Digitalizzazione, secondo l’indice Desi 2020 l’Italia è ancora quartultima in Europa (e ultima per competenze)

In fatto di digitalizzazione l’Italia si conferma tra i fanalini di coda dell’Europa: secondo l’indice Desi 2020 elaborato dalla Commissione Europea il Belpaese è venticinquesimo in Europa collocandosi in una posizione migliore solo di Romania, Grecia e Bulgaria. E sul capitale umano l’Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi ed è addirittura ultima in Europa.

Pubblicato il 11 Giu 2020

digital_europe


In fatto di digitalizzazione l’Italia si conferma tra i fanalini di coda dell’Europa: secondo l’indice Desi 2020 elaborato dalla Commissione Europea il Belpaese è venticinquesimo in Europa collocandosi in una posizione migliore solo di Romania, Grecia e Bulgaria.

Il Digital Economy and Society Index monitora una serie di parametri per misurare il livello di digitalizzazione dei paesi europei in cinque macro aree: connettività (vale il 25% dell’indice), competenze digitali (vale il 25% dell’indice), uso di Internet da parte dei singoli (vale il 15% dell’indice), integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese (vale il 20% dell’indice) e servizi pubblici digitali (vale il 15% dell’indice).

Sulle competenze digitali e il capitale umano purtroppo l’Italia è addirittura ultima. Ma andiamo con ordine e iniziamo a vedere i dati dell’indice Desi 2020 nel loro insieme, per poi arrivare al focus sull’Italia.

Desi 2020, situazione generale in lento miglioramento

Quest’anno tutti gli Stati membri hanno evidenziato progressi in tutti i principali settori misurati dall’indice. Ma – rileva la Commissione – gli Stati dovrebbero “intensificare gli sforzi volti a migliorare la copertura delle reti ad altissima capacità, assegnare lo spettro 5G per consentire il lancio commerciale dei servizi 5G, migliorare le competenze digitali dei cittadini e digitalizzare ulteriormente le imprese e il settore pubblico”.

La Vicepresidente esecutiva Margrethe Vestager ha dichiarato: “La crisi Covid-19 ha dimostrato quanto sia fondamentale che i cittadini e le imprese siano collegati e in grado di interagire tra loro online. Continueremo a collaborare con gli Stati membri per individuare gli ambiti che necessitano di maggiori investimenti affinché tutti gli europei possano beneficiare dei servizi e delle innovazioni digitali.”

Thierry Breton, Commissario per il Mercato interno, ha aggiunto: “I dati che pubblichiamo oggi dimostrano che, ora più che mai, l’industria si avvale di soluzioni digitali. Dobbiamo garantire che lo stesso facciano le piccole e medie imprese e che le tecnologie digitali più avanzate si diffondano in tutta l’economia.”

Nell’ambito del piano per la ripresa dell’Europa, adottato il 27 maggio 2020, l’indice Desi dovrà guidare l’analisi specifica per paese a sostegno delle raccomandazioni sul digitale formulate nel contesto del semestre europeo. Ciò aiuterà gli Stati membri ad orientare le rispettive esigenze in termini di riforme e investimenti e a definirne le priorità, facilitando in tal modo l’accesso al dispositivo per la ripresa e la resilienza, la cui dotazione è di 560 miliardi di euro. Il dispositivo fornirà agli Stati membri i fondi necessari a rendere le loro economie più resilienti e a garantire che gli investimenti e le riforme sostengano le transizioni verde e digitale.

Desi 2020: i Paesi nord-europei sono i più digitalizzati

Secondo l’indice Desi 2020 Finlandia, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi sono i quattro Paesi in cima alla classifica per quanto riguarda le prestazioni digitali globali all’interno dell’UE, seguite da Malta, Irlanda ed Estonia.

Negli ultimi cinque anni però i progressi più significativi sono stati realizzati dall’Irlanda, seguita da Paesi Bassi, Malta e Spagna. Questi paesi hanno anche conseguito risultati nettamente superiori alla media dell’UE sulla base del punteggio del Desi 2020.

