Economia digitale, l’OCSE: “Società mai così dipendenti dalle tecnologie: crescono le opportunità, ma anche le sfide”

Il nuovo rapporto dell’OCSE sull’economia digitale ha sottolineato l’accelerazione che la pandemia ha dato alla digital transformation, in particolar modo al ruolo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale e Big Data. Aumentata anche la richiesta di connettività, alla quale i governi stanno cercando di rispondere con strategie mirate. Lo sviluppo delle tecnologie porta con sé nuove opportunità, ma anche sfide relative alla sicurezza digitale, alla privacy e all’esacerbarsi di disuguaglianze già presenti. Per affrontarle, il Rapporto suggerisce un Quadro di Politica Integrata Digitale articolato in 7 filoni strategici.

Pubblicato il 27 Nov 2020

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La pandemia ha amplificato tutti gli aspetti della trasformazione digitale nei vari Paesi dell’OCSE, aumentando la domanda di connettività e sottolineando l’importanza di tecnologie come l’Intelligenza Artificiale e i Big Data, ma anche le sfide connesse al loro utilizzo e al rischio dell’aumento del divario tra le varie componenti sociali: sono queste le tendenze individuate dal nuovo Rapporto OCSE sulle prospettive dell’economia digitale nei Paesi membri.

Il rapporto “Digital Economy Outlook 2020“, giunto alla terza edizione, ha come finalità quella di fornire una panoramica olistica delle tendenze, degli sviluppi politici e dei dati relativi alla domanda e all’offerta dei servizi e delle tecnologie digitali nei Pesi membri. Inoltre, sottolinea come la trasformazione digitale stia influenzando le economie e le società, con un’attenzione speciale su come la pandemia stia amplificando le opportunità e le sfide della trasformazione digitale.

L’epidemia ha amplificato tutti gli aspetti della trasformazione digitale

“Mai prima ogni aspetto della nostra società è stato così dipendente dalla tecnologia“, si legge nel rapporto, che sottolinea come la pandemia abbia cambiato l’utilizzo delle tecnologie digitali in tutti i Paesi: il telelavoro, l’apprendimento a distanza e il commercio elettronico sono aumentati in tutta l’OCSE, così come l’adozione degli strumenti digitali nelle imprese.

I governi, le imprese e il mondo accademico sono stati rapidi nel cogliere il potenziale dell’Intelligenza Artificiale (AI) per contribuire alla risposta alla crisi, ma è emersa anche la necessità di una strategia tempestiva e sicura, e di un accesso affidabile ai dati, sia a livello nazionale che transnazionale. Grazie alla pandemia, sottolinea il rapporto, la condivisione e la collaborazione globale dei dati ha raggiunto livelli senza precedenti.

“Le tecnologie digitali hanno aiutato le nostre economie e le nostre società ad evitare un arresto completo durante la crisi di COVID-19, e ci hanno permesso di saperne di più sul virus, di accelerare la ricerca di un vaccino e di seguire lo sviluppo della pandemia”, commenta Ulrik Vestergaard Knudsen, Vice Segretario Generale dell’OCSE.

Tuttavia, la pandemia ha anche fatto emergere nuove sfide, come la crescente domanda di connettività (soprattutto di reti ultra rapide) e ha messo a nudo i divari digitali esistenti, rafforzando la necessità di un approccio più inclusivo alla trasformazione digitale. Con il telelavoro e lo sviluppo ulteriore dell’e-commerce, inoltre, l’epidemia ha creato un ambiente fertile per gli attacchi informatici.

Le strategie adottate per guidare la digital transformation

Per rispondere a queste sfide, i Pasesi dell’OCSE stanno adottando approcci strategici nello sviluppo delle politiche che guidano questa trasformazione digitale.

Trentaquattro paesi dell’OCSE hanno una strategia nazionale digitale per migliorare il coordinamento delle politiche ai più alti livelli di governo, soprattutto nel contesto delle tecnologie emergenti: entro la metà del 2020, infatti, 24 Paesi OCSE si erano dotati di una strategia nazionale di Intelligenza Artificiale, con una forte enfasi sull’adozione e sulle competenze.

Negli ultimi 3 anni, inoltre, molti Paesi OCSE hanno sviluppato strategie nazionali relative all’adozione del  5G e strategie di sicurezza informatica, anche se persistono disuguaglianze tra i Paesi per l’estenzione di queste strategie digitali nazionali, mancanza di un budget indipendente e di strumenti di valutazione.

