Accompagnare le persone nelle transizioni lavorative provocate da rivoluzione digitale ed energetica: è questo lo scopo del “Manifesto sindacale per le transizioni lavorative” di Fim Cisl.
Il presupposto per la Fim Cisl è che il sindacato dopo la pandemia non deve limitarsi a contrattare mentre si lavora, ma deve dare nuovi diritti nelle tante transizioni che vedono le persone troppo sole.
“Vogliamo una stagione di diritti per il lavoro di carattere europeo, dove più che da noi questi momenti sono ben tutelati. Il sindacato moderno ha il compito di definire e ottenere come obiettivo prioritario della propria azione sindacale un sistema adeguato di tutele, che sia in parte a carico dello Stato, ma integrate e fortemente sostenute dalla contrattazione e dalla bilateralità”, si legge nel comunicato che accompagna il manifesto.
Un’azione di cui c’è bisogno per affrontare il problema del mismatch di competenze, che in Italia ha raggiunto livelli preoccupanti. Se non si interviene, sostiene il sindacato, c’è rischio di perdere 55.000 posti di lavoro nel passaggio tra scuola e mondo del lavoro, aggravando ulteriormente questa situazione.
Occorre dunque “sostenere in via universale ogni giovane che vuole transitare dalla scuola al mondo del lavoro, ogni lavoratore che vuole tornare a studiare, ogni lavoratore che deve fortemente riqualificarsi, ogni lavoratore che perde il posto di lavoro, ogni lavoratore che vuole crescere professionalmente, ogni padre o madre che non deve più scegliere tra famiglia e lavoro, ogni lavoratore che deve assistere genitori bisognosi di assistenza”, si legge nel documento.
Indice degli argomenti
Le proposte del manifesto per la formazione
Un’azione che deve vedere uno sforzo congiunto da tutte le parti interessate: del sindacato, attraverso la contrattazione collettiva, del Governo, attraverso riforme e fondi pubblici e dei privati, poiché le sole risorse pubbliche non basteranno ad affrontare queste transizioni.
Un ruolo cruciale lo assume la formazione, intesa sia come formazione scolastica dei lavoratori del futuro che formazione professionale (quindi percorsi di upskilling e reskilling dei lavoratori).
La prima delle proposte del manifesto in questo ambito è rivolta ai tirocini extra curriculari, una forma importante di formazione strutturata e di congiunzione tra il percorso di studi e l’ingresso nel mondo del lavoro, finalizzata a rafforzare le opportunità esperenziali e contrastare tutte le forme di sfruttamento.
Secondo il sindacato, in attesa che l’apprendistato duale come in tutta Europa diventi la forma prevalente di collegamento tra scuola e lavoro, questi tirocini devono essere riqualificati seguendo questi criteri:
- Devono contenere una robusta ed evidente quota di contenuti formativi sia teorici sia on the job che vanno garantiti e alla fine del percorso certificati ad ogni giovane
- vanno vietati per qualifiche professionali medio-basse (tranne che per tirocini di reinserimento lavorativo per figure deboli sul mercato del lavoro)
- deve essere garantito in modo omogeneo a livello nazionale un compenso adeguato al tirocinante ed una durata minima massima del tirocinio
- deve essere garantito un servizio di placement, in caso di non assunzione nell’azienda, che permetta di valorizzare le chance occupazionali, anche con voucher formativi per il completamento della formazione delle competenze
- deve essere rafforzato un limite di utilizzo per le imprese legato a percentuali di stabilizzazione o trasformazione con rapporto di lavoro dipendente, strutturando sgravi contributivi per l’assunzione del tirocinante
- deve essere certificata la capacità formativa e la attenta gestione della sicurezza sul lavoro del tirocinante da parte delle imprese tramite appositi protocolli
Altro punto riguarda l’apprendistato duale che secondo il manifesto deve essere prevista e incentivata come principale modalità di acquisizione di un titolo di studio sia per la qualifica/diploma professionale (ex 1° livello) sia in alta formazione (ex 3° livello).
