Innovazione industriale

Esoscheletri attivi e passivi, ecco come funzionano nelle fabbriche automobilistiche

Tre giganti dell’automotive – Volkswagen, FCA e General Motors – li hanno sperimentati. Ecco come sono andate le sperimentazioni, condotte con il coinvolgimento di Università e Laboratori e il ruolo attivo di Fondazione Ergo nella valutazione ergonomica delle postazioni di lavoro

Pubblicato il 11 Mag 2021

Esoscheletro MATE


Quali vantaggi può portare l’utilizzo degli esoscheletri (attivi o passivi)? Quali sono gli obiettivi in termini di produttività ed ergonomia? Queste sono le domande con cui ogni azienda si confronta prima di decidere se acquistare un dispositivo indossabile che possa ridurre i carichi biomeccanici e la fatica dei lavoratori in fabbrica, a vantaggio, quindi, delle loro condizioni di salute.

Tre grandi imprese del settore automotive quali FCA (attuale Stellantis, dopo la fusione con il Gruppo PSA), General Motors e Volkswagen hanno rivelato i risultati delle loro esperienze, in occasione della prima edizione dell’EAWS International Symposium, il 25 novembre 2020, evento organizzato da Fondazione Ergo, con il contributo della Piattaforma Internazionale EAWS e il network globale One-MTM, dedicato al tema “Esoscheletri ed ergonomia”.

Esoscheletri, la ricerca tedesca e l’attenzione alle postazioni “uomo-centriche”

Era il 2018 quando gli esoscheletri hanno fatto il loro ingresso nelle fabbriche tedesche, allora concepiti come una tecnologia innovativa. Distribuiti in 125 stabilimenti nel mondo, tuttavia, «era difficile analizzarli in modo preciso – spiega Martin Haselhuhn, responsabile dell’Industrial Engineering – non vi erano ancora sufficienti informazioni in merito, per esempio, al livello di maturità raggiunto e agli effetti concreti sui lavoratori. Le aspettative erano alte, gli esoscheletri avrebbero dovuto permettere una diminuzione delle assenze, degli investimenti, un sollievo fisico dei lavoratori, oltre alla possibilità di reintrodurre gli operatori con ridotte abilità».

Obiettivo generale era, partendo da un focus specifico sull’applicazione “uomo-centrica” degli esoscheletri, trovare strumenti che consentissero di analizzarne in modo adeguato l’utilizzo, standardizzare le procedure così da garantire qualità e possibilità di compararli, aumentare l’efficienza incoraggiando sinergie tra i brand e gli stabilimenti.

Tra gli esoscheletri valutati da un gruppo di ricercatori e diverse figure aziendali, c’è stato Laevo, per gli arti superiori, testato direttamente sulle linee di Assemblaggio, Logistica e Press Shop e con il coinvolgimento di 52 lavoratori. Il sondaggio finale ha fatto emergere, da una parte, vantaggi, quali l’effettivo sollievo nello svolgimento delle attività statiche e facilità di utilizzo, dall’altra una poco confortevole vestibilità, soprattutto durante la movimentazione manuale dei carichi. Anche dai test in laboratorio, i risultati sono stati positivi (sollievo di oltre il 60% a livello vertebrale, leggera pressione sulle ginocchia) e non (aumento della pressione sul torace).

In generale, se benefici e requisiti sono stati ben definiti, non sono, però, evidenti effetti terapeutici ed economici, né l’adeguatezza per lavoratori con mobilità limitata o disabilità, così come alcuni aspetti fondamentali sono ancora irrisolti, soprattutto a livello ergonomico. È fondamentale arrivare a una evidenza scientifica che dimostri la necessità degli esoscheletri in un nuovo design “uomo-centrico” delle postazioni di lavoro.

