INCENTIVI

Ecco la bozza del decreto attuativo del piano Transizione 5.0: tutti i dettagli e le novità previste

In anteprima l’attesissimo decreto attuativo del piano Transizione 5.0 con tutti i dettagli su come fruire dell’incentivo: dalle definizioni di struttura produttiva e processo interessato all’ammorbidimento delle esclusioni per il principio DNSH, dalla definizione dello scenario controfattuale alla definizione dei limiti alla spesa per i pannelli fotovoltaici e i sistemi di accumulo, fino al nuovo elenco dei soggetti abilitati alla certificazione. In arrivo anche le linee guida e l’apertura della piattaforma del GSE.

Pubblicato il 10 Giu 2024

transizione50

Dopo una lunga attesa – circa 100 giorni – il Governo si appresta a varare il decreto attuativo del piano Transizione 5.0. Dopo aver visionato la bozza che il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha inviato al vaglio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, siamo in grado di anticiparvi le novità più rilevanti contenute nella norma, mentre abbiamo scelto di non pubblicare il testo del decreto proprio perché non può ancora essere considerato definitivo (è altamente probabile che alcuni punti subiscano ancora delle modifiche). Si tratta in ogni caso di un documento estremamente interessante che, con i suoi 23 articoli e 3 allegati, dissipa diversi dubbi.

La prossima pubblicazione del decreto rappresenterà un passo fondamentale per l’operatività della norma, anche se non ancora l’ultimo: c’è infatti da attendere il prossimo rilascio (a giorni) della circolare contenente le linee guida, che ci attendiamo chiarisca fino in fondo gli ultimi punti non ancora chiarissimi della disciplina, e un ulteriore decreto che renderà operativa la piattaforma del GSE.

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AGGIORNAMENTO – Dopo aver letto questo articolo, che resta una lettura fondamentale ed estremamente utile, potete leggere le novità introdotte nella versione finale del decreto attuativo che trovate in quest’altro articolo del 4 luglio.

Le definizioni

Impresa di nuova costituzione

Le prime cose interessanti appaiono già nelle definizioni, a partire da quella di impresa di nuova costituzione che, come è noto, per la misurazione del risparmio energetico conseguito potrà far riferimento a uno scenario controfattuale anziché alla misurazione dei consumi registrati nell’anno precedente.

La definizione di impresa di nuova costituzione include le

imprese attive ovvero che hanno variato sostanzialmente i prodotti e servizi resi da meno di sei mesi dalla data di avvio del progetto di innovazione;

dunque non soltanto le nuove imprese, ma anche quelle che hanno sostanzialmente modificato  prodotti e servizi da meno di sei mesi.

Struttura produttiva e processo interessato

I risparmi devono essere calcolati con aliquote differenti a seconda che ci si riferisca alla “struttura produttiva” o al solo “processo interessato” dall’investimento.

La struttura produttiva viene definita come

sito costituito da una o più unità locali o stabilimenti insistenti sulla medesima particella catastale o su particelle contigue, finalizzato alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, avente la capacità di realizzare l’intero ciclo produttivo o anche parte di esso, ovvero la capacità di realizzare la completa erogazione dei servizi o anche parte di essi, purché dotato di autonomia tecnica, funzionale e organizzativa e costituente di per sé un centro autonomo di imputazione di costi.

Il processo produttivo è invece definito come

insieme di attività correlate o interagenti integrate nella catena del valore – che includono procedimenti tecnici, fasi di lavorazione ovvero la produzione e/o distribuzione di servizi – che utilizzano delle risorse (input del processo) trasformandole in un determinato prodotto e/o servizio o in una parte essenziale di essi (output del processo)

Si tratta, in quest’ultimo caso, di una definizione relativamente ampia, che lascia all’impresa un certo margine per definire in autonomia il perimetro da prendere in esame.

Le date importanti

La rilevanza dell’ordine per l’avvio dei progetti

Il piano vale, come sappiamo, dal 1 gennaio 2024 al 31 dicembre 2025.

Quanto alla data di partenza, il decreto attuativo sancisce formalmente che

Per data di avvio del progetto di innovazione si intende la data del primo impegno giuridicamente vincolante ad ordinare i beni oggetto di investimento, ovvero qualsiasi altro tipo di impegno che renda irreversibile l’investimento stesso, a seconda di quale condizione si verifichi prima

A rilevare, per i progetti 2024, è dunque la data di effettuazione dell’ordine che deve essere successiva al 1 gennaio 2024.

