competenze professionali

Digital skills, un Italiano su tre non usa strumenti digitali al lavoro

Un’indagine dell’Istat evidenzia che solo il 37,1% degli occupati in Italia utilizza per almeno metà del tempo lavorativo competenze digitali, una percentuale inferiore alla media europea del 41,2%. Il 32,9% degli occupati in Italia non utilizza mai tali strumenti, rispetto al 27,5% della media UE. Le differenze nell’uso delle digital skills sono particolarmente marcate tra vari gruppi demografici e professionali: i lavoratori più giovani e gli stranieri mostrano percentuali di non utilizzo più elevate. Tra gli ex occupati, il 55% non ha mai utilizzato competenze digitali.

Pubblicato il 07 Giu 2024

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Quasi i due terzi degli occupati in Italia utilizzano competenze digitali nel loro lavoro quotidiano, ma la percentuale di coloro che utilizza questi strumenti per almeno la metà del tempo lavorativo è inferiore rispetto alla media europea (37,1% vs. 42,2%). Inoltre, il 32,9% degli occupati in non utilizza mai tali strumenti, percentuale più alta rispetto al 27,5% della media UE.

Sono alcune delle evidenze che emergono dall’indagine Istat sulle competenze professionali nel mercato del lavoro italiano.

L’analisi, condotta nel 2022, ha coinvolto persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni, sia occupate che non occupate da meno di due anni. I principali risultati di questa indagine forniscono un quadro dettagliato delle diverse attività lavorative, suddivise per quantità di tempo dedicato all’uso di strumentazione digitale, lettura di documentazione tecnica, effettuazione di calcoli complessi, attività fisiche impegnative e relazioni comunicative e formative.

Inoltre, sono stati analizzati aspetti legati alla conduzione del lavoro, come il grado di autonomia, la ripetitività dei compiti e il rigore delle procedure lavorative. L’analisi delle competenze professionali è stata effettuata valutando l’output, ovvero ciò che realmente viene praticato nel contesto lavorativo.

L’indagine ha messo in luce importanti disparità nell’uso delle digital skills tra diversi gruppi di lavoratori. Le differenze sono evidenti anche tra vari gruppi demografici e professionali, con i lavoratori di età compresa tra i 30 e i 44 anni che risultano i più attivi nell’uso delle tecnologie digitali, mentre i giovani e gli stranieri mostrano percentuali di non utilizzo più elevate.

Le competenze digitali sono meno diffuse tra gli ex occupati, una popolazione mediamente più anziana. Il 55% degli ex occupati non ha mai utilizzato competenze digitali nel proprio lavoro, contro il 33% degli occupati attuali. Anche tra i non occupati, coloro che possiedono un’istruzione terziaria hanno utilizzato maggiormente tali competenze (43,4%), sebbene con uno scarto significativo rispetto agli occupati.

Significativo anche quanto emerso dall’analisi del ricorso alle attività di formazione consulenza e comunicazione esterna, significativamente minore tra gli ex occupati che tra gli occupati.

Solo un terzo degli occupati utilizza digital skills

Secondo i dati, il 37,1% degli occupati utilizza apparecchiature digitali per almeno metà del tempo lavorativo, una percentuale inferiore alla media europea del 41,2%. Tuttavia, il 32,9% degli occupati in Italia non utilizza mai tali strumenti, a fronte del 27,5% nella media UE.

La rilevazione mostra significative differenze tra vari gruppi demografici e professionali. I lavoratori di 30-44 anni risultano i più attivi nell’uso delle tecnologie digitali, mentre i giovani tra i 15-29 anni registrano la percentuale più alta di non utilizzo (36,5%). Le donne si distinguono per un uso più frequente delle strumentazioni digitali rispetto agli uomini, con il 42,1% che le impiega per almeno metà del tempo lavorativo contro il 33,4% degli uomini.

Gli impiegati sono i più coinvolti nell’uso massiccio delle tecnologie digitali, con l’80,9% che le utilizza per almeno metà del tempo lavorativo, in particolare coloro che svolgono funzioni di segreteria, gestione di denaro e assistenza clienti. Tra le professioni intellettuali, scientifiche e tecniche, l’uso di digital skills è molto diffuso, con percentuali elevate tra uomini (74,2%) e laureati (67,4%), raggiungendo quasi il 90% tra specialisti in scienze matematiche e ingegneri.

Anche tra legislatori, imprenditori e dirigenti, l’utilizzo delle competenze digitali è elevato, superando il 75% tra dirigenti pubblici e grandi imprenditori, mentre scende sotto il 40% tra piccoli imprenditori. Al contrario, l’uso di tecnologie digitali è raro tra operai, artigiani e agricoltori, con oltre il 90% che dichiara un uso scarso o nullo di pc, tablet e smartphone nel proprio lavoro.

L’indagine evidenzia una forte correlazione tra le competenze cognitive di lettura e di calcolo tra gli occupati nei paesi dell’Unione Europea. In Italia, il 19% degli occupati dedica più della metà del proprio tempo lavorativo alla lettura di documenti e all’effettuazione di calcoli complessi, in linea con la media europea del 19,7%.

Analizzando i dati per livello di istruzione e cittadinanza, emergono rilevanti differenze. Tra coloro che hanno al massimo la licenza media, solo il 4,1% dedica almeno metà del tempo alla lettura e il 3,4% ai calcoli complessi, mentre tra i laureati tali percentuali salgono rispettivamente al 26,3% e al 16,2%.

