“Da troppi anni in Italia manca una visione di fondo. Per rilanciare l’economia e rendere più competitivo il Paese serve un nuovo Patto che si basi su un’azione comune in grado di coinvolgere politica, istituzioni, imprenditori e parti sociali”. Apre così il presidente Carlo Bonomi la sua prima assemblea pubblica di Confindustria, slittata di quattro mesi per il Covid-19. L’obiettivo del patto è restituire all’Italia, dopo 25 anni di stasi, “nuova produttività”.
Proposta che trova subito la disponibilità del Governo: il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, risponde: “Da questa pandemia possiamo uscire davvero più forti di prima, ma soltanto ad una condizione che lo facciamo insieme, noi il Governo, il decisore politico, chi fa impresa, le parti sociali. Non possiamo lasciare che prevalga la logica della contrapposizione. Deve prevalere il buonsenso del fare le cose insieme”. Patuanelli nel suo intervento lancerà poi anche l’idea di un “Piano straordinario sulla formazione 4.0 e sulle competenze digitali nelle imprese e anche a partire dagli imprenditori”.
E anche il premier Giuseppe Conte, dopo aver ricordato che 39,5 miliardi dei 100 messi dallo Stato in questi mesi per l’emergenza sono andati alle imprese, invita a superare “la visione dello Stato nemico dell’impresa” e a fare come fece la Germania con Industria 4.0, quando diversi ministeri e il mondo delle imprese unirono le forze per lanciare quell’iniziativa destinata a segnare il futuro dell’industria. E sul Recovery Plan annuncia: “Ci doteremo di una struttura normativa dedicata per un monitoraggio trasparente delle spese e tempi di attuazione certi”.
Indice degli argomenti
L’affondo su Industria 4.0
E proprio da Industria 4.0 è iniziato il j’accuse che Bonomi ha rivolto al Governo. “Mi sono chiesto innumerevoli volte come potesse giustificarsi la scelta di accantonare Industria 4.0. Era evidente a tutti che la “ripresina” italiana 2015-2017 era trainata dalle imprese industriali e manifatturiere, e dal loro export. E che questa componente era stata incoraggiata ulteriormente a tornare ad alti tassi d’investimento da Industria 4.0. Eppure, il suo accantonamento non ha prodotto alcun vero dibattito nel Paese”, dice.
Il motivo vero? “È culturale”, spiega Bonomi. “Da troppi anni in Italia manca una visione. Una visione di fondo capace di unire ciò che il nostro Paese sa fare con l’impatto della modernità, l’evoluzione formidabile delle tecnologie, gli effetti che tutto ciò può produrre in una società italiana che, in 25 anni, ha perso reddito e ha aumentato il tasso di diseguaglianza”.
Ed è la mancanza di questa visione “a spiegare l’annegarsi della politica in mille misure ad hoc, il proliferare della normativa, l’astrusità delle procedure amministrative, la dilatazione dei tempi giudiziari, la perdita di punti in ogni ranking internazionale, si tratti del PISA (Programme for International Student Assessment) sulle competenze scolastiche o di quello DESI (Digital Economy and Society Index) sul digitale”.
Di qui il passaggio al Recovery Fund: “Il Governo ora dovrà stabilire priorità per usare, in pochi anni, oltre 200 miliardi che ci vengono dall’Europa; si trova di fronte proprio a una scelta di visione, prima che di misure concrete. Una visione di fondo che deve scrutare in profondità i mali italiani, ma guardare lontano. Perché neanche 200 miliardi possono risolverli dandone una goccia a tutti”.
Il numero uno degli industriali, rivolgendosi al Presidente Conte, precisa l’importanza di un’azione efficace per stabilire le giuste priorità, i principali nodi irrisolti la cui soluzione possa far crescere il Pil, possa apportare potenziale per imprese e lavoro: “Nell’entusiasmo per i 208 miliardi dall’Europa, e che si aggiungono al Sure e alle nuove linee di credito Bei, tende a svanire l’attenzione sul danno certo per il Paese se il Governo rinuncia al Mes sanitario privo di condizionalità”.
Siamo primi in Europa nella farmaceutica, per il recupero in settori ad alto impatto ambientale, siamo il secondo paese nel manifatturiero ma “serve il coraggio del futuro”, dice Bonomi, e invita la platea a prendere visione del volume “Italia 2030-2050” (lo trovate in fondo all’articolo) dove sono declinate in dettaglio tutte le proposte e le misure proposte da Confindustria al Governo per il rilancio dell’economia.
Patuanelli: “Un piano straordinario sulla formazione 4.0”
Il Ministro Patuanelli spiega che “occorre una politica industriale che ha nella centralità dell’impresa, nella crescita e nella sostenibilità gli assi fondamentali di riferimento”. Il Recovery Fund “non dovrà essere speso, ma investito per dare maggiori certezze a chi lavora in impresa, garantendo che le misure fondamentali siano stabili nel tempo”.
