Uno degli effetti della pandemia Covid-19 sul mondo delle imprese, del manifatturiero in particolare, è certamente legato alla crescita del ruolo dell’innovazione digitale. Sino ad oggi non abbiamo mai vissuto una situazione simile a quella che si è presentata con il lockdown ed è particolarmente importante analizzare gli effetti di questa situazione, valutarne le conseguenze e capire l’impatto sul mondo della produzione. Un’esigenza che è poi particolarmente sentita nel momento in cui si colloca e si intreccia con l’evoluzione legata a logiche di innovazione 4.0. Per meglio comprendere il nuovo ruolo del digitale occorre focalizzare l’attenzione sulla convergenza tra tutti i diversi fattori che stanno contribuendo al cambiamento delle imprese e delle organizzazioni. E l’occasione arriva con la nuova edizione della ricerca del Laboratorio RISE dedicata al fenomeno 4.0 che affrontiamo con Andrea Bacchetti, Università di Brescia, Laboratorio RISE, CEO di IQ Consulting. (per partecipare alla ricerca vai QUI)
Indice degli argomenti
Come cambia l’impresa Smart 4.0 – il video
Come affrontate questa nuova fase della ricerca, quanto pesa l’effetto Covid-19 e come indagate i suoi effetti sulle imprese?
Giunta alla quinta edizione, la ricerca è iniziata nel 2015, ancor prima che in Italia si cominciasse a parlare di 4.0. Considerando che la prima edizione del Piano Calenda risale al 2016. Quando siamo partiti all’epoca avevamo lo scopo di indagare l’impatto delle tecnologie digitali sui processi di business delle aziende manifatturiere che all’epoca si stavano affacciando su questi percorsi di innovazione (alcune tecnologie come Intelligenza Artificiale e Blockchain iniziavano a tutti gli effetti il loro “confronto” con il mondo industriale). In quel periodo la ricerca aveva l’obiettivo di investigare come queste tecnologie potessero incidere in primis sui processi produttivi, il focus era lì. Inizialmente si pensava che il 4.0 fosse un fenomeno da circoscrivere e ricondurre esclusivamente a processi di questo tipo, ma in realtà, in corso d’opera, abbiamo scoperto che il paradigma 4.0 coinvolge tutti i processi di business delle imprese. Si è smesso dunque di parlare “solo” di Industria 4.0 e si è iniziato a parlare di Impresa 4.0. Anche i titoli delle nostre edizioni dell’attività di ricerca hanno cercato di seguire e a volte anticipare questa dinamica che si è andata progressivamente allargando.
Questo poi è un periodo particolare e non possiamo ignorare l’impatto del Covid-19 sul manifatturiero, ma siamo assolutamente consapevoli che il paradigma di industria 4.0 possa dire la propria nel rispondere in maniera opportuna agli effetti della pandemia. Abbiamo visto in diretta le imprese reagire alla pandemia anche grazie alle tecnologie digitali, allo stesso tempo, la maggiore consapevolezza e il protrarsi di questa condizione che stiamo vivendo e vivremo ha obbligato le aziende a ragionare di più e a rivedere alcune decisioni e priorità di investimento. La pandemia ha portato a sperimentare l’impiego di alcune tecnologie non considerate prioritarie prima del fenomeno Covid e che quindi hanno scalato la gerarchia interna.
Durante il lockdown, ma anche nei mesi successivi gli investimenti in Industria 4.0 sono fortemente rallentati, in alcuni casi azzerati. Il tema per le aziende era un altro: era necessario “resistere“, bloccare tutto ciò che non fosse vitale nel breve termine, evitare il “non necessario” per garantire la continuità del business. Ora il tema è ripartire e traguardare un orizzonte quanto meno di medio termine. Si è tornati a parlare di investimenti in 4.0 anche dal punto di vista delle istituzioni, di incentivi a supporto di questi investimenti, ancor più importanti in questo momento, nella situazione di difficoltà delle imprese. L’incentivo è importante non solo in termini di valori assoluti, o di aliquote, ma di set di possibili misure. Bisogna infatti consentire alle aziende di tutti i tipi di accedere e sfuttare questi investimenti, incentivandole e supportandole.