Per quanto riguarda invece la conclusione degli investimenti, viene operata una distinzione. Per gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali (beni trainanti) vigono le regole dell’articolo 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (il TUR). Per le rinnovabili (investimento trainato) rileva invece data di fine lavori dei medesimi beni. Per la formazione (anch’esso investimento trainato) rileva la data di rilascio dell’attestato finale del risultato conseguito.

La comunicazione ex post dovrà essere inviata “in ogni caso entro il 28 febbraio 2026”.

Una sola pratica alla volta

Una delle novità più rilevanti contenute nel decreto è che potrà essere attiva una sola pratica alla volta per ciascuna impresa. Qualora il progetto di innovazione faccia riferimento a due o più processi interessati, occorrerà allora prendere come riferimento l’intera struttura produttiva.

Soltanto una volta che la pratica sarà chiusa (con la comunicazione ex post e l’OK del GSE oppure con la rinuncia o la decadenza), l’azienda potrà aprire una nuova pratica.

Il plafond annuale

Il limite dei 50 milioni, stando alla bozza del decreto attuativo, è annuale.

Per consentire alle imprese di fruire al massimo del doppio plafond per il biennio, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha pensato di consentire alle imprese di considerare chiuse al 31/12/2024 anche le pratiche che si concluderanno entro il 30 aprile 2025, a condizione che entro il 31/12/2024 sia stato versato un acconto pari almeno al 50% dell’ammontare degli investimenti.

Questo è tuttavia un punto sul quale è ancora in corso una interlocuzione tra MIMIT e MEF.

Linea morbida sulle esclusioni relative al DNSH

Come anticipato ai nostri microfoni a fine maggio da Raffaele Spallone, sul DNSH passa la linea morbida.

Per quanto riguarda le attività che rientrano nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) sono infatti previste due esclusioni: in primo luogo sono consentiti investimenti in quelle attività che “non hanno un impatto diretto sui consumi energetici relativi a flussi di fonte che rientrano nel piano di monitoraggio della CO2 dell’attività d’impresa”. Ma anche le attività che che rientrano nel piano di monitoraggio sono ammesse “a condizione che le emissioni dirette di gas ad effetto serra previste al completamento del progetto di innovazione siano inferiori alle emissioni verificate nell’esercizio precedente all’avvio del medesimo  progetto, al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono le emissioni”. C’è però un limite: restano non ammissibili gli investimenti in impianti con intensità emissiva più alta dell’80mo percentile.

Anche per quanto riguarda le esclusioni connesse alla produzione di rifiuti speciali è prevista un’eccezione analoga: sono infatti ammessi quei progetti di innovazione che “non comportano un incremento dei rifiuti speciali pericolosi generati per unità di prodotto” oppure “sono volte a siti industriali che non producono più del 50% in peso di rifiuti speciali pericolosi destinati allo smaltimento”.

Il calcolo del risparmio

Il risparmio si calcola

confrontando la stima dei consumi energetici annuali conseguibili per il tramite degli investimenti complessivi in beni materiali e immateriali nuovi di cui all’articolo 6 con i consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello di avvio del progetto di innovazione, in relazione alla struttura produttiva o al processo interessato dall’investimento. La riduzione dei consumi energetici è calcolata con riferimento al medesimo bene o servizio reso, assicurando una normalizzazione rispetto ai volumi produttivi e alle condizioni esterne che influiscono sulle prestazioni energetiche, operata attraverso l’individuazione di indicatori di prestazione energetica caratteristici della struttura produttiva ovvero del processo interessato dall’investimento.

Come anticipato, nel caso in cui il progetto di innovazione abbia ad oggetto investimenti in più di un processo produttivo occorre fare riferimento ai consumi energetici della struttura produttiva.

Se non si dispone di dati energetici registrati per la misurazione diretta, i consumi energetici relativi all’esercizio precedente a quello di avvio del progetto di innovazione sono determinati tramite una stima operata attraverso l’analisi dei carichi energetici basata su dati tracciabili.

Lo scenario controfattuale

Per le imprese di nuova costituzione, per cui non esiste uno scenario reale di riferimento, occorre considerare uno scenario controfattuale.

Il decreto spiega che l’impresa dovrà individuare “rispetto a ciascun investimento nei beni di cui all’articolo 6, almeno tre beni alternativi disponibili sul mercato, riferito agli Stati membri dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo, nei cinque anni precedenti alla data di avvio del progetto di innovazione”.

Una volta individuati i tre beni di riferimento (che chiaramente saranno quelli con i consumi più alti possibili), occorrerà calcolare la “media dei consumi energetici medi annui dei beni alternativi individuati per ciascun investimento”.

A quel punto, sommando questa media per ciascun bene oggetto di investimento, si otterrà lo scenario controfattuale, cioè il riferimento per calcolare il risparmio garantito dall’investimento reale.

