualità, diffusa e a prova di futuro”, aggiunge.
Come ridurre il gap: le indicazioni dell’Osservatorio
All’interno del documento di analisi sono individuati alcuni suggerimenti di policy mirati a generare un aumento strutturale del numero di professionisti ICT pronti a soddisfare la richiesta delle imprese e a promuovere una trasformazione digitale dell’economia su scala nazionale.
Le aree da attenzionare, secondo l’Osservatorio sono tre. Per quanto riguarda la formazione, il rapporto suggerisce quattro linee di azione:
- Avviare la “trasformazione digital” delle università
- potenziare gli ITS e investire sull’orientamento
- investire su una scuola (finalmente) digitale
- formazione ICT per tutti (e senza gender gap)
La seconda area di intervento è quella del mercato del lavoro, sia attraverso il rinnovamento degli schemi di apprendistato e dei dottorati industriali, sia attraverso la “digitalizzazione” della forza lavoro, che permetta ai lavoratori di acquisire le nuove competenze richieste da un ambiente in costante evoluzione.
Infine, il rapporto sottolinea la necessità di sviluppare un “ecosistema digitale”, potenziando il sistema imprenditoriale ICT, favorendo la creazione di network collaborativi di filiera e avviando una rivoluzione culturale che coinvolga l’intero sistema Paese, dalla sfera educativa a quella aziendale.
Il rapporto può essere scaricato gratuitamente a questo link.