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Esoscheletri, MATE riduce la percezione della fatica per il 94% dei lavoratori di FCA che lo indossano

Chiara Carnazzo, Exoskeleton Project Global Responsible in Fiat Chrysler Automobiles, propone un esempio di applicazione concreta di MATE (Muscolar Aiding Tech Exoskeleton), esoscheletro passivo sviluppato da IUVO (azienda spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna) e prodotto e commercializzato da Comau. «Abbiamo testato 25 dispositivi in 6 stabilimenti italiani, per un totale di 84 postazioni di lavoro, 135 operatori volontari tra con un’età media tra i 36 e i 55 anni e 805 ore di utilizzo. Introdurre gli esoscheletri ha portato diversi vantaggi, tra cui una riduzione di sforzi fisici, con conseguente miglioramento in qualità e produttività, flessibilità di utilizzo tra i plant e invecchiamento attivo», spiega la Carnazzo.

I test hanno previsto l’analisi di tre attività (mantenere una postura statica, movimentare i carichi manualmente, svolgere un’azione di precisione), al fine di valutare i potenziali benefici dei dispositivi e raccogliere dati. In ognuno dei sei stabilimenti, quindi, sono stati selezionati vari operatori, i quali avrebbero indossato l’esoscheletro per una settimana, per un numero crescente di ore, previa formazione adeguata. Il follow-up dell’ultimo giorno ha fatto emergere suggerimenti e riflessioni in merito alla percezione dell’esoscheletro indossato, oltre a quanto l’operatore possa essere concretamente aiutato nello svolgimento dei suoi compiti.

I risultati sono stati positivi: il 94% dei lavoratori ha riconosciuto un beneficio nella percezione della fatica in posizioni statiche, l’81% nello svolgimento di compiti di precisione ed è stato rilevato un miglioramento del tempo di svolgimento di attività del 56% e 37% rispettivamente nelle linee di Assemblaggio e Pittura. Coinvolgere gli operatori nella fase di test e selezionare il compito o la postazione di lavoro adeguata è stato fondamentale per applicare in modo corretto ed efficace gli esoscheletri, sviluppati prestando attenzione alla vestibilità (ovvero, il tempo impiegato per indossarli in autonomia), al peso e la traspirazione dei materiali, all’eventuale interferenza con il prodotto da assemblare o la postazione di lavoro.

«Mirafiori, in particolare – specifica la Carnazzo – è stato uno tra gli stabilimenti coinvolti nell’ideazione e applicazione degli esoscheletri, che ha previsto quattro fasi: il coinvolgimento degli operatori (ovvero gli utilizzatori finali), il design dell’esoscheletro in base alle loro necessità, un brainstorming collettivo e la creazione “pratica” del dispositivo. È seguito, quindi, un test presso l’ErgoLab, laboratorio presente all’interno dello stabilimento, in cui i lavoratori hanno svolto alcuni compiti con e senza esoscheletro, al fine di stimare quanti ne percepiscono un effetto positivo, valutare i benefici in termini di performance e ricevere suggerimenti per lo sviluppo di nuovi prototipi».

In questo contesto, è molto importante sottolineare che sia Volkswagen che FCA hanno introdotto nei loro stabilimenti, oltre agli esoscheletri, anche il sistema ergonomico EAWS (Ergonomic Assessment Work-Sheet). Sviluppato da un gruppo di esperti internazionali provenienti dal mondo della medicina del lavoro, della biomeccanica e dell’ingegneria industriale e diffuso in Italia da Fondazione Ergo, EAWS valuta il carico biomeccanico su postazioni sia esistenti sia in fase di progettazione – questo consente di agire preventivamente per ridurre il rischio di disturbi muscoloscheletrici per gli operatori.

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Esoscheletro IUVO

Gli esoscheletri nelle fabbriche General Motors: le prime analisi

Anche il gruppo americano General Motors può vantare un’esperienza nel campo degli esoscheletri, sia attivi (il guanto IronHand), che passivi (ExoS, per agevolare le attività con carico sulle spalle).