Poiché la pandemia ha avuto un forte impatto su ciascuno dei cinque aspetti esaminati dal Desi, la Commissione sottolinea che i risultati del 2020 dovrebbero essere letti alla luce delle numerose misure adottate dalla Commissione e dagli Stati membri per gestire la crisi e sostenere la ripresa. Gli Stati membri hanno adottato provvedimenti volti a ridurre al minimo il contagio e a sostenere i sistemi sanitari, ad esempio introducendo applicazioni e piattaforme intese a facilitare la telemedicina e coordinare le risorse sanitarie. Anche la Commissione è intervenuta, adottando ad esempio una raccomandazione relativa a un pacchetto di strumenti comuni dell’Unione per l’uso della tecnologia e dei dati al fine di contrastare la crisi Covid-19 e uscirne, in particolare per quanto riguarda le applicazioni mobili e l’uso di dati anonimizzati nelle app di tracciamento. Su richiesta della Commissione, l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) ha iniziato a monitorare il traffico Internet per evitare una congestione della rete.

La digitalizzazione non è ancora a misura di PMI

Passando in rassegna le cinque aree che compongono l’indice Desi 2020, la Commissione sottolinea che “la connettività è migliorata, ma occorre fare di più per rispondere a esigenze in rapida crescita”. 

Nel 2019 – anno a cui fa riferimento l’indice 2020 – il 78 % delle famiglie aveva un abbonamento per servizi a banda larga fissa, percentuale in aumento rispetto al 70 % di cinque anni fa, e quasi tutta la popolazione europea è servita dalle reti 4G. Solo 17 Stati membri hanno però già assegnato lo spettro all’interno delle bande pioniere 5G (cinque in più rispetto all’anno scorso). Finlandia, Germania, Ungheria e Italia sono i paesi più avanzati in termini di preparazione al 5G. Il 44 % delle famiglie dell’UE dispone di reti fisse a banda larga ad altissima capacità.

Per quanto riguarda le competenze digitali sono necessari ulteriori progressi, soprattutto perché la crisi Covid-19 ha dimostrato che, per accedere a informazioni e servizi, è fondamentale che i cittadini possiedano competenze digitali adeguate. Gran parte della popolazione dell’UE (il 42 %) non è tuttora in possesso di competenze digitali di base. Nel 2018 circa 9,1 milioni di persone nell’UE lavoravano come specialisti TIC, 1,6 milioni in più rispetto a quattro anni fa. Il 64 % delle imprese di grandi dimensioni e il 56 % delle PMI che hanno assunto specialisti TIC nel 2018 hanno riferito di aver incontrato difficoltà nel coprire i posti vacanti per tali professionalità.

Sebbene durante la pandemia sia stato registrato un forte aumento dell’uso di Internet, si tratta di una tendenza preesistente alla crisi: l’85 % delle persone utilizza Internet almeno una volta alla settimana (rispetto al 75 % del 2014). L’uso delle videochiamate è l’attività che ha registrato l’aumento più netto, passando dal 49 % degli utenti di Internet nel 2018 al 60 % nel 2019. Anche le operazioni bancarie e gli acquisti via Internet sono più diffusi che in passato e sono utilizzati rispettivamente dal 66 % e dal 71 % degli utenti di Internet.

Le imprese sono sempre più digitalizzatesoprattutto quelle di grandi dimensioni: il 38,5 % fa già affidamento su servizi cloud avanzati e il 32,7 % ha riferito di utilizzare l’analisi dei Big Data. Tuttavia la stragrande maggioranza delle PMI ancora non si avvale di tali tecnologie digitali: infatti solo il 17 % utilizza servizi cloud e solo il 12 % l’analisi dei Big Data. Per quanto riguarda il commercio elettronico, solo il 17,5 % delle PMI ha venduto prodotti o servizi online nel 2019, con un leggerissimo aumento (di 1,4 punti percentuali) rispetto al 2016. Nel 2019, invece, il 39 % delle imprese di grandi dimensioni si è avvalso delle vendite online.

