Il 31% delle aziende che investono in formazione conta di superare livelli pre-Covid nel 2023

Un’indagine del Centro Studi Tagliacarne sottolinea il legame tra investimenti in formazione e competitività delle imprese. Tra le 4.000 aziende intervistate, infatti, il 30,7 % delle imprese che stanno investendo in attività formative nel triennio 2022-2024 conta di superare già quest’anno i livelli produttivi pre-Covid, contro il 12,3% di quelle che non lo faranno. I risultati dell’indagine mostrano, inoltre, come il peso del capitale umano risulti determinante per migliorare i risultati degli investimenti realizzati nella duplice transizione.

Pubblicato il 07 Apr 2023

Formazione interaziendale additive manufacturing

Investire nella formazione del personale conviene: accelera la capacità di ripresa produttiva delle imprese e migliora l’efficacia degli investimenti in green e digitale. È quanto emerge da un’indagine del Centro Studi Tagliacarne su un campione di 4.000 imprese tra i 5 e i 499 addetti del settore manifatturiero e dei servizi.

I risultati dell’indagine sottolineano che il 30,7 % delle aziende che stanno investendo in attività formative nel triennio 2022-2024 conta di superare già quest’anno i livelli produttivi pre-Covid, contro il 12,3% di quelle che non lo faranno.

L’effetto “capitale umano” risulta ancora più determinante per migliorare i risultati degli investimenti realizzati nella duplice transizione: il 46,5% delle aziende che stanno accompagnando gli investimenti in digitale e green con quelli formativi prevede di migliorare nel 2023 i risultati produttivi conseguiti nel 2019, contro il 21% di quelle che pur avendo imboccato la strada della duplice transizione non hanno pianificato alcuna attività di formazione.

Tuttavia, nel triennio 2022-2024 è diminuita la quota delle imprese che puntano a formare le proprie risorse umane rispetto al triennio pre-Covid (75,2% contro il 78,6% del 2017-2019).

Imprese giovanili più pronte a formare il proprio capitale umano

Nel complesso, il 75,2% delle imprese realizzerà almeno un’attività di formazione tra il 2022 e il 2024. Una quota che sale al 79,3% nel caso delle imprese guidate da giovani.

La percentuale, al contrario, scende al 73% nel caso delle aziende femminili. Più sensibili sulla formazione, inoltre, appaiono le attività imprenditoriali del Mezzogiorno e del Nord-est (entrambi al 77%) rispetto al resto del Paese.

Più di nove imprese su dieci puntano sull’up-skilling

Tra le diverse tipologie di investimenti formativi programmati dalle imprese entro il 2024 quelle più gettonate sono finalizzate a potenziare le competenze tecnico-professionali del personale, i cosiddetti percorsi di up-skilling (96,9%).

Seguono le attività di re-skilling, cioè a dire di formazione su nuove competenze tecnico-operative (81%), di intrapreneurship per aumentare la responsabilizzazione e la capacità di iniziativa, di innovazioni di processo e di prodotto (58,2%) e di formazione manageriale per lo sviluppo di nuovi modelli di business (47,1%).

E proprio quest’ultima tipologia formativa sembra avere un maggiore impatto sulle aspettative di crescita delle aziende: il 31,8% delle imprese che fanno formazione manageriale prevede di superare i livelli pre-Covid nel 2023, contro il 22,2% di chi non la sceglie.

Effetto PNRR, un’ impresa su tre che investirà in formazione lo farà per la prima volta

Ancora più elevata appare nel complesso la propensione ad effettuare investimenti formativi, nel triennio considerato, da parte di quelle imprese che si sono già attivate nel 2022 per utilizzare le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza: l’89,4% sta puntando tra il 2022 e il 2024 a formare le proprie risorse umane per sfruttare al meglio i vantaggi del PNRR.

E ben il 37,6% di queste aziende investirà in formazione per la prima volta, una quota che scende a quasi il 20% per quelle imprese che non si sono attivate lo scorso anno sul PNRR.

“L’atteggiamento delle imprese sui temi della crescita del capitale umano si è molto evoluto. Fino a pochi anni fa le aziende, in particolare quelle più piccole, non consideravano questo un elemento centrale per lo sviluppo e la formazione era più che altro relegata ad aspetti connessi al funzionamento degli impianti”, commenta Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne.

“L’adozione delle tecnologie 4.0 e green ha invece fatto emergere la stretta complementarità tra crescita del capitale umano e politiche di investimento, in particolare per quanto riguarda le implicazioni di ordine organizzativo aziendale”, aggiunge.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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