Tutti gli studenti dei percorsi di formazione professionale, istituti tecnici, ITS e lauree professionalizzanti devono poter concludere il ciclo di studi con questa modalità.
Nei prossimi tre anni, sottolinea il documento, si dovrà lavorare per aumentare la percentuale di studenti in apprendistato duale. A questo scopo, si devono finanziare parzialmente i corsi di IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) e universitari solo a condizione che gli enti formativi abbiano un numero sufficiente di imprese convenzionate per forme di apprendistato duale (pur con gradualità di medio periodo).
Inoltre, il documento sottolinea la necessità di accreditare nuovi corsi ITS solo in presenza di significativa quota di posti in apprendistato in alta formazione e rafforzare il rapporto tra sistema della IeFp , gli IFTS e gli ITS, rendendo il passaggio tra questi percorsi più fluido.
Un’opportunità deriva anche dalle risorse del PNRR, che devono essere reindirizzate verso il sostegno alle imprese e verso l’apprendistato duale, con attenzione particolare alle PMI sia facilitando la gestione del rapporto di lavoro e con gli
istituti scolastici, sia rafforzando con la bilateralità la loro capacità formativa.
Oltre a queste azioni, il manifesto propone di riconoscere le competenze acquisite e politiche attive di placement strutturate per i giovani che acquisiscono la qualifica e non vengono confermati nella stessa azienda, privilegiando l’orientamento verso quei mestieri e professioni sempre più chiesti dal mercato del lavoro e al centro del crescente mismatch.
Per quei lavoratori che hanno bisogno di percorsi di reskilling e upskilling, Fim Cisl propone di istituire forme di apprendistato duale “a rovescio” per gli adulti inoccupati, i lavoratori già occupati che devono raggiungere il titolo di studio o una qualifica professionale.
Infine, per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante, il documento sottolinea la necessità di riconoscere all’apprendista il conseguimento qualifica di mestiere conseguita al termine del contratto tramite la certificazione delle competenze acquisite, attraverso prove finali, uscendo dalla attuale genericità del percorso e legando parte rilevante delle agevolazioni contributive a favore dell’impresa al superamento di un esame fatto da tali prove, scommettendo e valorizzando effettivamente le imprese che dimostrano capacità e spinta formativa.
Ma non solo: oltre a questo, si dovrebbe prevedere la possibilità di gestire il percorso di apprendistato su più aziende con la guida di enti di formazione che garantiscano la continuità formativa e di apprendimento.
Contratto a tempo determinato e di somministrazione: le proposte di Fim Cisl
Altre due sezioni del manifesto sono dedicate, rispettivamente, alle proposte rivolte ai contratti a tempo determinato e ai contratti di somministrazione.
Nel primo caso, le azioni da intraprendere sono:
- Rafforzare l’accesso dei lavoratori a termine alla formazione continua erogata dalle imprese con quote loro riservate (anche dei finanziamenti dei fondi interprofessionali), prevedendo un’apposita formazione d’ingresso sui temi della prevenzione e sicurezza
- rafforzare l’accesso dei lavoratori a termine alle forme di welfare contrattuale sanitario e previdenziale, introducendo l’obbligatorietà per quest’ultimo, stabilendo modalità facili e guidate di transizione tra i diversi fondi in caso di cambio lavoro, rendendo il welfare capace di seguire la persona nei percorsi lavoratori, anche con modalità base durante periodi definiti di non lavoro. Inoltre, è indispensabile prevedere nella contrattazione di secondo livello l’estensione ai tempi determinato delle prestazioni di welfare aziendale
- stabilire il diritto ad essere informato sulla proroga, cessazione del rapporto di lavoro o sulla sua trasformazione a tempo indeterminato prima della scadenza del contratto con un anticipo temporale proporzionale (ad esempio 10%) alla durata dello stesso, invece che all’ultimo giorno utile di rapporto di lavoro, al fine di programmare scelte conseguenti
- rafforzare il diritto di precedenza in caso di assunzioni a tempo indeterminato da parte dell’impresa e di candidatura a posizioni non coperte
- prevedere il diritto ad un servizio di politica attiva per rapporti di lavoro a tempo determinato che nel complesso superano i 12 mesi, con riconoscimento delle competenze acquisite e voucher formativo per il completamento della professionalità in corso di costruzione, a carico dall’impresa o nel caso di PMI da forme di bilateralità.