Prendiamo per esempio un processo composto (per semplicità) da un macchinario. Supponiamo che le tre macchine alternative consumino in media d’anno rispettivamente 390, 400 e 410 MWh. La media sarà 400 MWh. Se il sistema da noi scelto consuma 350 MWh, avremo un risparmio sul processo di 50 MWh, pari al 12,5%.

Se il processo è composto da più macchinari, occorrerà fare lo stesso per tutti i macchinari e calcolare il risparmio sul processo complessivo.

Le linee guida di prossima pubblicazione dovrebbero comunque contenere diverse casistiche ed esempi concreti.

Le rinnovabili

Sul tema delle rinnovabili, il decreto chiarisce che le spese che si possono portare nel montante ammesso all’incentivo sono, oltre oltre ai moduli (nel caso del fotovoltaico) e ai sistemi di stoccaggio, già citati nel decreto legge, anche i servizi ausiliari e i trasformatori. Precisamente sono inclusi

  • i gruppi di generazione dell’energia elettrica;
  • i servizi ausiliari di impianto;
  • i trasformatori posti a monte dei punti di connessione della rete elettrica, nonché i misuratori dell’energia elettrica funzionali alla produzione di energia elettrica;
  • gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta.

Il dimensionamento degli impianti viene determinato considerando una producibilità massima attesa, al netto dei consumi dei servizi ausiliari, che non ecceda del 5% il fabbisogno energetico della struttura produttiva (cioè sia al massimo pari al 105% del fabbisogno).

Novità importante è che i beni devono essere allacciati alla rete dei produttori di energia “entro un anno dalla data di completamento del progetto di innovazione”.

Nell’allegato 1 viene inoltre fornita la tabella che permette di convertire le unità di misura delle diverse fonti rinnovabili in tonnellate equivalenti di petrolio (TEP)

I limiti

Il decreto attuativo indica poi, come previsto da una modifica alla norma primaria introdotta  durante il percorso di conversione in legge del Decreto Legge 19 del 2 marzo 2024, i limiti economici per la fruizione dell’incentivo sulle rinnovabili per autoconsumo e sui sistemi di stoccaggio.

Per quanto riguarda i sistemi di stoccaggio l’importo riconosciuto è pari a 900 € per kWh . Per esempio un sistema di stoccaggio da 100 kWh pagato 100.000 euro può essere inserito solo per un valore di 90.000 euro.

Per quanto riguarda invece i sistemi di generazione, il decreto prevede una tabella che differenzia sia la tipologia di fonte rinnovabile, sia la “taglia” dell’impianto.

La formazione

Anche per l’altro investimento trainato, quello della formazione, ci sono delle novità importanti.

Viene in particolare definito l’elenco delle attività ammesse, che sono raggruppate in due elenchi, uno dedicato alle attività inerenti la formazione su aspetti legati alla transizione green e l’altro relativo alla formazione sulla transizione digitale.

I progetti formativi devono essere di durata non inferiore a 12 ore e dovranno sempre includere almeno un modulo formativo da almeno 4 ore su una di queste quattro “materie”:

  • Integrazione di politiche energetiche volte alla sostenibilità all’interno della strategia aziendale
  • Tecnologie e sistemi per la gestione efficace dell’energia
  • Analisi tecnico-economiche per il consumo energetico, l’efficienza energetica e il risparmio energetico
  • Impiantistica e fonti rinnovabili (produzione e stoccaggio energie da fonti rinnovabili)

e almeno un modulo formativo da almeno 4 ore su

  • Integrazione digitale dei processi aziendali
  • Cybersecurity
  • Business data analyitcs
  • Intelligenza artificiale e Machine learning

L’elenco completo delle competenze su cui è possibile fare formazione è il seguente:

Sono ammesse le spese relative ai formatori, cioè

  • i soggetti accreditati per lo svolgimento di attività di formazione finanziata presso la Regione o Provincia autonoma in cui l’impresa ha la sede legale o la sede operativa
  • le università, pubbliche o private, ed enti pubblici di ricerca
  • i soggetti accreditati presso i fondi interprofessionali secondo il regolamento CE 68/01 della Commissione del 12 gennaio 2001
  • i soggetti in possesso della certificazione di qualità in base alla norma Uni En ISO 9001:2000 settore EA 37
  • i Competence Center
  • gli European Digital Innovation Hubs
  • le ITS Academy negli ambiti green e digitale

Sono inoltre ammessi

  • i costi di esercizio relativi ai formatori e al personale dipendente, nonché per i titolari di impresa e soci lavoratori, partecipanti alla formazione, direttamente connessi al progetto di formazione, quali le spese di viaggio, i materiali e le forniture con attinenza diretta al progetto, l’ammortamento degli strumenti e delle attrezzature per la quota da riferire al loro uso esclusivo per il progetto di formazione, ad esclusione delle spese di alloggio diverse dalle spese di alloggio minime necessarie per personale con disabilità;
  • i costi dei servizi di consulenza connessi al progetto di formazione;
  • le spese di personale dipendente, nonché dei titolari di impresa e soci lavoratori, partecipanti alla formazione e le spese generali indirette per le ore durante le quali i partecipanti hanno seguito la formazione.

