Come lavorare (e vivere) meglio con le Mappe Manageriali

Le Mappe Manageriali sono l’evoluzione delle Mappe Mentali tradizionali codificate da Tony Buzan. Ce ne parla l’esperto Eugenio Olmetto.

Pubblicato il 15 Nov 2016

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Secondo le più recenti stime circa duecento milioni di persone nel mondo usano abitualmente le mappe mentali. Quella delle mappe mentali è una tecnica di rappresentazione grafica della conoscenza ideata dallo psicologo inglese Tony Buzan nei primi anni ’70, partendo da studi compiuti sulla possibilità della mente umana di associare concetti ed informazioni in modo non lineare e sulla differenziazione funzionale dei due lobi cerebrali.

Per capire come le mappe mentali  possano offrire ad aziende, manager, imprenditori e professionisti l’opportunità di rivoluzionare il proprio modo di lavorare ne abbiamo parlato con Eugenio Olmetto, consulente aziendale, probabilmente il massimo esperto italiano in materia, di sicuro tra i primi a far conoscere le mappe mentali nelle aziende italiane.

 

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Eugenio Olmetto

Puoi spiegare in breve ai nostri lettori cosa sono e a cosa servono le Mappe Mentali?

Le mappe mentali sono nate verso la fine degli anni ’60 per facilitare lo studio e l’apprendimento. Sono un modo di rappresentare le informazioni diverso rispetto a quello a cui veniamo educati fin da piccoli a scuola, radiante (dal centro che si irradia verso l’esterno) e con ampio uso di immagini e colori. L’idea di base è che il modo in cui ci insegnano a studiare funziona poco e male perché è troppo noioso e perché va contro al funzionamento naturale del nostro cervello. Quindi, stimolando entrambi gli emisferi attraverso l’uso di colori, di immagini e di associazioni, è molto più facile e divertente imparare e ricordare. Io quando le ho conosciute ho subito capito che, se funzionavano per la memorizzazione, potevano funzionare altrettanto bene anche nel management. Mi sono quindi dedicato a studiarne l’applicazione in ambito professionale, per comodità e chiarezza le chiamo Mappe Manageriali perché di fatto sono un’evoluzione delle Mappe Mentali tradizionali codificate da Tony Buzan.

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Mappa Mentale delle conseguenze dello stress (dal sito www.mappementali.net)

Quali strumenti operativi consigli per sviluppare e gestire le Mappe Manageriali?

Il primo consiglio è, almeno all’inizio, di mappare a mano! Questo perché usare carta e penna aiuta a sviluppare la parte creativa del cervello e ad affrontare meglio le proprie emozioni, cosa che viene meno immediata davanti a una tastiera. Spendo due parole su questo punto perché è fondamentale, soprattutto noi maschietti siamo diseducati a relazionarci con le nostre emozioni. Ma riconoscere ed affrontare le proprie emozioni è una delle chiavi per essere realmente produttivi, quindi insisto sul discorso di creare le tue prime mappe a mano. Detto questo, se ci prendi gusto e riesci a cogliere il potenziale di questo strumento, poi ci sono diversi software che puoi usare a seconda della finalità che vuoi raggiungere attraverso la mappa. Per esempio, iMindMap è molto grafico e quindi decisamente preferibile se vuoi tenere una presentazione o riorganizzare degli appunti che dovrai memorizzare (le mappe sul mio blog www.mappementali.net sono create con questo software).

È però decisamente poco efficace quando si tratta di gestire attività manageriali complesse come ad esempio la gestione di un progetto!  In questo caso suggerisco di utilizzare dei software che siano un po’ più schematici e meno grafici ma che sono in grado di contenere e gestire un numero molto maggiore di informazioni.

Io uso Mind Manager che è il leader del settore (e anche il più caro) ma conosco molto bene anche Visual Mind che è ottimo anch’esso. Per iniziare esistono anche diversi software gratuiti che ovviamente non hanno tutte le funzionalità di quelli a pagamento ma che possono essere una buona base di partenza. Il mio suggerimento è di provare con le demo gratuite (di solito un mese) e, una volta presa confidenza con la metodologia e lo strumento, valutare un eventuale acquisto sulla base dell’utilizzo principale che pensi di farne.

In base alla tua esperienza che tipo di aziende e professionisti si avvicinano alle Mappe Manageriali e che benefici concreti riscontrano dopo avere iniziato ad usarle?

