Fim-Cisl, formazione per tutti, non solo per il manifatturiero

Pubblicato il 01 Ott 2018

formazione


La formazione è il “chiodo fisso” della Fim-Cisl, l’organizzazione sindacale guidata da Marco Bentivogli, che, in collaborazione con AQCFR, ha realizzato un’indagine su Impiegati e quadri verso il lavoro 4.0 con l’intenzione di guardare anche alla riqualificazione dei lavoratori. L’indagine è stata presentata oggi a Milano, all’Università Milano Bicocca.

“In un momento in cui di lavoro non se ne parla più”, ha spiegato Bentivogli, la Fim Cisl ha deciso di indagare una fascia di lavoratori meno studiata di altre. Impiegati amministrativi e commerciali, tecnici di produzione e di Ricerca e sviluppo soprattutto di grandi aziende, hanno risposto a un questionario di 51 domande che prendeva in esame vari aspetti del loro lavoro dal rapporto con l’azienda, ai sistemi di valutazione, alla relazione con il sindacato e all’impatto delle tecnologie.

Impiegati poco 4.0

Quest’ultimo aspetto ha evidenziato come questa fascia di lavoratori, eccetto i tecnici produzione e in parte gli R&D, si muovano in un ambiente molto poco 4.0. Sap, i gestionali in generale e software specialistici per la ricerca e lo sviluppo sono le tecnologie più utilizzate, mentre cala abbondantemente la loro presenza quando si parla di additive manufacturing e altri strumenti del nuovo paradigma tecnologico. Ancora limitato è infatti l’impatto dell’Intelligenza artificiale, della Realtà aumentata e dei sistemi di calcolo con simulazioni virtuali, che interessano circa il 10% dei lavoratori intervistati.

Nel 13% dei casi, considerando i lavoratori R&D, nell’ultimo anno non ci sono state nuove tecnologie introdotte in azienda che hanno impattato sul loro lavoro. Un dato che scende al 3,4% per la produzione e sale al 16% per gli amministrativi. In generale i lavoratori considerano per il 70% delle risposte la semplificazione come uno degli effetti principali dell’introduzione dell’hi-tech e un altro 70% riconosce che c’è stato un arricchimento delle competenze.

“Tendenzialmente – spiega Emma Garavaglia del dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università Bicocca – la valutazione sull’impatto delle nuove tecnologie è positiva. L’unico accenno negativo riguarda il tema dei ritmi e della velocità di lavoro che sono stati fortemente impattati. In generale non abbiamo registrato di grandi timori anche perché parliamo di impiegati, a parte quelli addetti alla produzione, che non hanno visto un grande afflusso di nuove tecnologie. Comunque risposte positive sono arrivate anche dalla produzione”.

La fabbrica è più avanti

L’indagine fotografa una situazione in cui “la fabbrica è più avanti” con il manifatturiero che presenta una maggiore situazione di strumenti 4.0 e di intelligenza organizzativa e spende anche di più in formazione. I tecnici legati al prodotto infatti fa più ore di formazione rispetto ai colleghi. Un aspetto sottolineato anche da Pietro De Biasi, Head of Industrial Relations di FCA, secondo il quale “se c’è una parte che sta transitando verso il mondo 4.0 è il manifatturiero che ha un punto di partenza importante visto che è la parte più a contatto con il prodotto”.

Una situazione che non ha solo lati positivi, come sottolinea De Biasi che ricorda come si sia arrivati a questa situazione passando per ristrutturazioni che hanno avuto un forte impatto con più crisi nel passaggio da un modello all’altro. E’ un mondo diviso in due con amministrativi e commerciali più a rischio e i tecnici che hanno già fatto un passo avanti. Qualcuno però se ne sta accorgendo, il 26% infatti parla anche di formazione che Bentivogli considera “un diritto fondamentale del lavoratore”. “Il tema vero – prosegue – è quanto viene considerata statica o dinamica la professionalità di un lavoratore”. Nel frattempo da una parte il governo intende concedere la proroga per gli incentivi relativi all’Industria 4.0, ma dall’altra la stessa proroga non viene concessa per la deducibilità delle spese relative alla formazione.

Lo studio, ha aggiunto Bentivogli, dimostra inoltre come il sindacato tradizionale è sempre più inutile, la semplice rivendicazione non intercetta né mette insieme le persone, anche nelle mansioni più manuali serve mettere in campo un sindacato innovativo capace di trovare soluzioni che tengano insieme la protesta con la proposta attraverso nuovi strumenti di rappresentanza come gli smart contract e le nuove tecnologie ma soprattutto serve un sindacato che presidi, certifichi e garantisca il reskill dei lavoratori in qualità e quantità. “La nostra sfida è passare dalla Job protection allo skills development, come asse strategico del sindacato futuro”. Bentivogli infine ha rilanciato l’idea di “Contratto ibrido”, un contratto per ciascun lavoratore che ha una parte collettiva, solidaristica del suo rapporto di lavoro e una quota che ricomprenda aspetti del lavoro che ultimamente riguardano solo la contrattazione individuale in cui spesso il lavoratore è solo e con lo stesso scarso potere contrattuale di un lavoratore autonomo ma senza averne i vantaggi.

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Luigi Ferro

Giornalista, 54 anni. Da tempo segue le vicende dell’Ict e dell’innovazione nel mondo delle imprese. Ha collaborato con le principali riviste del settore tecnologico con quotidiani e periodici

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