Dai sensori alla manutenzione predittiva, i primi 50 anni di IFM nel segno di Industria 4.0

In cinquant’anni la piccola azienda avviata dai due amici è diventata un gruppo industriale con 7.000 dipendenti che punta verso il miliardo di euro di fatturato, e si tra trasformando da fornitore di componenti a fornitore di sistemi.

Pubblicato il 11 Nov 2019

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Cinquant’anni fa, quando IFM (ingenieurgesellschaft für messtechnik) venne fondata a Tettnang, una cittadina non lontana dal Lago di Costanza, Industria 4.0 era ancora di là da venire, e neppure le menti più visionarie l’avevano ancora ipotizzata, eppure la sensoristica era già un elemento importante per molte aziende. Tanto è vero che IFM nasce dalla geniale intuizione di un giovane ingegnere, Robert Buck, che inventa un innovativo sensore di prossimità a induzione e insieme a Gerd Marhofer, esperto uomo di marketing, fonda una società per commercializzarlo.

Cinquant’anni dopo, la piccola avventura imprenditoriale avviata dai due amici è diventata un gruppo industriale con 7.000 dipendenti che punta verso il miliardo di euro di fatturato, attivo in 85 Paesi tramite 45 sedi locali, con un portfolio di prodotti che si è mano a mano allargato dai sensori di posizione e di processo a quelli per il motion control e alle soluzioni per la sicurezza. E se il 70% del portfolio prodotti è sviluppato e prodotto in Germania, stabilimenti in Asia e USA aiutano l’azienda a reagire più rapidamente alle richieste specifiche dei vari mercati locali.

Dal 2001 l’azienda è guidata dai figli dei due fondatori. A sinistra Martin Buck, che segue la parte tecnica, a destra Michael marhofer, che si occupa della gestione finanziaria

Oggi, l’azienda è guidata dai due figli dei fondatori, che hanno preso il timone nel 2001 e hanno continuato i ruoli paterni: Martin Buck segue la parte tecnica, che è basata nella zona di Tettnang, e Michael Marhofer si occupa delle vendite e della finanza dal quartier generale di Essen.

Industria 4.0 in pratica

In occasione dei festeggiamenti per il cinquantennale, abbiamo potuto vedere la IFM come cliente di sé stessa, grazie a un tour in una delle fabbriche del gruppo, dove si sperimenta in concreto il paradigma di Industria 4.0 e si sta lavorando per arrivare, entro il 2020, a una automazione e ottimizzazione completa dei processi.

“La nostra fabbrica di domani ha piccoli sistemi di rete intelligenti (linee di produzione) che raccolgono, valutano e preparano le informazioni dall’ambiente fisico attraverso il nostro personale, i nostri sensori e processori, al fine di garantire una produzione sostenibile dei nostri prodotti, indipendentemente dalla loro complessità, con la giusta qualità, al momento giusto e al costo pianificato” ha detto Bernd Hausler, direttore di produzione. “La nostra struttura snella è la base per impostare i nostri piccoli sistemi di rete intelligenti”. Di fatto, IFM ha adottato da tempo il metodo di produzione TPS (Toyota Production System) che assicura efficienza e qualità in ottica di lean production, oltre a una notevole agilità nella produzione. Ma su questa base sta innestando mano a mano le tecnologie 4.0. In realtà, si comincia ancora prima, a livello di progettazione, visto che i team di lavoro devono pensare in ottica lean – quindi progettare il prodotto pensando fin dall’inizio a renderlo facile da produrre in modo automatizzato, a garantire la costanza di qualità, eccetera.

Anche il processo di ordinazione è già diventato 4.0: il sistema di produzione è connesso all’ERP (SAP) e quindi gli addetti in fabbrica hanno a che fare con un Digital Production Order, che non si limita a mostrare cosa si deve produrre, ma visualizza sui monitor le istruzioni per il set-up dei banchi di lavorazione, le istruzioni di assemblaggio, disegni e video della lavorazione in corso. Per l’anno prossimo è previsto un ulteriore step: l’uso dei Mobile Information Service, ovvero informazioni che verranno scambiate su dispositivi come smartwatch, consentendo alle macchine di mandare messaggi al personale e allo staff di comunicare con il management per ogni problema.

Due AGV (robot semoventi) MiR impiegati nello stabilimento per l’intralogistica

Un altro passo in direzione 4.0 è stato l’eliminazione dell’intralogistica manuale, perché ogni trasporto non a valore aggiunto è gestito da robot semoventi (MiR robot). La cosa ha richiesto la riprogettazione di tutta una serie di strutture destinate all’ingresso e all’uscita dei semilavorati dalle varie stazioni di lavorazione, ma i risultati sono già oggi buoni. Tuttavia, IFM considera quello attuale solo uno step verso il sistema definitivo, che utilizzerà, oltre ai sensori fotoelettrici a bordo dei MiR, altri sensori sugli scaffali per controllare l’avvenuta presa/consegna, poi il controllo della flotta, e infine, nel 2020, l’utilizzo della tecnologia RFID sui contenitori per ottenere la tracciabilità completa.

Dall’automazione alla manutenzione

Altri robot verranno impiegati in un futuro più lontano nella preparazione degli ordini, cioè in quella delicata fase che consiste nel mettere in una scatola tutti i componenti ordinati dal cliente. Si tratta di un compito in cui l’operatore umano può sbagliare facilmente, anche adottando i metodi di controllo più sofisticati. Al momento si sta sperimentando un sistema che, grazie a una telecamera 3D, vede le azioni dell’operatore e dà l’allarme quando viene inscatolato il prodotto sbagliato. Ma l’obiettivo finale è di rendere il processo totalmente automatico.