La connettività continua a migliorare, ma occorre fare di più

Negli ultimi 8 anni, è continuato a migliorare lo sviluppo delle reti a banda larga nei Paesi OCSE. Il numero degli abbonamenti ai servizi di fibra ottica ad alta velocità e a banda larga è più che raddoppiato, ed è salito ad almeno il 50% in 9 Paesi OCSE: nel 2009 si registravano 32 abbonamenti ogni 100 abitanti, un dato che nel 2019 è salito a 113 abbonamenti ogni 100 abitanti.

Aumentato anche l’utilizzo dei dati per singolo abbonamento, che dal 2014 è quadruplicato, raggiungendo nel 2018 un valore di 4,6 GB per utente. Si è registrato anche un aumento degli abbonamenti per gli smartphone (+21% nel 2017-18), mentre i prezzi dei piani che utilizzano servizi di banda larga e ultra larga sono diminuiti del 59% dal 2013.

Si punta sempre di più sul 5G, che a metà del 2020 era disponibile in località selezionate di 22 Paesi OCSE, mentre diversi operatori hanno annunciato lo “spegnimento” delle reti wireless legacy (ad es. reti wireless 2G/3G).

Permangono, tuttavia, grandi disparità di connettività tra i Paesi: ad esempio, la quota di fibra negli abbonamenti alla banda larga fissa varia dall’82% della Corea e dal 79% in Giappone a meno del 5% in Austria, Belgio, Germania, Grecia, Israele e Regno Unito.

Inoltre, si riscontrano disparità soprattutto tra le aree urbane e quelle rurali: nel 2018, solo il 52% delle famiglie nelle zone rurali in Europa aveva accesso alla banda larga fissa con velocità di almeno 30 Mbps, rispetto all’83% delle famiglie di altre aree. Per il Canada, la differenza è del 72% nelle zone rurali, contro il 94% delle altre aree e negli Stati Uniti il rapporto è 74%  contro il 93,5%.

Per soddisfare l’impennata di richesta di connettività, provocata dalla pandemia (alcuni Internet provider hanno riscontrato un aumento del 60% del traffico), e la natura mutevole della domanda, il rapporto raccomanda alcune azioni chiave per i governi, gli operatori e i regolatori. I governi dovrebbero:

  • assicurare che gli operatori di rete e i fornitori di contenuti abbiano accesso alla catena di fornitura delle attrezzature e mantenere un accesso controllato e prioritario ai data center;
  • concedere agli ingegneri degli operatori di rete e dei fornitori di contenuti la mobilità necessaria a mantenere la funzionalità del nucleo e delle reti di accesso ed essere ancora in grado di collegare le case dei clienti;
  • liberare temporaneamente ulteriori frequenze o approvare transazioni commerciali temporanee di spettro radio tra fornitori, che mettono in servizio frequenze inutilizzate per alleviare la congestione delle reti della telefonia mobile.

Per gli operatori, invece, il Rapporto consiglia di:

  • anticipare l’aumento della domanda e prevenire la congestione potenziando la capacità di interconnessione con altri fornitori, anche per un ulteriore scambio diretto di traffico tra le reti;
  • tracciare gli indicatori chiave di performance dell’infrastruttura Internet come il Domain Name System, in particolare quando sono forniti esternamente

Per i regolatori, invece, il Rapporto consiglia di stimolare i fornitori di banda larga a diffondere più fibra ottica nelle reti a medio termine e, ove possibile, eliminare gradualmente le tecnologie xDSL.

Cresce l’uso di Internet, ma non in tutta la popolazione

Cresce notevolmente il numero di persone che naviga sul Web: nel 2019, il dato degli adulti che ha utilizzato Internet oscilla (nei vari Paesi) tra il 70% e il 90%, con un ruolo dominante degli smartphone per l’accesso a Internet. Aumenta anche il tempo che si spende online, che è salito a una media 30 minuti al giorno nel periodo 2014-19.

In particolare, cresce l’utilizzo tra i più giovani: l’età del primo accesso a Internet è diminuita in quasi tutti i Paesi OCSE negli ultimi anni. Nel 2018 si è riscontrato che il 24% dei quindicenni dell’area OCSE ha avuto accesso a Internet per la prima volta all’età di 6 anni o meno, rispetto a solo il 15% nel 2012.

Inoltre, nel 2018 gli studenti dei Paesi OCSE di età compresa tra i 15 e i 16 anni hanno trascorso in media 27 ore alla settimana su Internet, al di fuori della scuola, un dato che tuttavia varia in modo significativo tra i vari Paesi,

Permangono tuttavia differenze nell’utilizzo per fascia di età o livello d’istruzione. Ad esempio, solo il 58% degli individui di età compresa tra i 55 e i 74 anni ha utilizzato Internet frequentemente nel 2019 , in aumento rispetto al 30% del 2010, ma ancora ben al di sotto della quota degli utenti giornalieri nella fascia compresa tra i 16 e i 24 anni (quasi del 95%).

