Il 94% dei lavoratori è sopraffatto dai dati: i rischi per le aziende nello studio di Oracle NetSuite

Secondo uno studio realizzato da Oracle NetSuite, volto a valutare l’impatto della grande quantità di dati a disposizione delle aziende sui dipendenti, il 94% dei lavoratori si sente sopraffatto dai dati. La ricerca evidenzia come le problematiche legate alla loro gestione siano per i lavoratori un fattore di stress e rischierebbero di compromettere sia il loro processo decisionale che la loro esperienza in azienda. Problematicità che sono state accentuate dal lavoro da remoto. Per far fronte a questo stress, molti lavoratori contano di affidarsi, nei prossimi 12 mesi, a macchine o robot per prendere decisioni cruciali.

Pubblicato il 09 Nov 2021

BigData2


Il 94% dei lavoratori è sopraffatto dalla gestione dei dati: è quanto emerge da un nuovo studio di Oracle NetSuite che sottolinea come la quantità di dati a disposizione dei lavoratori, insieme alle problematiche legate alla loro gestione, sia motivo di stress per i dipendenti, soprattutto quando devono prendere decisioni cruciali al lavoro.

L’indagine – che ha coinvolto un campione di 2,000 persone da Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna, Benelux, paesi nordici e Medio Oriente impiegate in PMI in vari settori – ha evidenziato che le persone, nonostante ritengano di avere a disposizione i dati per svolgere con successo il loro lavoro, si sentono sopraffatte dalla mole di informazioni disponibili.

Per questo, alcuni intervistati stanno pensando di affidarsi a robot o a computer per semplificare il processo decisionale nei prossimi 12 mesi.

La maggior parte dei lavoratori si sente sopraffatto dai dati

Nonostante ritengano di avere tutti i dati necessari per lavorare, quasi tutti i dipendenti italiani che hanno preso parte all’indagine  si sentono sopraffatti dalla quantità di informazioni disponibili, quando si devono prendere decisioni cruciali.

L’indagine ha inoltre evidenziato che:

  • il 90% dei dipendenti italiani ritiene di avere i dati necessari per svolgere il proprio lavoro, ma solamente il 6% dichiara di non essersi mai sentito sopraffatto dalla quantità di dati a propria disposizione
  • il 64% dei dipendenti dichiara che non sempre i dati a cui ha accesso sono significativi, percentuale che sale fino al 78% in Francia e al 76% tra le persone che lavorano nella supply chain e nel procurement
  • il 37% degli interpellati in Italia afferma di avere a disposizione i dati, ma di non poterli analizzare in maniera adeguata e ritiene che questo problema rappresenti una seria minaccia per la propria azienda. Questa percentuale raggiunge il 59% nel Regno Unito

I possibili rischi per il bilancio e la cultura aziendale

Si sta diffondendo sempre di più un approccio alle decisioni basato “sull’intuito” e questo sta avendo impatto negativo sui profitti e su quanto le persone si sentono connesse alle strategie e alla loro azienda.

In particolare, l’indagine ha rilevato che solo il 34% dei dipendenti italiani ritiene che, negli ultimi 12 mesi, la propria organizzazione si stia affidando di più ai dati, mentre il 27% afferma di dipendere maggiormente dalle proprie intuizioni, quando si devono prendere decisioni aziendali cruciali.

Inoltre, solo il 33% dei dipendenti ritiene che la propria organizzazione sia fortemente basata sui dati, quando si tratta di sviluppare una strategia organizzativa.

Un dato allarmante, perché le organizzazioni che sviluppano strategie senza tenere conto dei dati, in media, hanno avuto quasi il doppio delle probabilità (41%) di disattendere le aspettative di crescita nell’ultimo anno, rispetto alle altre (22%).

Inoltre, le organizzazioni che hanno dichiarato di non tenere conto dei dati si aspettano quest’anno una minor crescita dei ricavi (43%) rispetto alla media (54%) e hanno il 22% di probabilità in meno di avere le idee chiare sulla direzione che il loro business sta prendendo.

L’approccio delle aziende nei confronti dei dati influenza pesantemente anche la valutazione del dipendente rispetto alla sua esperienza in azienda (la cosiddetta employee experience). Infatti, solo il 57% dei dipendenti che lavorano in organizzazioni che non tengono conto dei dati ritiene che le proprie decisioni abbiano un impatto sulla crescita aziendale, rispetto alla media, che è l’80%.

Il processo decisionale provoca stress e i dipendenti italiani cercano aiuto

Dall’indagine emerge anche che il lavoro da remoto ha aumentato lo stress e la complessità legati al processo decisionale e le persone stanno pensando sempre di più di affidarsi a macchine o “robot”  per aiutarsi.

Secondo i risultati di questa indagine, i fattori principali che influiscono sulla capacità dei dipendenti di prendere decisioni efficaci sono: gestione del tempo lavorativo (54%), potenziali danni alla reputazione personale (53%) e la disponibilità di informazioni (51%).

Inoltre, le decisioni importanti sul lavoro continuano a preoccupare i dipendenti, tanto che il 70% si sente maggiormente sotto pressione quando si tratta di prendere decisioni cruciali per il lavoro, di quando si tratta di farlo per la propria famiglia. 

Uno stress a cui ha contribuito anche il lavoro da remoto che, secondo il 50% dei dipendenti italiani intervistati, ha avuto un impatto negativo sul processo decisionale, rendendo più difficili le interazioni con i manager. Una percentuale che sale al 65% nel Regno Unito.

Per ridurre questi fattori di stress, il 60% dei dipendenti si aspetta di affidarsi a macchine o robot per prendere decisioni cruciali nei prossimi 12 mesi. Questa percentuale sale al 72% in Germania e all’81% tra coloro che lavorano nelle start up.

Valuta la qualità di questo articolo

C
Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 3