In un momento storico caratterizzato dall’ampliamento dei grandi divari – generazionale, territoriale, economico e sociale -, con il ritorno di nazionalismi e protezionismi e un’economia europea che non corre più “le imprese non possono stare a guardare”, anche perché “cambiare l’Italia, modernizzarla, renderla un Paese dinamico è più che mai una priorità”. È questa la constatazione da cui è partita la riflessione che ha spinto Alleanza delle Cooperative, Confindustria, Confederazione Italiana Agricoltori, Confagricoltura e Copagri a sottoscrivere il Manifesto “La buona impresa: valori e proposte per l’economia italiana”.
Per riprendere a crescere c’è bisogno della partecipazione di imprese consapevoli, attive, attente alla sostenibilità, pronte al cambiamento e agli investimenti nell’innovazione e nel lavoro, che mettano al centro la formazione e l’apertura ai giovani talenti. Per correggere le deformazione dell’economia attuale e guardare verso lo sviluppo sostenibile c’è bisogno, insomma, della buona impresa, cioè un “soggetto che in termini culturali e sociali aiuta ad affrontare i grandi nodi della crescita consapevole, sostenibile, innovativa, digitale, equa, anti-diseguaglianze e generativa di comunità solide e solidali”.
Il Manifesto individua cinque obiettivi di intervento: crescita sostenibile; più lavoro, più equità sociale, più consumi; investimenti sul futuro; buona impresa, buone istituzioni; ruolo e responsabilità dei corpi intermedi. Vediamoli in dettaglio.
Indice degli argomenti
I cinque obiettivi per l’Italia
Primo: crescita sostenibile
- Raggiungere un livello di crescita pari al 2% annuo alla fine del prossimo triennio.
- Promuovere la crescita attraverso tutte le politiche pubbliche per: lavoro dignitoso nel rispetto dei CCNL stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative e comparativamente più rappresentative su scala nazionale; innovazione tecnologica, digitale e sociale per le imprese; riduzione delle disuguaglianze e della povertà; parità di genere; agricoltura sostenibile, produzioni e consumi green; istituzioni di qualità, che implicano legalità, semplificazione amministrativa, sussidiarietà dentro un quadro nazionale unitario di coesione.
Secondo: più lavoro, più equità sociale, più consumi
- Ridurre il carico fiscale su imprese e lavoro, in un Paese che ha il cuneo fiscale e una pressione fiscale sui fattori della produzione tra i più alti al mondo, e garantire certezza, semplicità e stabilità delle norme per non minare il clima di fiducia necessario per gli investimenti delle famiglie e delle imprese.
- Lanciare un grande piano di inclusione dei giovani nel mondo del lavoro, basato su un riordino e rilancio delle politiche di incentivazione dell’imprenditorialità giovanile e su meccanismi di totale decontribuzione e detassazione per sostenere l’occupazione giovanile a tempo indeterminato.
- Investire in maniera strutturale e continuativa su scuola, università, formazione permanente, politiche attive e riqualificazione dei lavoratori, rafforzare l’alternanza scuola-lavoro, la filiera dell’apprendistato e di tutti gli strumenti formativi di ingresso nel mercato del lavoro.
Terzo: investimenti sul futuro
- Lanciare un grande piano di investimenti in infrastrutture, materiali e immateriali, dando priorità alle opere già programmate e finanziate. Sostenere un piano europeo di infrastrutture di rilevanza transnazionale da finanziare anche attraverso l’emissione di strumenti finanziari europei.
- Sostenere gli investimenti in ricerca e innovazione, in grado di generare competitività e nuova armonia sociale, di creare dinamismo economico e reticolarità comunitaria.
- Favorire la transizione ecologica del sistema imprenditoriale italiano. Le prospettive dell’economia circolare, la produzione di energie rinnovabili e le iniziative di efficienza energetica rappresentano spazi di innovazione economica e sociale enormi per il Paese. La transizione va accompagnata con gradualità puntando su strumenti premiali, su regole chiare e stabili, su un sistema di impianti adeguato a realizzare gli obiettivi e sulla creazione di una cultura del riciclo e riuso diffusa tra i cittadini e le imprese.
- Avviare un piano ambizioso di manutenzione attiva del territorio, che punti alla rigenerazione urbana e delle aree interne (dando vigore anche all’associazionismo imprenditoriale comunitario), alla lotta al dissesto idrogeologico e alla prevenzione sismica.
- Investire nell’infrastrutturazione sociale, per tornare a considerare l’istruzione come il vero volano per la crescita economica endogena e il welfareun fattore di sviluppo e di competitività, come in tutte le economie avanzate.
- Rilanciare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, a sostegno del capitale umano, delle filiere in tutti i settori industriali, dell’innovazione, del turismo e della valorizzazione dei beni culturali, della moderna logistica e portualità, di nuove forme di attivazione economica e sociale delle comunità e di impresa sociale.
Quarto: buona impresa, buone istituzioni
- Legalità, una condizione necessaria per rendere l’Italia attrattiva e competitiva a livello imprenditoriale, occorre immaginare un grande piano nazionale che veda le imprese partner dello Stato nella implementazione delle politiche per la legalità e il contrasto alle mafie.
- Definire un patto tra imprese e istituzioni per recuperare fiducia reciproca che si basi sulla stabilità delle norme, sulla certezza del diritto, su sistemi sanzionatori equi, su controlli efficaci ed efficienti, su risposte in tempi rapidi, che eviti approcci esclusivamente punitivi, ma valorizzi la collaborazione e meccanismi premiali. Per questo serve una giustizia più rapida ed efficace che punti ad abbreviare i tempi dei processi e non ad allungare i termini di prescrizione e a una PA efficiente, moderna e vicina a cittadini e imprese.
- Al fine di dare forza al rilancio dello sviluppo sostenibile del Paese e per costruire un progetto di Paese più equo e coeso, è di grande valore e importanza l’impegno comune e complementare delle due grandi anime imprenditoriali del nostro paese, profit e non profit mutualistica e sociale.
Quinto: ruolo e responsabilità dei corpi intermedi
- La società, l’economia e il lavoro si trasformano e, conseguentemente, devono trasformarsi i sistemi di rappresentanza che permettono di raccordare istituzioni e cittadini attraverso i corpi intermedi e la sussidiarietà del terzo settore.
- I corpi intermedi sono necessari per conseguire gli interessi del Paese e dei soggetti rappresentati. Occorre, però, riconoscerne il ruolo e chiarirne la legittimazione. Per questo è opportuna una legge sulla rappresentanza al fine di individuare il contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative, in attuazione del principio contenuto nell’articolo 39 della Costituzione.
- In questo contesto evolutivo, assieme al completamento della riforma del terzo settore, occorre valorizzare il ruolo dei corpi intermedi, anche attraverso il costante confronto tra le parti sociali e pubbliche fino alla progettazione di misure di intervento e verifica condivisa dei risultati raggiunti, da replicare nei piani strategici di sviluppo fino all’uso dei fondi innovativi europei.