È stata infine osservata una crescente tendenza all’uso dei servizi pubblici digitali nei settori dell’amministrazione online e della sanità elettronica, che permette a governi e imprese di aumentare l’efficienza e i risparmi, oltre a migliorare la trasparenza e rafforzare la partecipazione dei cittadini alla vita politica. Il 67 % degli utenti di Internet che nel 2019 hanno trasmesso moduli alla pubblica amministrazione utilizza ora i canali online (erano il 57% nel 2014), dimostrando così la comodità del ricorso ai servizi basati sulle TIC rispetto alle procedure cartacee. I paesi che in questo settore hanno fatto registrare le prestazioni migliori sono l’Estonia, la Spagna, la Danimarca, la Finlandia e la Lettonia.

L’Italia ultima per “capitale umano”

Rispetto all’anno precedente l’Italia migliora (di poco) in tutti i parametri: la connettività passa da 12 a 12,5; il capitale umano da 8,01 a 8,11; l’uso di Internet da parte dei singoli da 6,25 a 6,67; l’integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese da 6 a 6,25; e i servizi pubblici digitali da 9,29 a 10,1.

I dati 2019 su cui è basato l’indice Desi 2020 mostrano però un’Italia in posizione buona (terzo posto assoluto) solo in termini di preparazione al 5G, in quanto sono state assegnate tutte le bande pioniere e sono stati lanciati i primi servizi commerciali. Ma qui finiscono le buone notizie.

Il rapporto evidenzia invece gravi carenze per quanto riguarda la dimensione “capitale umano”. In questa specifica dimensione, di cui fanno parte le competenze di base per l’uso di internet da parte della popolazione e le competenze più avanzate, l’Italia è ultima in Europa. Scendendo nel dettaglio, l’Italia è ultima per numero di laureati nelle discipline dell’ICT, ma anche in tutte le altre sottodimensioni è parecchio al di sotto della media UE.

Queste carenze in termini di competenze digitali si riflettono nel modesto utilizzo dei servizi online, compresi i servizi pubblici digitali. Solo il 74% degli italiani usa abitualmente Internet.

Sebbene il paese si collochi in una posizione relativamente alta nell’offerta di servizi pubblici digitali (egovernment), il loro utilizzo rimane scarso. Analogamente, le imprese italiane presentano ritardi nell’utilizzo di tecnologie come il cloud e i big data, così come per quanto riguarda l’adozione del commercio elettronico.

Quanto all’uso delle tecnologie digitali da parte delle imprese, l’Italia occupa la ventitreesima posizione in Europa.

Il rapporto dà però atto all’Italia degli sforzi fatti durante la pandemia. L’Italia ha infatti “adottato numerose iniziative in ambito digitale per far fronte alla crisi Covid-19. Il governo ha adottato un pacchetto di misure volte a rispondere all’aumento del consumo di servizi di comunicazione elettronica e di traffico di rete. Agli ospedali pubblici sono state fornite connessioni Wi-Fi gratuite. Il governo ha anche rivolto la propria attenzione alle scuole, promuovendo la diffusione di strumenti e piattaforme digitali, la fornitura di dispositivi agli studenti meno abbienti e l’accesso a connessioni ultraveloci e ai servizi connessi. Sono state introdotte procedure semplificate per agevolare l’acquisto di beni e servizi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni”.

Diverse iniziative – si legge nel rapporto – “hanno riguardato l’uso dei dati per contrastare la pandemia. Il governo ha inoltre invitato il settore privato e le associazioni a offrire i loro prodotti o servizi a titolo gratuito e ad aiutare i cittadini, i professionisti e le imprese a proseguire le rispettive attività”.

Quanto al futuro, con riferimento agli indicatori Desi particolarmente rilevanti per la ripresa economica dopo la crisi Covid-19, l’Italia è molto avanti sul fronte del 5G, ma è in ritardo in termini di diffusione delle reti ad altissima capacità (VHCN). I risultati conseguiti dal paese sono limitati per quanto riguarda le competenze digitali e la digitalizzazione delle imprese, così come resta modesto l’uso dei servizi pubblici digitali.

Valuta la qualità di questo articolo

Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4