Nel 2018, solo il 40% degli adulti nei paesi dell’OCSE con un basso o nessun livello di istruzione formale ha utilizzato Internet per interagire con le autorità pubbliche, rispetto all’80% di coloro che hanno un’istruzione terziaria. Persiste il divario anche tra grandi e piccole imprese: ad esempio, nel 2019 il commercio elettronico rappresentava il 24% del fatturato economico delle grandi imprese, ma solo il 10% di quello delle piccole imprese.

Competenze digitali cruciali per avere opportunità migliori

Un divario digitale che è causato ed alimentato soprattutto dal gap di competenze tra i vari segmenti della società, che si traduce in diverse opportunità lavorative e una diversa qualità della vita. Infatti, le persone con competenze digitali superiori hanno maggiori opportunità: riescono a sfruttare meglio Internet per la formazione, per trovare più facilmente un lavoro e per accedere ai servizi sanitari.

Al contrario, le persone poco qualificate utilizzano Internet più per i servizi chat e di entertainment, con il rischio di amplificare le disuguaglianze esistenti e di minare il loro benessere.

Per progettare politiche che colmino il divario digitale, il rapporto sottolinea il ruolo importante dei governi, che devono comprendere quali tipi di competenze aiutano le persone ad ottenere il massimo da Internet e quanto sono importanti tali competenze in relazione ad altri fattori determinanti.

In particolare, nel mercato del lavoro sempre più importanti diventano le competenze trasversali (come l’alfabetizzazione, la matematica e capacità di problem solving), necessarie per i lavoratori di qualsiasi settore industriale per prosperare in un’economia globale digitale e interconnessa.

Big Data, AI e IoT creano nuove opportunità, ma anche nuove sfide

L’utilizzo dei dati (sia che vengano venduti a terzi sia che vengano utilizzati dalle aziende per pubblicizzare o personalizzare i propri prodotti ) è diventato parte integrante dei modelli di business dei Paesi OCSE.

In media, il 12% delle imprese dell’OCSE nel 2017 ha utilizzato l’analisi dei Big Dati, dato che sale fino al 33% tra le grandi imprese. I social media sono stati la fonte principale, con i loro dati utilizzati dalla metà delle aziende che hanno effettuato Big Data analitycs nel 2017.

Tutti i paesi dell’OCSE e diverse economie partner hanno strategie volte a migliorare l’accesso e la condivisione dei dati del settore pubblico. Solo un pochi (Australia, Germania, Giappone, Singapore, Stati Uniti) hanno anche iniziative per facilitare la condivisione dei dati all’interno di il settore privato.

Sale anche l’interesse per le tecnologie dell’Intelligenza Artificiale, dell’Internet of Things, della blockchain e del quantum computing. A metà del 2020, oltre 60 paesi avevano una strategia nazionale di Intelligenza Artificiale. Tra le aree prioritarie vi sono quelle relative alla ricerca e sviluppo (R&S) per Canada, Stati Uniti, Commissione Europea, all’adozione di AI (Finlandia, Germania, Corea), e le competenze in questo ambito (Australia, Finlandia, Regno Unito, Stati Uniti).

Tecnologie che offrono a imprese e consumatori nuove opportunità (più scelta e più personalizzazione dei prodotti), ma che allo stesso tempo pongono nuovi rischi per la sicurezza, la privacy e la protezione dei dati e possono discriminare alcuni gruppi sociali, come le donne e le minoranze etniche.

Rischi di cui i Paesi sono ben consapevoli: già nel 2019, oltre l’80% dei paesi dell’OCSE ha segnalato l’Intelligenza Artificiale e i Big Data come le più grande sfide alla privacy e alla protezione dei dati personali, seguite da vicino dell’Internet of Things e dalla biometria.

Proprio per questo (e per l’utilità dell’analisi dei dati e dell’Intelligenza Artificiale nella lotta alla pandemia), i governi stanno attuando politiche di sensibilizzazione sulla privacy e sui quadri di protezione dei dati, rafforzandone l’applicazione, promuovendo al contempo la responsabilità dei controllori dei dati. I Paesi dell’OCSE stanno anche cercando soluzioni politiche per affrontare i problemi della sicurezza digitale e incentivare le buone pratiche.