Per quanto riguarda invece il contratto di somministrazione, il manifesto propone di inserire, così come per il tempo determinato, un diritto di precedenza (per l’intera platea di somministrati TD e TI) in caso di assunzioni a tempo indeterminato o stagionalità.
Inoltre, occorre riportare lo staff leasing alla sua originale natura, prevedendolo solo per le professionalità che operano con alta specializzazione su più contesti lavorativi. Stabilire comunque un limite quantitativo rispetto all’organico di riferimento.
Altra proposta riguarda i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati che, secondo il manifesto, non devono rientrare nel computo numerico dei somministrati dentro una azienda. A questo scopo, occorre prevedere limitazioni, soprattutto nel caso di ampio turn over.
Certificazione delle competenze
In materia di certificazione delle competenze, Fiom Cisl sostiene che vada stabilito il diritto per ogni lavoratore (in particolare in presenza di condizioni particolari quali il cambio di attività lavorativa, l’aver effettuato un percorso formativo o l’avere oltre 50 anni di età) ad avere una attestazione delle competenze formali e informali acquisite, spendibili nel mercato del lavoro secondo standard riconosciuti e fornito dal sistema pubblico, dalla bilateralità di settore o dai fondi interprofessionali.
Inoltre, ogni lavoratore dovrebbe essere dotato di “libretto formativo digitale” che certifichi tutti i percorsi formativi
effettuati, anche con tecnologie blockchain.
Riallocazione lavorativa e riqualificazione professionale
Un altro set di proposte contenute nel manifesto si rivolge a coloro che hanno perso il lavoro e a chi necessita di percorsi di riqualificazione professionale.
Nel primo caso, il manifesto suggerisce l’istituzione del diritto del lavoratore, in caso di perdita involontaria del posto di lavoro, ad un servizio personalizzato di politiche attive, sia individuale che collettivo, con presa in carico e orientamento alla ricollocazione. Un servizio che potrà partire anche da un eventuale periodo di CIG precedente.
Accanto a questo, occorrerà introdurre un obbligo per le imprese che intendono ridurre la forza lavoro di presentare “piani sociali” cofinanziati dalle stesse, con risorse da loro destinate per la ricollocazione incentivata e orientata/vincolata sul territorio.
Inoltre, il lavoratore deve essere garantito il diritto di accedere a servizi di riqualificazione o per potenziare le proprie competenze (upskilling) o per cambiare professione (reskilling) da collegare nei casi di utilizzo di ammortizzatori sociali, oltre che la contribuzione figurativa per i periodi di fruizione delle attività formative.
Infine, per quanto riguarda la NASPI, il suo utilizzo deve essere vincolato a percorsi formativi orientati alla ricollocazione offerti dal territorio, in stretto rapporto con i Centri per L’impiego e agenzie per il lavoro accreditate.
Per quanto riguarda la riqualificazione professionale, secondo il manifesto, si dovrebbe intervenire lungo queste direzioni:
- affermare e rendere esigibile per tutti i lavoratori il diritto alla alfabetizzazione digitale e linguistica (inglese)
- creare un “conto individuale per la formazione”, crescente a seconda dell’età lavorativa, esigibile per ogni lavoratore con ogni rapporto di lavoro, dal quale attingere per garantire l’accesso ad una formazione giusta, alimentato da risorse pubbliche, contrattuali, bilaterali
- a fronte di significativi processi di innovazione o di transizioni lavorative e tecnologiche ogni lavoratore deve essere inserito in programmi di riqualificazione delle competenze, adattati a secondo del livello di istruzione di base, delle competenze già acquisite e dell’età
- nei processi di transizione a forte impatto occupazionale, prevedere modalità di ripartizione del lavoro con forme di riduzione di orario di lavoro utilizzando appositi ammortizzatori sociali collegati a percorsi formativi di riqualificazione e rafforzamento della professionalità
Part time involontario e diritto allo studio
Per lavoratori in part time involontario, con poche ore di lavoro alla settimana (max 16) e bassa retribuzione, il anifesto propone l’introduzione di una condizione di “semi-disoccupazione”, che darebbe quindi il diritto di accedere a un’integrazione NASPI.
