Buone notizie per le professioni informatiche. A darle sono esponenti dell’Università e di AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia che hanno reso noti i dati dell’Osservatorio Competenze Digitali sulle ricerche di personale ICT. Dai numeri emerge che, se è vero che l’emergenza sanitaria del biennio 2020-2021 ha colpito molto la domanda delle professioni informatiche, già nel 2021 si è registrato un importante recupero.
Secondo le rilevazioni relative al primo semestre 2021, la domanda di queste professionalità è infatti risalita nel primo semestre 2021, arrivando a circa 51.700 annunci relativi alle professioni ICT: si tratta di un dato vicino ai 57.000 annunci dei primi 6 mesi del 2019, l’ultimo anno pre-Covid.
Un settore quindi che ha dimostrato resilienza, ma per il quale appare ormai evidente la necessità di investire in maniera mirata anche (e soprattutto) nella formazione.
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La domanda delle professioni dell’ICT
Uno studio focalizzato sulle regioni Lombardia, Lazio e Campania mostra che nel primo semestre 2020 si sono registrate una riduzione degli annunci di ricerca del personale sul Web pari a circa il 21% rispetto al 2019, una contrazione sostanzialmente recuperata nello stesso periodo del 2021, come rileva Mario Mezzanzanica, Pro-Rettore per l’Alta formazione e per le attività del Job Placement e Direttore del Dipartimento di statistica e metodi quantitativi all’università di Milano Bicocca.
Disaggregando questi numeri emergono consistenti differenze territoriali: la domanda al Sud è decisamente inferiore rispetto al Centro e soprattutto al Nord del paese. Lazio e Campania hanno popolazioni di consistenza molto simile ma nel primo semestre 2021 in Campania sono stati pubblicati 1.800 annunci, in aumento rispetto ai 1.700 visti sia nel 2019 sia nel 2020. Questi valori nel Lazio valgono rispettivamente 6.500, 6.100 e 4.900. la Lombardia è non solo più popolata ma ben più “densa” di aziende di ogni tipo e quindi non stupiscono i suoi 17.000 annunci del 2021, leggermente meno dei 17.300 del 2019 ma in netto recupero rispetto ai 13.200 del 2020.
Disaggregando i dati per professione si può vedere che alcune categorie di specialisti ICT hanno resistito alla pandemia e si sono anzi rafforzate.
Nel primo semestre del 2020 sono infatti aumentate (non nello stesso modo nelle 3 regioni considerate) le richieste di professionisti in Governance e processamento dei dati (Big Data specialist, Data Scientist, Cloud Computing Specialist), Gestione e sviluppo di contenuti digitali e Reti e Sicurezza (Information Security Manager e Specialist, Network specialist). Questa crescita settorializzata si è confermata anche nel 2021, che ha però visto il recupero di un po’ tutte le professionalità nei vari settori.
Le professioni che stanno cambiando di più
Il professor Mezzanzanica ha inoltre presentato una ricerca effettuata per la prima volta: l’Indice di Novità delle professioni, un numero che sintetizza i cambiamenti delle competenze digitali nel corso degli anni confrontando il primo semestre 2021 e lo stesso periodo del 2015.
Quest’analisi considera tre quantità: l’andamento dei posti vacanti, le skill aggiunte nel 2021 che erano assenti nel 2015 e la variazione della rilevanza delle competenze presenti sia nel 2015 sia nel 2021.
Le professioni ICT con un tasso di novità più elevato sono risultate essere: esperto in cloud computing, data specialist, solution designer, data scientist (si veda l’immagine in basso) e information security manager.
Le figure professionali che hanno visto i minori cambiamenti nelle loro competenze rispetto al 2015 sono gli account manager, i network specialist, i systems administrator, gli espertio in digital transformation e il personale del service support.
Notiamo esplicitamente che l’Indice di Novità nelle altre professioni mostra che il maggiore aumento delle competenze digitali (cambiamento delle skill superiore al 75%) riguarda i disegnatori elettrici, gli impiegati assicurativi, gli assistenti sociali, gli ingegneri biomedici, i responsabili marchio e gli addetti al montaggio di mobili. Emerge quindi l’importanza di intervenire tempestivamente con programmi e iniziative che evitino ai lavoratori le penalizzazioni connesse al non riuscire a seguire l’evoluzione delle competenze richieste.
L’emergenza pandemica ha spinto la digitalizzazione
Giovanni Adorni, Past President dell’Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico, rileva come l’emergenza sanitaria abbia spronato tutti i settori produttivi e lavorativi verso la digitalizzazione.
Questo, come evidenziato dall’Osservatorio Competenze Digitali, ha spinto verso l’alto la richiesta di figure professionali con skill nell’ICT. La consistente evoluzione delle competenze richieste evidenza però la necessità sia di un attento monitoraggio della domanda sia di tempestivi adeguamenti nei programmi di formazione. Questo per far sì che le aziende riescano ad individuare le figure professionali di cui hanno bisogno e perché possano trovare le persone giuste. Essenziali sono quindi meccanismi di valutazione e certificazione che assicurino a tutti i professionisti, quale che sia la loro occupazione, lo sviluppo di competenze digitali adeguate.
Upskilling e Reskilling: serve una formazione permanente
Anche Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform – Associazione Italiana per l’Information and Communication Technology (ICT) e socio fondatore della Federazione Confindustria Digitale – ha rimarca il valore delle competenze digitali per lo sviluppo dell’Italia.
Occorre però percorrere un doppio binario perché l’educazione digitale si deve rivolgere sia ai giovani sia, tramite reskilling e upskilling, anche ai lavoratori attivi, tenendo in molto conto l’aumento della parità di genere nel mercato del lavoro. È una platea di diversi milioni di cittadini per i quali occorre concepire modelli e programmi formativi su misura, compito non facile che implica sostanziose risorse economiche e la collaborazione con le imprese, che possono indirizzare una formazione che soddisfi i fabbisogni odierni e quelli futuri. I percorsi devono essere scalabili e devono includere le tecnologie digitali nella doppia veste di materia di studio e strumento per l’apprendimento.
Avviare al digitale anche i bambini e investire sui talenti
Paola Generali, Presidente Assintel (è l’associazione nazionale delle imprese ICT e digitali, che aderisce a Confcommercio ed è focalizzata sulle PMI), si dice convinta della necessità di far conoscere il digitale anche agli studenti della scuola primaria. “Le competenze digitali sono la linfa vitale per le aziende del settore ICT e i talenti un capitale prezioso, il vero “motore” dell’innovazione”, dice.
Le grandi imprese possono offrire condizioni in grado di interessarli ma le micro e piccole medie imprese del Made in Italy Digitale, che sono la vera struttura dell’imprenditoria sul territorio, hanno risorse più limitate.
Assintel chiede quindi incentivi che consentano alle MPMI di investire sui talenti e dar loro prospettive competitive di remunerazione e crescita professionale.
Sull’altro versante occorre cambiare in profondità il sistema scolastico, considerato ormai obsoleto, perché gli alunni si possano avvicinare al digitale già a partire dalla scuola primaria e secondaria. Far vedere dei robot ai bambini e mostrar loro il lato più divertente del digitale può essere una maniera per avvicinarli precocemente a questo settore così essenziale della vita, economica ma anche sociale, del Paese. Assintel sta poi lavorando nei territori, insieme alle aziende e alle istituzioni locali, predisponendo percorsi di formazione digitale su figure specifiche e verticalizzate.