Preferisco parlare di persone e non di aziende perché difficilmente la decisione cala dall’alto. Di solito è l’iniziativa di un singolo individuo che si interessa all’argomento e decide di approfondirlo per poi portarlo nel proprio Team di lavoro. Chi si avvicina allo strumento di solito ha delle caratteristiche precise:  è curioso di natura e cerca sempre di migliorarsi o è molto impegnato, spesso stressato e cerca un modo per diventare più produttivo.

I benefici di intraprendere questo percorso sono molteplici e di diverso tipo. Alcuni sono facilmente misurabili, penso ad esempio alla riduzione delle ore passate al lavoro o all’incremento della propria produttività. Altri invece sono più legati al miglioramento della qualità della vita, dei rapporti personali, dell’ambiente di lavoro e soprattutto ad una maggiore chiarezza mentale su quali sono i meccanismi che generano i problemi e come smontarli per iniziare a risolverli. Una cosa importante da precisare però è che le Mappe Manageriali da sole non bastano, fanno parte di un Sistema di lavoro più articolato e che è spesso molto diverso rispetto a quello a cui le persone oggi sono abituate.

Cosa rispondi invece ai soggetti che non sono interessati o a chi critica l’utilizzo delle Mappe Mentali per via del troppo tempo che richiederebbero o dell’efficacia soggettiva e non dimostrabile?

A chi non è interessato non rispondo niente, cercare di convincere le persone è intelligente come spingere l’acqua in salita e divertente come osservare la vernice che si asciuga. Per aumentare la propria produttività una delle cose più semplici da fare è evitare di sprecare il tempo e l’energia con persone che, per usare un linguaggio rubato al marketing, non sono in target. Il problema è che, se non sei curioso, se non hai voglia di migliorarti, se non stai cercando di diventare più produttivo o di risolvere un problema di stress per eccesso di lavoro, probabilmente non hai le motivazioni necessarie per effettuare un cambiamento. Niente di personale ovviamente, ma non abbiamo niente da dirci da questo punto di vista.

In relazione a chi dice invece che ci vuole troppo tempo, questo per alcuni versi è vero perché in passato si è creata un sacco di confusione sull’utilizzo corretto delle mappe mentali nel mondo del lavoro. Per molti anni purtroppo le Mappe sono state insegnate nel modo sbagliato, come se fossero dei disegnini divertenti che stimolavano la creatività e nulla di più, e questo ha creato questo genere di incomprensione di fondo. Ma il fatto è che le Mappe sono uno strumento eccezionale per pianificare e, tutto il tempo impiegato per strutturare e organizzare al meglio il proprio processo produttivo, è tempo ben investito.

Diversamente, chi non dedica del tempo a impostare correttamente il proprio lavoro, si trova costantemente sull’onda dell’emergenza e questo conduce inevitabilmente a creare un circolo vizioso che fa crollare la produttività.

Qui mi voglio riallacciare al discorso della misurabilità dell’efficacia fatto prima. Il clima di lavoro, la capacità di risolvere problemi o il miglioramento delle relazioni sono effettivamente parametri soggettivi ed è difficile anche se non impossibile quantificarli. Ma quando si parla di produttività spiccia non penso ci possano essere fraintendimenti. Se hai letto la pagina delle mie referenze, avrai visto che ci sono studenti che dopo un paio di settimane avevano guadagnato due ore al giorno di tempo, faccio fatica ad identificare un parametro più oggettivo di questo.

Ci ha colpito, leggendo le numerose testimonianze nel tuo blog, come tanti manager, professionisti e semplici lavoratori avvertano un profondo senso di disagio lavorando nelle / per le aziende italiane. Poca meritocrazia, scarsa innovazione, disorganizzazione imperante, bassa produttività, clima aziendale negativo paiono piuttosto comuni in Italia. Davvero le Mappe Manageriali possono portare un po’ d’aria fresca in questo scenario?

Che in Italia si lavori mediamente “male” penso sia un dato sotto gli occhi di tutti. Dal punto di vista manageriale siamo decisamente un Paese arretrato, inutile negarlo. Ma questa è anche una grande opportunità per quelle persone che hanno voglia di rimboccarsi le maniche per migliorare la propria situazione e farsi largo nel mondo del lavoro di oggi.