Nuove sfide per le organizzazioni, a partire dallo smart working
Siamo davanti a sfide che non solo solo tecnologiche ma che attengono all’organizzazione. La pandemia ha fatto scoprire alle imprese il tema dello smart working. Un conto è parlare di grandi imprese o di imprese di servizi, che avevano già iniziato a lavorare in questa maniera e che avevano introdotto misure e processi di smart working. Ma nelle aziende manifatturiere e nelle PMI parlare di smart working oggettivamente era una novità. Pochissime imprese virtuose ragionavano in questo senso. Nel mondo della produzione industriale c’è sempre stato bisogno di fisicità. Parlare di lavoro da remoto sembrava fattibile per le aziende di servizi e molto più complicato per queste realtà. Invece, con la sperimentazione forzata legata al lockdown si è capito che anche nei reparti e nei magazzini le tecnologie digitali possono consentire ad un’impresa di funzionare anche con un organico ridotto, con una diversa organizzazione delle mansioni e dei task, pilotando la capacità produttiva sulla base di un rapporto diverso con i sistemi di produzione. Una sperimentazione certamente utile per attuare nuove forme di organizzazione del lavoro e da utilizzare nel caso dovessero presentarsi altre emergenze.
Si tratta peraltro di una esperienza importantissima che le imprese hanno acquisito e che verrà indagata in questa nuova edizione della ricerca. Vogliamo infatti capire cos’è cambiato per davvero nel mondo delle imprese anche in termini di capacità di risposta alle situazioni di emergenza.
Quali sono i principali obiettivi e i temi che caratterizzano questa nuova edizione della ricerca?
Va detto che si tratta di una ricerca che si protrae nel tempo e che appartiene alla tipologie di ricerche che chiamiamo longitudinali ovvero che permettono di scattare diverse fotografie in diversi momenti per montarle e renderle poi disponibili in un contributo dinamico. Con questa analisi vogliamo monitorare lo stato d’arte complessivo riguardo l’implementazione effettiva delle tecnologie 4.0 da parte delle imprese soprattutto in merito ai benefici che stanno portando a casa, sulle loro aspettative e sui fattori inibenti, sugli ostacoli che sono oggi su questo percorso di innovazione. Da un lato riteniamo sia interessante esplorare i motivi che spingono ad investire, ma è altrettanto importante capire cosa sta ostacolando la progettualità di queste organizzazioni. Ovvero è importante capire se è un tema di investimenti, di competenze, di limitato supporto delle istituzioni?
Il ruolo delle istituzioni e la centralità delle competenze
In questo percorso vogliamo utilizzare questa opportunità di analisi anche per incidere nei confronti degli attori istituzionali. Il punto di vista delle imprese può infatti aiutare anche magari nel piccolo a indirizzare la politica industriale dei prossimi anni.
Un altro focus forte di questa analisi è sulle competenze. Le imprese che dichiarano di non investire nella maggioranza dei casi lo fanno perché sono consapevoli di non avere adeguate competenze all’interno e ritengono di far fatica ad acquisirle all’esterno. Si tratta di un tema importante che coinvolge anche noi come università, come sistema scolastico, perché la difficoltà nell’acquisire le competenze adeguate frena gli investimenti e rappresenta un ostacolo all’innovazione. Poi, come già accennato. c’è una sezione dedicata agli impatti del Covid-19.
L’emergenza Coronavirus ha contribuito ad alzare il livello di attenzione verso alcuni fenomeni: sostenibilità, economia circolare, risk management, servitization per citarne alcuni. Quanto e come saranno trattati nella nuova ricerca?
Sono fenomeni molto intrecciati con il paradigma 4.0. La sostenibilità è uno dei benefici che noi investighiamo e rappresenta oggi una reason why che spinge le aziende verso il digitale. La sostenibilità può essere economica, sociale, ambientale ed è indagata come uno dei benefici chiave assieme a qualità, produttività e flessibilità, come prestazioni fondamentali per le aziende che si cerca di migliorare con investimenti in tecnologia digitale.