Congiuntamente, il lavoratore dovrebbe essere sostenuto con percorsi di politiche attive verso una diversa occupazione che permetta il sostentamento.
Altro focus del manifesto riguarda l’istituzione di un diritto allo studio per i lavoratori, secondo cui l’occupato ha diritto ad accedere percorsi scolastici e di studio durante il rapporto di lavoro, senza interruzioni o sospensioni e godendo, sia di orari di lavoro adatti allo stesso sia di sostegno economico che motiva la crescita individuale.
Il lavoratore, inoltre, deve ricevere una retribuzione per parte delle ore dedicate al percorso scolastico, anche sulla base del raggiungimento di titoli di studio specifici, quando di comune interesse tra lavoratore e impresa.
Maternità, paternità, assistenza e cura di figli e genitori
Si tratta di ambiti che la Fim Cisl ritiene essenziali nella creazione di un mondo del lavoro giusto per tutti, dove il sindacato propone l’introduzione di programmi formativi e di supporto a carico delle imprese (per chi è già dipendente) o dello Stato, per chi deve rientrare nel mercato del lavoro.
Programmi che permetterebbero di migliorare l’esperienza di reinserimento del lavoratore che si è assentato per maternità o per la necessità di assistenza e cura per figli o genitori, sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista della conciliazione vita-lavoro.
Altre proposte includono:
- certificazione delle competenze acquisite durante la maternità e il periodo di assenza dal lavoro
- accesso a servizi di welfare moderni sul territorio o presso aziende (asili nido, baby sitting, corsi sportivi, centri estivi) sia contrattuali, mutualistici che forniti dal pubblico
- diritto alla gestione flessibile degli orari di lavoro in favore delle persone con carichi di cura per figli e genitori
- corsie preferenziali nell’attivazione di contratti di smart-working
- diritto per il lavoratore ad avere tempo e servizi a disposizione per la cura di genitori che necessitano di assistenza anche se non rientranti nelle categorie protette dalla L. 104
- inserimento di forme di assistenza qualificata nei piani di welfare contrattuale per genitori non autosufficienti o bisognosi di assistenza continuativa.
Pensionamento flessibile
L’allungamento dell’età pensionabile stabilmente oltre i 60 anni richiede di superare criteri di pensionamento rigidi e uguali per tutti, introducendo forme di flessibilità in uscita a seconda della gravosità dei lavori e delle condizioni di salute delle persone.
Pertanto, secondo il manifesto, per i lavoratori over 55 deve essere previsto il diritto di poter ridurre a 4/5 la propria attività lavorativa fino al pensionamento, su base volontaria e con schemi flessibili, senza penalizzazioni sui contributi previdenziali e con una parziale integrazione mutualistica (azienda e stato) per l’1/5 di tempo non lavorato.
A questo diritto deve aggiungersi quello di vedersi riconosciuti periodi di cura e periodi formative nelle forme di pensionamento pubblico e il diritto alla previdenza complementare per i giovani.
Quest’ultimo deve essere incoraggiato fiscalmente e con quote obbligatorie a carico della contrattazione e deve prevedere anche la possibilità di tramutare la previdenza in riduzione di orario negli ultimi anni di lavoro, con la copertura di buchi previdenziali contributivi e la contribuzione figurativa per periodi di formazione e conciliazione.