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Il guanto IronHand

«IronHand è stato implementato nel 2018, con una prima fase di test che ha coinvolto varie linee (dall’Assemblaggio, alla Movimentazione Carichi, allo Stampaggio), cicli e volontari – affermano Robert Fox e Ryan Porto, specialisti di Ergonomia – e abbiamo raccolto i dati dopo 500 ore di utilizzo (gli operatori hanno alternato 8 ore con il dispositivo a 8 ore senza), 1000 cambi di turni e quasi 500 mila cicli, con particolare attenzione al movimento “afferrare”. I riscontri dei lavoratori hanno fornito utili indicazioni di miglioramento, soprattutto a livello di funzionalità, indossabilità e durata, e hanno fatto emergere riflessioni in merito all’afferrabilità di piccole parti con i guanti, il costante cambiamento di compiti, oltre alle attività che più si prestano ad essere eseguite con il supporto del guanto».

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ExoS

Anche l’introduzione di ExoS ha previsto un’importante fase di test. Per identificare il migliore supporto passivo, è stato necessario prima definire, in ogni plant, i compiti con una durata significativa a carico dei gomiti in posizioni di braccia alzate. Sono stati, quindi, testati sulle linee di Assemblaggio 80 dispositivi tra USA, Canada e Brasile – anche in questo caso, ai volontari è stato chiesto di indossare il dispositivo per 8 ore e toglierlo per altrettante.

I dati sono stati elaborati anche ricorrendo a simulazioni con la tecnica del Motion Capture e, al termine della sperimentazione, sono emerse non poche questioni relative tanto al processo (il gruppo americano produce un’ampia gamma di veicoli, ogni plant è “strutturato” in modo diverso, alcune linee prevedono una rotazione di compiti) quanto al prodotto (tra cui la personalizzazione del dispositivo, in costante cambiamento e aggiornamento). I test, interrotti a causa del Coronavirus, sono comunque ancora in svolgimento.

MATE, il primo esoscheletro a superare la prova EAWS 

In che modo l’utilizzo di sistemi esoscheletrici possa effettivamente ridurre il carico biomeccanico per i lavoratori, in virtù della loro assistenza al movimento? È stata questa domanda, una tra le principali nell’ambito degli esoscheletri industriali, ad originare il progetto di ricerca ESO-EAWS, “pionieristico” in quanto affronta una delle principali barriere alla diffusione massiva degli esoscheletri nel settore industriale.

Lo ha presentato Francesco Violante, professore del Dipartimento di Medicina e Scienze Chirurgiche presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, uno tra gli enti che ha preso parte attiva allo studio, insieme a Fondazione Ergo, il Laboratorio di Ingegneria del Sistema Neuromuscolare (LISiN) del Politecnico di Torino, oltre a IUVO, che ne è stato promotore.

Concluso ad aprile 2020 dopo un anno di lavoro, ESO-EAWS ha consentito di mettere in relazione l’investimento economico in tecnologie indossabili a supporto del lavoro manuale con i benefici in termini di riduzione del livello di fatica (pari al 30%) e, conseguentemente, con il miglioramento della qualità del lavoro per gli operatori e il ritorno economico per l’azienda. Inoltre, un’attenzione particolare è stata dedicata all’impatto del modello di calcolo del carico biomeccanico del sistema EAWS generato dall’utilizzo di MATE – «Gli esoscheletri sono strumenti di sostegno a progetti strutturali di riduzione degli sforzi che derivano solo dalla progettazione sistematica delle linee di montaggio e dei processi di lavoro», aggiunge Violante.

Video: come funziona MATE, l’esoscheletro di Comau realizzato con IUVO e Ossur

I risultati del progetto hanno permesso a Fondazione Ergo di sviluppare un protocollo scientifico di certificazione per gli esoscheletri industriali unica e focalizzata sul sistema EAWS – il form ESO-EAWS 1.3.6, sviluppato a seguito del progetto, consente, infatti, di calcolare la riduzione del punteggio di valutazione ergonomica delle attività lavorative manuali ottenibile proprio grazie all’utilizzo di un esoscheletro passivo certificato.

La certificazione è, ora, disponibile per tutti i produttori di esoscheletri passivi per gli arti superiori. Fondazione Ergo sta, inoltre, lavorando allo sviluppo di protocolli scientifici per valutare anche altre famiglie di esoscheletri.

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Fondazione Ergo

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