L’economia circolare è un obiettivo molto forte: la sensibilità delle imprese è cresciuta, il topic è caldo anche nelle imprese manifatturiere, soprattutto in quei settori di industria pesante come acciaierie, chimica ecc. C’è una forte enfasi anche da parte dal consumatore che risale lungo tutte le supply chain. Penso che perseguire questi obiettivi di circolarità, di riutilizzo e minimizzazione degli sprechi possa essere un boost, un acceleratore per gli investimenti in tecnologia 4.0
Un focus speciale su risk management e sul rischio di fornitura
Infine, la pandemia Covid-19 ha accentuato l’attenzione sulle tematiche del risk management e in particolare sui temi che attengono al rischio di fornitura. Durante il lockdown, anche se in maniera sfasata, prima in Cina, poi Europa e poi America, ci sono stati impatti pesanti sulle supply chain e appare chiaro che le catene di fornitura pre-covid non sono più ottimali per il post-covid. Tante aziende ci chiedono di aiutarle nella valutazione di questo rischio e riconfigurazioni delle supply chain per renderle più resilienti. Questo conduce anche a fenomeni molto importanti come il reshoring come risposta al rischio legato alla gestione di fornitori dislocati in diverse aree geografiche. Nel momento in cui si presentano emergenze come accaduto con la pandemia si rischia di non avere alternative e si rischia un blocco della produzione. Occorre insomma avere la consapevolezza che siamo davanti ad un fenomeno (per fortuna) mai sperimentato in tempi moderni che sta stimlando una riflessione anche su questi temi e vogliamo cogliere l’occasione di questa ricerca per monitorarla in maniera attenta ed analitica.
I benefici di un percorso 4.0 sono molteplici e si esprimono in diverse modalità. Come avete scelto di analizzarli?
Li indaghiamo tendenzialmente su 4 assi. Riteniamo ci siano benefici per lo più di carattere strategico come un cambio del modello di business, una modifica al modello che genera valore per i clienti, come il tema della servitizzazione, come il maggiore focus sui servizi. Nel momento in cui smetto di vendere il pezzo di metallo e vendo i servizi abilitati da quel pezzo di metallo che ho reso intelligente tramite le tecnologie, sto intervenendo sulla strategia, sule modalità stesse con cui mi relaziono con i clienti. Anche qui gli effetti della pandemia hanno accelerato processi che comunque erano in cantiere, alla luce di un mercato che è cambiato in maniera sostanziale e che non necessariamente ritornerà ad essere quello di prima.
Benefici legati ai prodotti
Poi ci sono benefici legati ai prodotti. Le tecnologie abilitano nuovi livelli di personalizzazione come la manifattura addittiva e permettono di integrare nuove funzionalità, portando intelligenza ad un prodotto che prima era un attore passivo grazie all’IoT o all’ IIoT. Ma i benefici si possono leggere anche nel time-to-market ad esempio, attraverso l’utilizzo di applicazioni digital twin, con la realtà aumentata con cui si incide sulla fase preliminare rispetto all’ingresso sul mercato. In questi casi si lavora sulla velocità e sull’efficienza dei processi di progettazione. In un contesto pandemico con le esigenze dei consumatori che cambiano con una maggiore velocità e intensità, più sono reattivo nell’abbracciare i nuovi bisogni, più acquisirò vantaggio competitivo.
Benefici sui processi di produzione
Ci sono benefici sui processi che hanno a che fare non sui prodotti, ma sulle modalità di produzione, sull’efficienza del processo produttivo e logistico. Ed entriamo nei temi legati alla produttività e di tutte le attività che influiscono sui processi e permettono di aumentare il valore aggiunto dei prodotti e di ridurre i costi e gli sprechi.
Benefici per le persone
Il quarto aspetto riguarda le persone, il tema della sicurezza sul luogo di lavoro diventa un beneficio ancora più forte, anche grazie alle tecnologie. I robot collaborativi garantiscono lo svolgimento più sicuro per gli operatori che interagiscono con queste macchine che sostituiscono certi tipi di attività, che svolgono attività a basso valore aggiunto e che sono potenzialmente alienanti o rischiose.