Personalmente sono convinto che le Mappe Manageriali più che un po’ di aria fresca possono portare un vero e proprio tornado nel mondo del lavoro in Italia. Il fatto che finora si sia lavorato male non significa che le cose non si possono cambiare in futuro, d’altronde siamo abituati a cavarcela in un contesto talmente difficile e disorganizzato che, semplicemente aggiustando un pochino il tiro, i miglioramenti sono enormi fin da subito.

Come la maggior parte dei Paesi sviluppati, l’Italia è impegnata in una serie di iniziative e investimenti per sostenere la cosiddetta Industria 4.0, anche in ambito formazione. Come andrebbero sensibilizzate imprese e istituzioni per inserire in agenda programmi di formazione efficaci sulle Mappe Manageriali e sulla produttività personale in genere?

È un discorso molto complesso. Sono convinto che le istituzioni andrebbero sensibilizzate sui benefici della formazione e che molto si potrebbe fare in tal senso. Penso per esempio al dare la possibilità anche ai dipendenti di scaricare dalle tasse i soldi spesi per la propria formazione e di avere un’esenzione IVA quando acquistano un corso. D’altra parte non vivo sulla luna e mi rendo conto che questa è una strada molto lunga perché partiamo da molto ma molto indietro. Giusto per fare un esempio, ricordo ancora la comunicazione di qualche anno fa in cui Equitalia mi contestava la mia spesa per la formazione, a detta loro era troppo alta rispetto a quello che fatturavo. Gli ho spiegato che era un investimento e poi con i numeri gliel’ho dimostrato e la cosa si è chiusa lì.  Ma capisci bene che dire ad un micro-imprenditore: “stai investendo troppo nella tua formazione” dà l’idea di quanto sia difficile fare l’imprenditore o il libero professionista nel nostro contesto.

Sul discorso aziende il ragionamento è più semplice, chi non investe in formazione e innovazione è destinato a scomparire nel brevissimo periodo, il mondo va avanti molto velocemente e chi non rimane al passo diventa obsoleto molto in fretta. Le imprese che non lo hanno ancora capito sono già morte e non lo sanno, non è colpa della crisi ma del fatto che non sono rimaste al passo con l’andamento del mercato. Per le aziende che investono in formazione il mio suggerimento è di considerarla come un processo di cambiamento che deve portare a dare risultati concreti e misurabili!

Questo significa anche mettere in campo azioni contro-intuitive e impopolari, come per esempio coinvolgere e far partecipare anche economicamente i propri dipendenti in questo processo.

Il discorso è che, se da un lato un’azienda sana deve investire nella formazione dei propri dipendenti, dall’altro se i dipendenti non sono motivati a cambiare si rischia solo di buttare soldi e risorse dalla finestra!
Formazione significa cambiamento e la voglia di cambiare non può essere imposta dall’alto se non con grande fatica e spreco di risorse.

Ma qui non vorrei addentrarmi in un argomento troppo complesso e chiudo spendendo due parole su una cosa che mi sta molto a cuore. La responsabilità di formarsi è individuale. Sei tu e nessun altro che ha la responsabilità di mettere tempo e risorse nella tua crescita. Che tu sia un manager o un libero professionista, dovresti dedicare almeno il 10% del tuo tempo e dei tuoi guadagni alla tua formazione. Se sei disposto a farlo, lavorare sulle tue competenze nel medio periodo ti darà un vantaggio competitivo enorme sul mercato, se non lo fai invece diventerai presto obsoleto e inutile sul mercato, so che è brutto da dire così ma questa è la realtà in cui viviamo.

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Armando Martin

Ingegnere elettronico e giornalista pubblicista, si occupa da anni di tecnologie industriali e sistemi di gestione come consulente industriale e direzionale. La sua attività professionale si è distinta per un approccio globale e flessibile ai temi dell’automazione, coniugando aspetti tecnici, scientifici, commerciali e di prodotto. Nel 2016 ha fondato, insieme a Franco Canna, il portale Innovation Post. E’ autore dei libri “Dizionario di Automazione e Informatica Industriale” (2006), “Comunicazione Industriale” (2010), “Misure per l’Automazione” (2012), “Strumentazione e Tecnologie di Misura” (2015), “Il Dizionario dell’Automazione – Le parole dell’innovazione (2016)”, “Industria 4.0, sfide e opportunità per il Made In Italy” (2018).

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