La procedura per ottenere il credito d’imposta

Per accedere al beneficio l’impresa deve inviare una comunicazione preventiva al GSE all’avvio del progetto di innovazione. Questa comunicazione deve contenere tutte le informazioni necessarie per identificare il beneficiario, il progetto stesso (inclusi data di avvio e completamento), gli investimenti agevolabili e l’importo del credito d’imposta potenzialmente spettante, insieme alla certificazione ex ante.

Entro cinque giorni il GSE, dopo aver verificato la correttezza dei dati e la completezza della documentazione, comunica all’impresa l’importo del credito d’imposta prenotato, nei limiti delle risorse disponibili. Se i dati o i documenti risultano incompleti o errati, il GSE richiede integrazioni entro dieci giorni, e se queste risultano idonee, comunica l’importo del credito d’imposta prenotato entro altri cinque giorni.

Se le risorse non sono immediatamente disponibili, la comunicazione preventiva si considera comunque trasmessa. Una volta che le risorse diventano disponibili, il GSE informa l’impresa, che deve confermare il contenuto della comunicazione preventiva entro dieci giorni. Successivamente, il GSE comunica l’importo del credito d’imposta prenotato entro cinque giorni dalla conferma.

Dopo aver ricevuto conferma della prenotazione del credito, l’impresa deve inviare comunicazioni periodiche in relazione all’avanzamento del progetto di innovazione. La prima di queste deve avvenire entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione dell’importo del credito d’imposta prenotato: l’impresa deve comunicare di aver pagato almeno il 20% del costo di acquisizione dei beni.

Una seconda comunicazione (vedremo se rimarrà, come accennato sopra) va fatta entro il 31 dicembre 2024 per attestare il pagamento di almeno il 50% del costo di acquisizione e garantirsi che il progetto rientri nel plafond del 2024 se il progetto sarà completato entro il 30 aprile 2025.

In relazione alle comunicazioni periodiche il GSE, entro cinque giorni dalla ricezione, verifica la correttezza dei dati e la completezza della documentazione e trasmette all’impresa la conferma dell’importo del credito d’imposta prenotato o, se necessario, il nuovo importo ridotto. Se ci sono errori o documenti incompleti, il GSE richiede integrazioni che devono essere fornite entro dieci giorni.

Una volta completato il progetto di innovazione, e comunque entro il 28 febbraio 2026, l’impresa deve inviare una comunicazione di completamento contenente tutte le informazioni necessarie per identificare il progetto completato, inclusa la data di effettivo completamento, l’ammontare agevolabile degli investimenti effettuati e l’importo del credito d’imposta, insieme a ulteriori certificazioni.

Entro dieci giorni dalla presentazione della comunicazione ex post, il GSE verifica i dati e la documentazione e comunica all’impresa l’importo del credito d’imposta utilizzabile in compensazione, che non può superare l’importo prenotato. Se i dati sono errati o incompleti, vengono richieste ulteriori integrazioni.

Dopo altri dieci giorni il credito d’imposta è utilizzabile, esclusivamente in compensazione. Può essere utilizzato da subito, in una o più quote, fino al 31 dicembre 2025. L’ammontare non utilizzato entro questa data va utilizzato in cinque quote annuali di pari importo.

In caso di mancato invio delle comunicazioni o delle integrazioni nei termini previsti, la procedura per la fruizione del credito d’imposta non si perfeziona.

Infine, come accennato, la comunicazione preventiva può essere trasmessa solo per strutture produttive che non hanno altri progetti di innovazione in corso o che hanno già completato progetti precedenti con credito d’imposta già comunicato dal GSE: la regola, come dicevamo sopra, è di una pratica alla volta.

