Dove nasce l’innovazione: che cosa sono e che cosa fanno i parchi scientifici e tecnologici italiani

Che cosa sono e che cosa fanno i parchi scientifici e tecnologici italiani? Se lo è chiesto la ricercatrice Elena Prodi, ricercatrice del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Ferrara e Adapt Research Fellow, che ha fatto un lavoro di studio e mappatura il network dei parchi scientifici e tecnologici in Italia.

Pubblicato il 22 Apr 2020

Testa_HiTech1

Che cosa sono e che cosa fanno i parchi scientifici e tecnologici italiani? Se lo è chiesto la ricercatrice Elena Prodi, ricercatrice del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Ferrara e Adapt Research Fellow, che ha fatto un lavoro di studio e mappatura il network dei parchi scientifici e tecnologici in Italia. Il report è stato realizzato in collaborazione con APSTI – Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani con una rilevazione realizzata in parallelo alla raccolta periodica di dati dai suoi associati.

La ricerca

“Primo questionario dinamico sui parchi scientifici e tecnologici italiani soci di APSTI” è il titolo della ricerca che ha visto la risposta di venti parchi scientifici e tecnologici soci dell’associazione APSTI. La mappa della ricerca ha coinvolto sei parchi della Lombardia, tre del Friuli Venezia Giulia e un parco per Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Toscana, Liguria, uno del Trentino, uno della Sardegna, due del Piemonte, uno della Campania e il consorzio ART-ER dell’Emilia Romagna. Uno spaccato significativo di una realtà che, in totale, conta oltre quarantacinque parchi diffusi in tutta la penisola. “La ricerca – si legge nel documento – nasce cercando di capire quali sono le capacità progettuali dei parchi di mobilitare e coordinare risorse, di entrare in relazione con i mercati del lavoro locali, nonché di interagire dentro a un più ampio contesto nazionale”.

Gli obiettivi dei parchi

Tra le mission indicate dai parchi il 95% si trova concorde nel “favorire la collaborazione tra grandi e medie imprese e piccole imprese innovative (start-up, spin off)” seguita, con più dell’86% di risposte, dal “trasferimento delle conoscenze scientifiche e tecnologiche da enti di ricerca pubblici e privati verso il sistema delle imprese del territorio”. Il 76% degli intervistati ha indicato come mission “trasferire le conoscenze scientifiche e tecnologiche dall’università verso il sistema delle imprese del territorio”. Quattordici parchi su venti, inoltre, hanno dichiarato che il senso della loro presenza nel territorio di riferimento è anche legato alla creazione di nuove imprese ad alto contenuto tecnologico e far crescere, di conseguenza l’occupazione.

È molto diversificato il parametro che indica il numero di impiegati per ogni parco e le dimensioni di professionisti che lavorano all’interno dei parchi. Il personale delle varie società che gestiscono il parco varia molto da realtà a realtà. Un terzo dei parchi hanno tra 1 e 10 impiegati, 9 parchi impiegano uno staff che oscilla tra le 12 e 45 unità, mentre 4 parchi possiedono uno staff che varia dalle 90 fino alle 200 unità. Per quanto riguarda il numero di lavoratori delle aziende presenti all’interno dei parchi si va da un nucleo minimo di 5-10 persone a oltre 500. La maggior parte dei parchi si attesta, circa la metà, si attesta su un numero che va dalle 250 alle 750 unità.

Istruzione e formazione

Una delle caratteristiche comuni a tutti i parchi è lo stretto dialogo con istituti scolastici, università, enti di ricerca pubblici e privati. Oltre il 65% degli intervistati spiega di avere all’interno del parco laboratori ed enti di ricerca. Il 47% ospita enti di ricerca accademici mentre il 52% di essi accoglie spin-off universitari. Ma questo rapporto va al di là della presenza fisica nel parco e si sviluppo attraverso iniziative, scambio di informazioni, attività che sono alcuni degli elementi di vitalità che si esprimono concretamente grazie alla presenza dei parchi nel territorio.

Elena Prodi
Elena Prodi

L’indagine di Prodi svela che i parchi scientifici interagiscono con le università e la filiera formativa in senso ampio per attrarre giovani studenti e lavoratori di talento verso il parco e le aziende in esso insediate. 3 parchi su 15 ospitano dei corsi di laurea, mentre il 66% di essi sostengono che “i dipendenti e i collaboratori delle imprese e delle start-up/spin-off localizzati nel parco ricoprono anche il ruolo di docenti presso Università del territorio, ma non solo”. In 7 casi su 20 “il direttore o il personale impiegato presso la società di gestione del parco a ricopre incarichi di ricerca e /o docenza presso un’Università”. Ci sono poi 7 parchi coinvolti all’interno di una o più fondazioni ITS del territorio. L’86% dei pst, inoltre, ospita attività di alternanza scuola-lavoro a beneficio dei giovani dei licei e degli istituti delle scuole superiori.