Il Quadro di Politica Integrata Digitale per rispondere alle sfide emergenti

Per rispondere a tutte queste sfide e per evitare che il processo di digital transformation esasperi le disuguaglianze sociali, li Rapporto presenta un “Quadro di Politica Integrata Digitale” (dall’inglese, Going Digital Integrated Policy Framework), con strategie condivise, per guidare i Paesi dell’OCSE e i partner nella digital transformation.

Il quadro di riferimento comprende sette dimensioni politiche interconnesse:

  • accesso, con interventi ed investimenti mirati alle infrastrutture, in particolar modo quelle necessarie alle reti a banda larga. Investimenti che arriveranno maggiormente da privati, ma che devono essere sostenuti anche dai governi, con interventi che stimolino la competitività del mercato, snellendo le procedure (semplificando i requisiti di licenza, eliminando l’incertezza normativa e facilitando l’accesso efficiente ai diritti di passaggio) e rendendo i dati accessibili alle imprese. Le politiche governative dovranno, inoltre, prestare particolare attenzione alle regioni meno sviluppate per ridurre il gap di connettività;
  • uso, con azioni mirate a favorire la partecipazione dei singoli e delle imprese alla società, come lo sviluppo dei servizi di digital government, supporto alle imprese per investimenti nelle tecnologie ICT, politiche di trasformazione del mercato del lavoro che stimolino il dinamismo delle imprese e interventi mirati a promuovere e sostenere la trasformazione digitale delle PMI;
  • innovazione, attraverso azioni mirate a favorire la nascita di nuove imprese e con politiche dedicate alle PMI, politiche che rimuovono le barriere alla del mercato, fondi alla ricerca in campo di R&D (research and development) e focalizzandosi sugli Open Data della pubblica amministrazione;
  • lavoro, con politiche mirate a promuovere il passaggio dalle professioni in declino a quelle emergenti (attraverso il giusto equilibrio tra mobilità e flessibilità dei lavoratori tra i vari settori dell’economia), a garantire la stabilità del mercato e a puntare sull’educazione e la riqualificazione dei lavoratori. Inoltre, i governi dovrebbero ridurre il rischio di discriminazione tra le diverse forme di occupazione, garantendo la neutralità della regolamentazione, dei sistemi fiscali e dei regimi previdenziali;
  • società, con azioni mirate a colmare il divario con le categorie sociali che più rischiano di essere lasciate indietro (donne, anziani, e persone con basso reddito). Per fare ciò, servono politiche volte a sviluppare le competenze di base in tutta la società, ad esempio facilitando l’accesso all’istruzione per gli adulti. Inoltre, i governi possono utilizzare i dati per implementare politiche che promuovano il benessere della società, come nella sanità e nell’ambiente, ma anche coinvolgendo i privati nella lotta ai rischi sociali, quali cyber bullismo e disinformazione;
  • fiducia, che prevede politiche di gestione del rischio per tutelare la privacy e la sicurezza digitale dei singoli cittadini (e con politiche mirate alla tutela dei consumatori) e delle imprese;
  • apertura del mercato, con interventi mirati a stimolare la competitività, la flessibilità del mercato e la cooperazione internazionale in questi ambiti, riducendo le barriere agli scambi commerciali (soprattutto nel campo dei servizi digitali), attirando investimenti dall’estero in tecnologie digitali e infrastrutture per le comunicazioni e promuovendo una collaborazione oltre i confini anche in materia di tasse.

Per sfruttare i benefici e affrontare le sfide della trasformazione digitale occorre, secondo il Rapporto, il coordinamento di tutte le politiche identificate dal quadro di riferimento. Esse richiedono anche la considerazione di questioni politiche trasversali (ad esempio, il genere, le competenze, il governo digitale e la governance dei dati), che abbracciano le sette dimensioni. Tutte le dimensioni della politica devono essere considerate congiuntamente, per far funzionare la trasformazione digitale, per crescita e il benessere dei Paesi.

Il quadro intende, inoltre, fornire i giusti strumenti ai Paesi per aiutarli a bilanciare le politiche su ognuno degli aspetti considerati, tenendo conto delle particolarità di ciascun Paese. “Siamo a un punto di svolta nella trasformazione digitale, e la forma delle nostre economie e delle nostre società post-Covid dipenderà da come riusciremo a progredire e a ridurre queste divisioni”, sottolinea Knudsen.

Il Rapporto completo

Per tutti i dettagli relativi ai dati e agli interventi citati, potete consultare il Rapporto completo, disponibile a seguito, in versione Pdf.

OECD_Digital_Economy_2020_under_embargo_compressed (1)

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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