A livello professionale, meno del 5% di artigiani, operai specializzati e professioni non qualificate nei servizi dedica una significativa parte del tempo alla lettura, rispetto a oltre il 20% tra legislatori, imprenditori e professionisti tecnici. La lettura di manuali e documenti è pressoché assente per il 78,1% delle professioni non qualificate, quota che sale al 91% tra gli stranieri.

Per quanto riguarda i calcoli complessi, solo il 20% degli impiegati, soprattutto quelli con titolo terziario (25,4%), dedica una parte significativa del tempo a queste attività, con percentuali elevate anche tra imprenditori di grandi aziende (23,2%) e ingegneri e architetti (38,8%). Invece, l’86,6% dei lavoratori in professioni non qualificate e il 73% dei conduttori di veicoli e operai semi-specializzati non ricorre mai a calcoli complessi, con quote ancora più elevate tra donne, over 60 e stranieri. Questi dati sottolineano la necessità di migliorare la formazione in competenze cognitive per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro moderno.

Le disparità nelle competenze lavorative tra diversi gruppi di occupati in Italia

La rilevazione ha approfondito anche l’utilizzo di diverse tipologie di competenze, tra cui le competenze fisico-motorie, cognitive e relazionali.

Le evidenze evidenziano che il 37,4% degli occupati utilizza la forza muscolare per almeno metà del tempo lavorativo, un dato superiore alla media UE del 26,5%. La destrezza, che implica movimenti precisi delle dita, è utilizzata dal 23,2% degli occupati, rispetto al 16,8% della media europea. Tali competenze sono più comuni tra gli uomini (41,6% per la forza e 25,3% per la destrezza) rispetto alle donne (31,6% e 20,2% rispettivamente). Inoltre, le persone con un basso livello di istruzione e gli stranieri sono maggiormente impegnati in lavori fisicamente intensivi.

Le competenze relazionali sono diffuse soprattutto tra chi ha titoli di studio elevati: il 47,9% degli occupati dedica almeno metà del tempo lavorativo alla comunicazione, formazione e consulenza, con una media UE del 43,6%. Le interazioni verbali sono più frequenti all’interno delle organizzazioni (36%) rispetto a quelle con persone esterne (28,6%). Gli stranieri e le persone con basso livello di istruzione utilizzano meno frequentemente queste competenze.

L’autonomia lavorativa cresce con l’età e il livello di istruzione: il 44,7% degli occupati ha ampia autonomia nell’organizzare i propri compiti, e il 38,8% nel definire i contenuti del proprio lavoro. L’autonomia è significativamente maggiore tra i laureati e i lavoratori più anziani, mentre gli stranieri mostrano percentuali più basse.

Infine, il 44,2% degli occupati svolge compiti ripetitivi per almeno metà del tempo lavorativo, una percentuale inferiore alla media europea del 48,8%. Le attività ripetitive sono più comuni tra le persone meno istruite, gli stranieri e le donne. I conduttori di veicoli, gli operai semi-specializzati e i lavoratori non qualificati sono tra i più colpiti dalla ripetitività dei compiti, con punte che superano il 60%. Questi dati evidenziano la necessità di politiche formative mirate per migliorare le competenze professionali e ridurre le disparità nel mercato del lavoro.

Il nodo degli ex occupati

La rilevazione Istat ha esaminato anche le competenze degli ex occupati, ovvero persone che hanno smesso di lavorare da meno di due anni. Questa popolazione, mediamente più anziana rispetto agli occupati, mostra una minore familiarità con le competenze digitali: il 55% degli ex occupati non ha mai utilizzato tali competenze nel proprio lavoro, contro il 33% degli occupati. Anche tra i non occupati, le persone con istruzione terziaria hanno utilizzato maggiormente le competenze digitali (43,4%), sebbene con uno scarto di oltre 20 punti percentuali rispetto agli occupati. Gli stranieri, sia tra gli occupati che tra gli ex occupati, mostrano i tassi più bassi di utilizzo delle competenze digitali.

Analoghe tendenze si osservano per le competenze cognitive. Il 55,4% degli ex occupati non ha mai utilizzato competenze di lettura, contro il 34,2% degli occupati, e il 71,4% non ha mai svolto calcoli complessi, rispetto al 53% degli occupati. Gli stranieri e le persone con basso livello di istruzione presentano ancora una volta le percentuali più elevate di non utilizzo di queste competenze.

Per quanto riguarda le attività di formazione, consulenza e comunicazione esterna, gli ex occupati mostrano percentuali di non utilizzo superiori agli occupati, con differenze che vanno dai 10 ai 13 punti percentuali. Tuttavia, l’uso della forza fisica è più frequente tra gli ex occupati rispetto agli occupati, mentre non emergono differenze significative per quanto riguarda la destrezza.

Infine, le differenze nell’uso delle competenze tra occupati ed ex occupati sono maggiormente evidenti nelle classi di età centrali e tra i giovani, soprattutto per quanto riguarda le competenze digitali, cognitive e l’autonomia lavorativa. Tra gli ex occupati, queste differenze possono essere attribuite a esperienze lavorative caratterizzate da precarietà e bassa qualifica. Al contrario, tra le persone più mature, le differenze sono minime, indicando una stabilità nelle competenze utilizzate nella parte finale della carriera lavorativa.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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