Quattro lezioni di machine learning dall’università di Reggio Emilia

Tra i progetti, un sistema per imparare a guardare come gli umani, uno per smascherare i pregiudizi razziali e uno per riconoscere gli individui nella folla

Pubblicato il 03 Mar 2017

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Quattro esperimenti per dimostrare le potenzialità dei software di machine learning. Quattro esperimenti che sembrano esercizi di accademia ma non lo sono, perché hanno messo sotto stress applicazioni e tecnologie che possono avere ricadute pratiche sulla vita di tutti i giorni e sugli affari delle aziende. D’altronde The future agency, un sistema che cura le informazioni finanziarie dalla Silicon Valley, inserisce machine learning e deep learning tra le tecnologie che nei prossimi anni offriranno opportunità concrete di business. In questa traccia, perciò, si possono inserire i quattro progetti sperimentali del Dipartimento di ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore). Simone Calderara, ricercatore del laboratorio, li ha presentati a Milano durante l’evento “Design Ai”, dedicato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Questione di sguardi

Il primo esperimento, Gaze, ha studiato il modo in cui le persone mettono a fuoco con la vista gli elementi di loro interesse. “Abbiamo preso delle persone e le abbiamo osservate mentre guardavano un sacco di immagini. In base a dove andava la pupilla, segnavano un bollino – spiega Calderara –. Ne è uscita una mappa di salienza”. Usando una rete convolutiva, ossia che elabora dati multimediali, il laboratorio ha potuto riprodurre su un software il modello di attenzione delle persone. In sostanza, il computer ha imparato dalle persone dove concentrano il loro sguardo. In questo modo si possono creare software per la gestione di vetrine e scaffali nei negozi.

Unimore ha applicato il suo modello alle visite museali e turistiche, per capire come aiutare i turisti che non conoscono i monumenti ad apprezzarli meglio. “Applicato alla guida, il modello ci ha permesso di capire cosa guarda un automobilista mentre guida – aggiunge Calderara -. Lo abbiamo usato per fare training dei piloti in pista, per impostare la curva nel modo corretto”.

Robot e pregiudizio

Con il dipartimento di psicologia di Unimore gli ingegneri hanno messo alla prova anche i pregiudizi razziali, realizzando un software che da una conversazione tra due persone analizza i dati e sa indicare se ci sono pregiudizi verso gli stranieri. “Abbiamo confrontato i nostri dati, raccolti integrando una telecamere go-pro, un bracciale che rileva la conduzione sulla pelle e la tecnologia kinect, con i risultati di un test scritto di psicologia – aggiunge Calderara -. Su 60 partecipanti, ne abbiamo sbagliati sette”.

Un terzo esperimento riguarda la comprensione delle scene di film e serie tv. In questo caso compito della macchina era riconoscere cosa stesse succedendo ed estrarre una descrizione testuale.

L’ultimo esperimento era nell’ambito della sicurezza: tracciare e seguire le persone. Il software è in grado di agganciare un soggetto e di seguirlo nei suoi spostamenti, quando passa di fronte a telecamere di sicurezza. Non solo. “Il software divide le persone in gruppi socialmente coesi, ad esempio le famiglie, ed è in grado di distinguere chi sia il leader. Abbiamo implementato un test di questo software in Giappone per i piani di evacuazione”, spiega Calderara.

Imparare da soli

Il machine learning si basa sulla capacità della macchina di imparare dai dati annotati che possiede. Per dati annotati si intendono dati puliti, registrati e inquadrati. Produrli costa però. Per questo si usano database pubblici enormi, come youtube, per insegnare alla macchine a studiare i video, adoperando migliaia di ore di girato già annotate perché il software impari i concetti su cui dovrà lavorare.

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Luca Zorloni

Cronaca ed economia mi sono sembrate per anni mondi distanti dal mio futuro. E poi mi sono ritrovato cronista economico. Prima i fatti, poi le opinioni. Collaboro con Il Giorno e Wired e, da qualche mese, con Innovation Post.

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