Uno studio condotto da FTI Consulting per conto di Epson ha messo a confronto le opinioni fornite da 17 esperti di vari settori con quelle di oltre 7.000 dipendenti e manager nelle cinque principali economie europee (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna). I dati che emergono non sono affatto scontati: emerge infatti una buona consapevolezza che il mondo del lavoro cambierà rapidamente grazie alla diffusione delle nuove tecnologie.
Più della metà (57%) dei dipendenti europei – ma ben il 62% di quelli italiani – che lavorano nella sanità, formazione, retail e produzione ritiene che la tecnologia rivoluzionerà settori e modelli di business. Il 6% degli intervistati in Europa (e il 4% in Italia) crede che nel futuro la propria mansione non esisterà più. Ciononostante chi lavora mostra di essere cittadino a pieno titolo della learning society e gli italiani (86%) si dichiarano ancora una volta più ottimisti degli europei (72%), con il 63% disposto ad aggiornare le proprie conoscenze per poter svolgere nuove mansioni.
Tuttavia, questo ottimismo potrebbe essere vanificato dal fatto che, nelle opinioni dei dipendenti, le aziende sembrano non saper trarre il massimo vantaggio dalle nuove tecnologie: infatti solo il 15% dei lavoratori italiani considera la propria organizzazione “eccellente” nel monitorare i nuovi sviluppi tecnologici e meno di un terzo (27%) la ritiene particolarmente abile quando si tratta di implementare nuove tecnologie. In questo scenario, sostanzialmente allineato ai valori europei, rimane quindi una certa sfiducia da parte dei lavoratori sulla capacità o volontà delle organizzazioni circa l’implementazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie.
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Tecnologie e occupazione
Le nuove tecnologie favoriscono l’aumento o la diminuzione dell’occupazione? Stando alle risposte fornite, il 75% dei lavoratori europei (e il 78% degli italiani) ritiene che l’utilizzo di nuove tecnologie potrebbe comportare una riduzione del numero di dipendenti nell’azienda. A tale riguardo, i più preoccupati sono gli spagnoli (80%) seguiti a ruota dagli italiani (78%), mentre i tedeschi (67%) lo sono molto meno.
A sorpresa, il settore manifatturiero si è rivelato particolarmente ottimista: qui il 75% prevede il passaggio a un modello di produzione più localizzato, con il 55% degli intervistati (57% in Italia) concorde sul fatto che i livelli di occupazione rimarranno invariati o aumenteranno.
Nel settore della formazione l’ottimismo è meno diffuso: mancanza di finanziamenti, formazione degli insegnanti e tecnologie obsolete vengono indicate come le principali minacce per il futuro della formazione. Il 61% a livello europeo (68% in Italia) degli intervistati, inoltre, ritiene che gli insegnanti non dispongano delle conoscenze necessarie per utilizzare le nuove tecnologie nei prossimi 10 anni, con conseguenti difficoltà nell’impartire lezioni agli studenti.
La competitività
Oltre i tre quarti degli intervistati ha dichiarato che la tecnologia potrebbe aumentare i profitti delle aziende e offrire nuove opportunità di crescita. Tuttavia, per le realtà che vogliono investire sulle nuove tecnologie con l’obiettivo di mantenere la loro competitività e trarre vantaggio dal cambiamento, lo studio ha evidenziato tre tendenze principali che non devono essere trascurate: i maggiori timori di perdere il posto di lavoro provengono dai giovani e dai top manager; le nuove tecnologie esercitano un forte fascino, ma sono poco conosciute; c’è grande disponibilità a “rimettersi in gioco” per acquisire nuove competenze.