Comunicazione ex ante valida anche per Transizione 4.0

Nel caso in cui un’azienda non dovesse portare a compimento il percorso che porta alla fruizione del credito d’imposta previsto dal piano Transizione 5.0, una volta chiusa quella pratica potrà dirottare le proprie attenzioni sul piano Transizione 4.0 senza dover ripetere la comunicazione di avvio degli investimenti (ex ante) già prodotta per il piano Transizione 5.0. In tal caso, si legge nel decreto attuativo,

Gli obblighi previsti dall’articolo 1, comma 1062, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, in relazione alle fatture e agli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati si intendono assolti con il rispetto degli obblighi di cui all’articolo 19, comma 3, del presente decreto.

Si amplia l’elenco dei soggetti abilitati alla certificazione

Il decreto legge si limitava a considerare abilitati al rilascio delle certificazioni tecniche unicamente gli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE) certificati da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11339 e le Energy Service Company (ESCo) certificate da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11352.

Il decreto attuativo amplia le categorie di soggetti titolati a produrre le certificazioni includendovi gli organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi di almeno uno dei seguenti standard di accreditamento nella loro versione in vigore:

  • UNI CEI EN ISO/IEC 17029;
  • UNI EN ISO 14065;
  • UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1, specificatamente per lo standard UNI CEI EN ISO 50001:2018;
  • UNI CEI EN ISO/IEC 17024, specificatamente per lo standard UNI CEI 11339;
  • UNI CEI EN ISO/IEC 17065, specificatamente per lo standard UNI CEI 11352;

Non solo: sono titolati anche gli ingegneri iscritti nelle sezioni A dell’albo professionale in possesso dei seguenti diplomi di laurea:

  • L07 Lauree in Ingegneria Civile e Ambientale;
  • L09 Lauree in Ingegneria Industriale;
  • LM20 Lauree Magistrali in Ingegneria Aerospaziale e Astronautica;
  • LM22 Lauree Magistrali in Ingegneria Chimica;
  • LM23 Lauree Magistrali in Ingegneria Civile;
  • LM25 Lauree Magistrali in Ingegneria dell’Automazione;
  • LM28 Lauree Magistrali in Ingegneria Elettrica;
  • LM29 Lauree Magistrali in Ingegneria Elettronica;
  • LM30 Lauree Magistrali in Ingegneria Energetica e Nucleare;
  • LM33 Lauree Magistrali in Ingegneria Meccanica;
  • LM34 Lauree Magistrali in Ingegneria Navale.

Come si può notare, i primi due sono laureati triennali, mentre gli altri nove sono laureati magistrali.

Tutti i soggetti devono essere in possesso dei “requisiti di professionalità” nonché di “indipendenza, imparzialità e onorabilità” e pertanto dovranno dichiarare “di non trovarsi in alcuna delle situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale, ai sensi della vigente normativa in materia e di non aver riportato condanne penali”.

Un’ulteriore nota va fatta in materia di perizia per la parte 4.0. Occorrerà attestare “le caratteristiche tecniche dei beni tali da includerli negli elenchi di cui agli allegati A e B annessi alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, e l’interconnessione degli stessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura”. Le modalità sono quelle già note: perizia o attestazione di conformità sopra i 300.000 euro oppure autodichiarazione del legale rappresentante se il valore dei beni è inferiore.

Il decreto specifica che il soggetto che fa la perizia per la componente dei beni “4.0” può essere anche lo stesso che segue la pratica relativa al progetto di innovazione, naturalmente se titolato a farlo.

Controlli già dalla comunicazione ex ante

Novità anche sul fronte dei controlli.

Nel ribadire che il soggetto che si occuperà sia delle verifiche documentali sia dei controlli sul campo sarà il GSE, il decreto attuativo prevede che

Il GSE effettua, sulla base di un idoneo piano di controlli, verifiche documentali e controlli in loco in relazione a ciascun progetto di innovazione, a partire dalla trasmissione della comunicazione preventiva

I controlli dunque non scatteranno soltanto a procedura ultimata, ma potrebbero essere avviati, per quanto possibile, già dopo la prenotazione, ad esempio per la verifica del calcolo del risparmio stimato.

Il periodo di osservazione

Il decreto inoltre ribadisce quanto previsto già dal decreto legge 19 in merito al cosiddetto “periodo di osservazione”, cioè che le aziende non possono alienare i beni prima del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di completamento del progetto di innovazione.

Ma aggiunge che il medesimo periodo di osservazione vale anche per gli obiettivi di risparmio energetico: in altre parole, i minori consumi devono essere mantenuti per cinque anni.

Laddove questi requisiti dovessero venire meno, l’impresa sarà tenuta a restituire l’incentivo “entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo d’imposta in cui si verificano le suddette ipotesi”. Se non lo fa, oltre alla restituzione dell’incentivo sarà tenuta anche al pagamento di interessi e sanzioni.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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