Ripercorriamo le ricerche precedenti, quali sono i temi forti che hanno segnato l’evoluzione 4.0 in questi anni
Personalmente ho progettato e vissuto questa ricerca sin dalle prime fasi. Inizialmente ci siamo occupati di tematiche di informatizzazione dei processi aziendali e guardavamo alla sfera dell’information technology, poi si sono aggiunte le operations a supporto dei processi produttivi e tutte altre fasi legate alla supply chain produttiva in percorso che possiamo ripercorrere come segue:
2014-2015: The digital manufacturing revolution
La prima edizione pre-industria 4.0 e pre-Piano Calenda voleva investigare un fenomeno che si pensava fosse rivoluzionario solo per i processi produttivi o comunque per R&D e produzione.
2017: La trasformazione digitale della manifattura
Abbastanza rapidamente si è capito che questa visione era limitante. L’Industria 4.0 ospitava tecnologie capaci di incidere su tutti i processi di business. Le successive edizioni della ricerca allargano il cerchio e guardano a tutti i processi di business.
2019 -a: Dall’industria alla filiera 4.0
Un altro elemento emerso con forza era che non bastava un focus sulle tecnologie perché impresa 4.0 non era solo una rivoluzione tecnologica, ma anche culturale e sociale che coinvolgeva a tutto tondo i processi delle imprese manifatturiere. Si adotta un approccio olistico nell’affrontare il tema, guardo a: tecnologie, organizzazione, processi e persone con un ruolo all’interno di questi processi.
2019 -b: La rivoluzione digitale nei processi logistici e nella supply chain
Successivamente abbia considerato che non aveva più senso guardare al fenomeno industria 4.0 focalizzandosi solo sulla singola impresa guardando ai possibili benefici all’interno del perimetro di una qualsivoglia impresa. Era fondamentale andare oltre ed è fondamentale farlo. A mio avviso è la vera concretizzazione finale della rivoluzione 4.0 che è quello di cominciare a parlare di filiere e supply chain. E’ questo lo step più difficile: quando avremo veramente filiere integrate e armoniche dal punto di vista della trasformazione digitale riusciremo a scaricare a valle della filiera, sull’utente finale i benefici di questa potenziale evoluzione. Quest’ultimo step è il più difficile perché è relativamente facile innovare nella propria azienda mentre è molto più difficile innovare quando c’è la necessità di integrare obiettivi non perfettamente coincidenti tra diverse aziende, ma sarà un processo inevitabile per le supply chain che vogliono aumentare la loro competitività nel prossimo futuro.
A chi si rivolge la ricerca, come tipologia di imprese e profilo di figure coinvolte? Quali sono i prossimi passi?
Il nostro target sono tutte le imprese manifatturiere con almeno una sede produttiva in Italia. Nessuna limitazione di settore e dimensione. Il paradigma deve essere alla portata di tutti quindi vogliamo indagare e tracciare nel tempo come le diverse fasce anche dimensionali oltre che di settore stanno perseguendo questo percorso di trasformazione. È sufficiente che le imprese in questione, non abbiano solo la filiale commerciale nel nostro paese, ma almeno un polo produttivo, così manteniamo un focus sul manifatturiero e sul supporto che le tecnologie 4.0 devono dare ai processi di business delle aziende di produzione. Lo facciamo tramite un questionario esclusivamente online.
I vantaggi per i partecipanti alla ricerca
Qualche mese di raccolta dati attraverso questa survey da cui estrapoleremo dati interessanti e coinvolgeremo le aziende che ce li avranno raccontati per fare casi di studio verticali da divulgare a tutti. Se identifico buone pratiche e le metto in evidenza, è chiaro che aiuto chi è più in difficoltà a muoversi nella direzione corretta. Svilupperemo attività di reportistica ed eventi. L’obiettivo è usare questa ricerca per sensibilizzare e portare all’attenzione di tutti i temi forti dell’innovazione e stimolare le imprese a investire in tecnologie, i provider e le istituzioni. Vogliamo mettere a disposizione conoscenza per disporre conoscenza. A questo proposito i partecipanti possono disporre di una scheda sintetica di valutazione, redatta automaticamente appena dopo l’ultimo click, che consente di visualizzare in modo semplice e veloce lo stato di maturità digitale dell’impresa, secondo diversi assi come tecnologie, organizzazione e processi, competenze, governance della trasformazione, reazione al covid.
Per partecipare alla ricerca vai QUI