Le collaborazioni più frequenti avvengono con dipartimenti di ingegneria industriale, ingegneria elettrica ed elettronica, ma anche civile e ambientale. Seguono le collaborazioni con i dipartimenti di chimica e scienze del farmaco e quelle con i dipartimenti di scienze economiche, commerciali e statistiche e quelle con i dipartimenti di matematica e informatica. Ci sono poi le aree vocate a settori specifici, come le biotecnologie, le scienze biomediche, le scienze della salute che si concentrano soprattutto in Toscana e nel canavese, dove sono localizzati due importanti poli sulle life sciences. 16 parchi su 20 sostengono di essere multisettoriali, ossia di non concentrarsi su uno specifico settore o tecnologia.

Le specializzazioni

Al primo posto tutte le specializzazioni riconducibili sotto al più ampio cappello dell’ambito medico-farmaceutico e delle scienze della vita. Si tratta peraltro di una area piuttosto specialistica e concentrata in alcuni parchi scientifici e tecnologici italiani e non è invece distribuita più omogeneamente e in maniera diffusa come il settore dell’ICT che si colloca sempre ai vertici delle specializzazioni dei parchi. Come pure il settore terziario in senso lato, dunque comprensivo del turismo, i servizi e le imprese creative e culturali. Seguono gli ambiti della meccatronica e delle nanotecnologie, e, le aree legate ad ambiente e green technology, alimentare, chimica, energia ed edilizia.

Diffusione e produzione

Il network dell’innovazione dei parchi supera i confini nazionali e si allarga al mondo. Le maggiori collaborazioni con la filiera formativa e della ricerca mondiale sono, tra i Paesi europei, con Francia, Belgio, Germania, ma anche e i Paesi dell’area centro-est europea per i parchi dell’area friulana, mentre tra i Paesi extraeuropei, Cina e Stati Uniti ma anche Cile, Brasile, Paraguay. Uno dei fili conduttori che unisce tutti i parchi coinvolti nell’indagine è la tendenza a migliorarsi su più fronti: su quello tecnologico, nelle relazioni con i soggetti insediati, nella tipologia dei servizi offerti, nelle relazioni con il mondo delle imprese e della ricerca. Un sistema in evoluzione, anche attraverso la collaborazione con APSTI, cerca un ruolo strategico nello scacchiere internazionale della rete dei parchi scientifici e tecnologici italiani.

“Non ci sono dubbi – afferma Prodi – che il lavoro produzione di nuova conoscenza realizzato dai parchi scientifici e tecnologici e dagli attori della ricerca rappresenti il cuore dei moderni modelli di produzione e sviluppo dei territori. L’obiettivo a tendere dell’indagine condotta è offrire uno sguardo di prospettiva rispetto alle attuali dinamiche e relazioni che governano una rete di soggetti variegata ed eterogenea per compiti e funzioni. Operativamente, l’intento è consentire alla rete dei parchi di farsi comunità, condividendo risorse, problematiche, buone pratiche e progettualità, nonché di coordinare maggiormente le proprie iniziative, generando ricadute positive sui territori di riferimento”.

“Ogni azione – sottolinea Fabrizio Conicella, presidente di APSTI – si deve basare sulla conoscenza. L’obiettivo della nostra analisi, ed altre sono in corso, era oggettivare una situazione risultato di anni di attività dei diversi Parchi Scientifici parte di APSTI. Passare dalla frammentazione ad una visione di sistema che consentisse di apprezzare non solo il singolo elemento ma il ruolo e l’importanza dell’insieme. Questo abbiamo cercato di fare. Identificare gli elementi comuni in modo oggettivo e le aree di miglioramento. Comprendere quale ruolo i Parchi Scientifici abbiano ricoperto e ricoprano oggi come primo passo per impostare la crescita futura. Anche in un mondo diverso rispetto a pochi mesi fa, sempre più complesso e competitivo possiamo e dobbiamo contribuire alla crescita ottemperando alla nostra missione”.

Valuta la qualità di questo articolo

P
Nicoletta Pisanu

Giornalista, collabora da anni con testate nazionali e locali. Laureata in Linguaggi dei Media e in Scienze sociali applicate all'Università Cattolica di Milano, è specializzata in cronaca.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4