Negli ultimi 15 anni in Italia è aumentato il tasso di disoccupazione, ma anche il numero dei posti vacanti: è questo il paradosso che vive il mercato del lavoro nel nostro Paese a causa del mismatch tra domanda e offerta (cioè la mancata corrispondenza tra i requisiti richiesti dalle aziende e le competenze/qualifiche offerte dai lavoratori), come sottolinea nuovo rapporto del Randstad Research “Posti vacanti e disoccupazione tra passato e futuro”.
Una situazione, che per il 58% delle imprese è dovuta alla sottoqualificazione tecnico-scientifica, che rischia di frenare la ripresa post-Covid: la discontinuità nell’istruzione provocata dalla situazione emergenziale, infatti, rischierebbe di creare una nuova generazione di Neet, ovvero di persone (soprattutto giovani) che non sono impiegate, non studiano e non cercano lavoro.
Senza interventi sull’istruzione e la formazione continua, avverte il rapporto, la percentuale di Neet continuerà a crescere, fino a superare il 10% della popolazione entro il 2050.
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Lavoro, mismatch tra domanda e offerta in crescita negli ultimi 15 anni
Dal 2004 al 2019, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro ha subito un progressivo peggioramento: in 15 anni il tasso di disoccupazione è passato dal 6% ad oltre il 10% e le difficoltà di reperimento si sono alzate a livelli record, in un divario tra domanda ed offerta di lavoro sempre più profondo e complesso.
Nel rapporto di Randstad attraverso l’analisi della Curva di Beveridge (che rappresenta il rapporto tra posti vacanti e disoccupazione) si ripercorrono i cambiamenti del mercato lavorativo italiano degli ultimi 15 anni, a partire dalla crescita nel periodo 2004-2007 con conseguente calo della disoccupazione, interrotta dalla crisi finanziaria del 2008-2011 a cui seguì la crescita della disoccupazione e quindi una minore difficoltà di reperimento.
Con la crisi dell’area Euro, 2012-2014, la disoccupazione continuò ad aumentare, mentre durante la ripresa che seguì la crisi si è assistito a una diminuzione dei disoccupati nella penisola, a fronte però di un brusco aumento della difficoltà di riempire le posizioni vacanti, portando il numero di questi fino sopra i livelli del 2007.
Nel 2020, con la crisi Covid-19, la Curva di Beveridge ha evidenziato contrazione di posti vacanti a parità di occupazione, interpretabile per l’effetto combinato del blocco dei licenziamenti e dell’aumento degli inattivi. Infatti, il tasso di disoccupazione da gennaio 2020 a novembre 2020 è diminuito dello 0,72% passando dal 9,59% all’8,87%, mentre il tasso di inattività nello stesso periodo è aumentato dell’1,1% passando dal 34,74% al 35,85%.
Nei 15 anni emerge, in particolare, una crescita dei posti vacanti nei servizi di informazione e comunicazione (+1,05%) e nell’istruzione (+0,70%), un evidente calo si registra nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, nella riparazione di autoveicoli e motocicli (-0,25%) e nelle attività finanziarie e assicurative (-0,33%).
Confrontando la variazione tendenziale del Pil e la variazione del tasso dei posti vacanti per tre settori economici (servizi di alloggio e ristorazione, servizi di informazione e comunicazione ed attività finanziarie e assicurative), si nota che almeno graficamente la variazione del tasso dei posti vacanti anticipi una diminuzione o un aumento del Pil.
Aumenta la domanda per le professioni scientifiche
Analizzando l’andamento dell’occupazione e della disoccupazione fra il 2011 e il 2019, le professioni a maggior contenuto scientifico mostrano una crescita nella domanda di lavoro, ma potrebbero soffrire di un limite nell’offerta, mentre altre si muovono in un contesto più dinamico, in cui aumentano contemporaneamente domanda e offerta.
Da un’elaborazione Randstad Research su dati Excelsior, le 5 professioni più difficili da reperire sul totale delle assunzioni pianificate nel 2019 secondo il tasso di difficoltà di reperimento sono specialisti di saldatura elettrica e a norme ASME, analisti e progettisti di software, saldatori e tagliatori a fiamma, tecnici programmatori e tecnici meccanici.
Tuttavia, se si guardano gli introvabili sulla base del numero assoluto di assunzioni previste questi sono invece camerieri, cuochi, conduttori di mezzi pesanti e camion, commessi, tecnici della vendita e della distribuzione, a conferma del fatto che e le valutazioni sul mismatch cambiano a seconda della vista.
Mismatch domanda e offerta, occorre intervenire sulla preparazione
Un’indagine realizzata dal Randstad Research nell’autunno del 2020 su un campione di circa 1000 aziende italiane indica nella sotto qualificazione tecnico-scientifica di gran lunga il fattore principale nel mismatch di competenze con i propri lavoratori, evidenziato dal 57,8% dei datori di lavoro.
La difficoltà di reperimento si fa sentire in modo forte soprattutto su ICT, trasporti e logistica, servizi alle imprese, multiutility, costruzione e industria. Per circa il 45% delle aziende, il problema del mismatch si incontra anche in fase di selezione.
In questo contesto, la pandemia potrebbe provocare un nuovo peggioramento, aumentando la porzione della popolazione giovanile che non studia, non lavora e non cerca un impiego. Per indirizzare il problema, sottolinea il rapporto, è fondamentale aumentare il tasso di attività di giovani e donne.
Infatti, il prolungamento della vita lavorativa è in atto, mentre proseguono il calo della natalità e la diminuzione della popolazione. Secondo le elaborazioni Randstad Research su dati Istat, il rapporto tra over 65 e popolazione in età lavorativa, che era del 20,3% nel 1980, è pari al 36,2% nel 2020 e di questo passo salirà al 44% nel 2030 e al 62,8% nel 2050.
L’incidenza degli attuali 3,1 milioni di Neet corrisponde all’8,65% della popolazione lavorativa nel 2030, il 9,6% nel 2040, superando il 10% nel 2050. Nella scuola dell’obbligo si prevede un milione di studenti in meno nel giro di 10 anni: meno giovani, meno esigenze di insegnanti e aule per la scuola dell’obbligo, dovranno essere convertite verso l’istruzione superiore e la formazione continua in cui siamo carenti.
Secondo Daniele Fano, coordinatore del comitato scientifico del Randstad Research, proprio la difficoltà di reperimento di alcune figure professionali ha rappresentato in passato un ostacolo alla crescita del Paese. “Dobbiamo imparare dai Paesi che hanno fatto meglio di noi a uscire dalla morsa di bassa crescita, bassa produttività, bassa occupazione che ha attanagliato l’Italia negli ultimi decenni”, commenta
Un’opportunità arriva, secondo Fano, dai piani di rilancio europei post-Covid che possono rappresentare una Piano Marshall per il lavoro. “La sfida italiana per il matching tra domanda e offerta si vince con un radicale miglioramento dell’istruzione e della formazione, con l’aumento del tasso di partecipazione al lavoro delle donne, dei giovani e di tutti i cittadini in età adulta”, aggiunge.