E risponde a Bonomi su Industria 4.0: “La nostra strategia per le imprese inizia dalla stabilizzazione pluriennale e dal potenziamento di misure che consideriamo strategiche, a partire dagli incentivi 4.0, e guardo il Ministro Gualtieri che dovrà prenderne nota, incrementandone l’intensità, soprattutto sulle tecnologie di frontiera e favorendo sempre più l’estensione della platea dei beneficiari. Tutto questo servirà, ne siamo sicuri, a dare un nuovo vigore al pacchetto delle misure e far sì che in ogni settore, in ogni parte d’Italia e in ogni impresa, grande o piccola che sia, le agevolazioni favoriscano il rinnovamento”.
Patuanelli dà qualche indicazione anche sulla nuova direzione del piano: il Governo si aspetta un “rinnovamento non solo nei processi ma soprattutto nei prodotti che tanto caratterizzano il nostro Made in Italy, frutto di uno speciale mix di genio, istinto e tradizione, da sostenere e tutelare anche contro la contraffazione. Ciò che dobbiamo ottenere è il giusto equilibrio tra l’artigianalità del prodotto italiano che non può essere messa in discussione, che crea il prodotto italiano cui guardano i mercati esteri, ma il tentativo è di rafforzare la piccola e media impresa che ha all’interno quel prodotto artigianale in un ragionamento di filiera che è fondamentale fare”.
Il Ministro spinge per “un Paese che attraverso il rilancio degli investimenti in ricerca e innovazione nei sistemi produttivi e distributivi riacquisti la necessaria forza competitiva. Un Paese capace di puntare concretamente sulle nuove competenze, sulla professionalità, sul merito per dare qualità e dignità al lavoro e attrarre nel nostro mondo produttivo i giovani con le loro idee”.
E proprio sulle competenze Patuanelli spiega che, per rispondere alle sfide della grande trasformazione che la pandemia ha accelerato, il futuro del Paese non può fare più fare a meno del digitale e dunque della necessaria formazione di lavoratori.
Il ministro Patuanelli annuncia il nuovo Piano per la formazione 4.0: “È evidente che le competenze digitali, di base o qualificate, rappresentano un presupposto fondamentale per sfruttare al meglio le potenzialità delle attuali tecnologie e di quelle future, che richiederanno sempre più specializzazione. Accanto alle infrastrutture fisiche, da rendere sempre più stabili e performanti, conterà costruire una solida infrastruttura culturale digitale. Per questo motivo, lanceremo un piano straordinario sulla formazione 4.0 e la diffusione delle competenze digitali all’interno dell’impresa, a partire da voi, dagli stessi imprenditori. per puntare sulle nuove competenze, dare qualità e dignità al lavoro e attrarre sempre più giovani nel mondo produttivo”, dice.
Il focus dovrà essere però anche sulla ricerca scientifica e applicata “perché rappresenta il grimaldello attraverso cui poter recuperare la produttività persa negli ultimi 20 anni: l’ossigeno del Recovery Fund sarà indispensabile per investire e recuperare in comparti più rilevanti delle tecnologie di frontiera. Oltre ai grandi progetti europei su microelettronica, batterie, puntiamo alla creazione di 5 Centri, dei veri Network di Alta Tecnologia, nell’Intelligenza Artificiale, nel Quantum Computing, nell’Idrogeno, nelle Tecnologie Verdi e nel Biomedicale”.
La sostenibilità
Patuanelli rilancia sul ruolo e sulle responsabilità dello Stato e di un’azione comune, specificando che “per fare in modo che l’impresa sia il fulcro della nuova Italia da disegnare assieme, lo Stato deve essere il garante delle tre dimensioni della sostenibilità, deve farsene carico: perché non esiste la tanto conclamata sostenibilità ambientale, senza una sostenibilità economica e senza una sostenibilità sociale. Queste tre sostenibilità, nell’Italia dei prossimi dieci anni che il Governo sta costruendo, non esistono se non assieme. Questo concetto sarà la nostra guida, dovrà essere la nostra guida”.
E sul tema ricorda poi che l’Italia è stato il primo Paese a credere nella sfida dell’idrogeno. Uno studio presentato recentemente a Cernobbio ha mostrato che l’idrogeno è un acceleratore di ricchezza e si prevede che entro il 2050 il suo sviluppo potrebbe portare tra i 22 e i 37 miliardi di euro di contributo al Pil e 540 mila nuovi posti di lavoro. “Sull’idrogeno – dice il Ministro – abbiamo davanti un semaforo giallo: possiamo fermarci o accelerare. L’Italia deve accelerare per avere un ruolo centrale non possiamo perdere quella capacità di leadership, l’idrogeno è un acceleratore di ricchezza, investiremo non meno di 3 miliardi sull’idrogeno, possiamo fare dell’Italia l’hub mediterraneo”
Il coraggio del futuro: Italia 2030-2050
In occasione dell’assemblea Confindustria ha anche presentato il volume Il coraggio del futuro: Italia 2030-2050, una “seconda edizione” di quello presentato agli stati generali e che, promette Bonomi, sarà presto aggiornato con una terza edizione.
Il coraggio del futuro_Italia 2030-2050