Altri aspetti di Industria 4.0 adottati con successo in IFM riguardano la stampa 3D e la manutenzione predittiva. La stampa 3D viene usata dall’inizio di quest’anno, da quando cioè è arrivata in azienda una stampante Ultimaker S5. In pochi mesi, Ifm è arrivata ad avere oltre 350 componenti stampati in 3D. Le applicazioni riguardano praticamente tutte le aree di interesse dell’azienda, grazie anche al fatto che l’implementazione di un componente da stampare richiede al massimo due giorni. La stampa additiva permette alta flessibilità per cambiamenti costruttivi a breve termine, indipendenza da fornitori esterni, realizzazione di prototipi molto veloce, e viene usata anche per produrre parti di ricambio.

Uno dei filtri per l’aria sensorizzati per consentire la manutenzione predittiva. Il sensore di pressione arancione comunica i dati via IO Link al sistema di controllo che decide quando richiedere l’intervento del manutentore per il cambio del filtro

La manutenzione predittiva, infine, è uno dei fiori all’occhiello della fabbrica che abbiamo visitato, in quanto è stata applicata al sistema di filtraggio dell’aria. L’area di produzione infatti è attrezzata con macchinari che per forza di cose producono polveri quando sono in funzione. Per questo, ogni macchinario è dotato di filtri, ma succedeva spesso che dei filtri fossero sostituiti troppo raramente, con il risultato di trovarsi a volte la macchina intasata o peggio le polveri rilasciate nell’aria e respirate dagli addetti, oppure al contrario che fossero sostituiti troppo spesso, quando erano ancora puliti, con ovvi aggravi di costo. Il problema è stato risolto sensorizzando ogni singolo filtro: appositi sensori (ovviamente IFM) rilevano la pressione a monte e a valle del filtro e comunicano i dati via IO Link al sistema di controllo, che grazie a essi stabilisce se il filtro funziona correttamente o se va sostituito, emettendo nel caso l’ordine prima di arrivare all’intasamento. Il sistema, da quando è in funzione, ha permesso di ottimizzare la spesa per i filtri e ha nettamente migliorato la qualità della vita dei lavoratori della fabbrica.

Il futuro

Dopo il successo dei primi 50 anni, come sarà il futuro di IFM? Secondo Michael Marhofer, uno dei due co-chairman, l’obiettivo nei prossimi dieci anni è di diventare da fornitore di componenti a fornitore di sistemi, e da produttore di hardware a produttore (anche) di software. Chiave della crescita sarà l’Industrial IoT, un mercato che nel 2020 varrà, a seconda delle stime, dai 250 ai 580 miliardi di dollari, suddivisi fra l’hardware, l’infrastruttura, i servizi & analytics, con questi ultimi a fare la parte del leone con un valore stimato fra gli 80 e i 219 miliardi. Di qui il crescente impegno dell’azienda nel segmento del software e in generale in tutto quello che sta “sopra” i sensori che pure costituiscono il suo core business.

Marhofer ha già ben chiari gli obiettivi di IFM di qui a 10 anni. L’azienda punta ad arrivare a un fatturato globale di circa 2,5 miliardi di euro, con il 50% derivante dalle piattaforme digitali e cloud, e 500 milioni di euro solo dal software e dal business del cloud. Come ci si arriverà non è stato detto, anche se si può intuire dalle premesse sulla composizione del mercato IioT e da una frase pronunciata verso la fine della presentazione: “La più grossa sfida dei prossimi anni non sarà quella data dal grande volume di dati prodotti, ma quella della sicurezza IT dei sistemi” ha detto Marhofer.

La responsabilità sociale e il rispetto per l’ambiente sono molto importanti in IFM. Al punto che è stato sviluppato un sistema che premia i dipendenti che arrivano al lavoro in bicicletta. Installato nel parcheggio aziendale, rileva le biciclette dei dipendenti via RFID e aggiorna giornalmente i conteggi dei chilometri percorsi da ognuno. Ci sono premi per i migliori pedalatori, e il tutto ha scatenato un circolo virtuoso di emulazione…

Una cosa però ci è stata assicurata: IFM raggiungerà i suoi obiettivi rispettando l’ambiente. “Nel 1989, abbiamo iniziato ad affrontare le sfide della protezione ambientale con il nostro Environmental Management System appositamente sviluppato. La nostra filosofia aziendale ci impegna a farlo. Da allora, il consumo di energia e acqua per la produzione è stato drasticamente ridotto, e stiamo cercando di evitare qualsiasi tipo di spreco. A oggi, questo sistema di gestione ambientale in uso da 30 anni e aggiornato più volte nel tempo è certificato secondo le norme DIN ISO 14001 ed EMAS (Eco-Management and Audit Scheme). Nei prossimi 10 anni lavoreremo sodo per evitare sprechi di plastica, aumentare le quote di riciclaggio, ridurre considerevolmente il consumo di energia e acqua, in modo da utilizzare solo le energie rigenerative; in generale, solo per utilizzare materiali ecocompatibili e per avvicinarsi il più possibile alla neutralità climatica” ha concluso Marhofer.

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Renzo Zonin
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