Cosa può fare l’innovazione per la città, per le persone, per i consumatori, per la sicurezza delle strade e dei viaggi o per garantire servizi più vicini alle esigenze e allo stesso tempo più sicuri? Per questo serve una innovazione sempre più vicina e sempre più concreta. Con il racconto a due voci tra imprese e innovatori You&IBM ha mostrato come il paradigma che vedeva gli innovatori da una parte e le imprese “utenti di innovazione” dall’altra, sia ampiamente superato. L’innovazione si fa assieme, è un percorso in cui il fattore chiave è nella collaborazione e nella condivisione e in cui i problemi si risolvono allo stesso tavolo. Il racconto che è uscito in occasione dell’evento di IBM è un bell’esempio non solo di come l’innovazione digitale risponda in modo sempre più chiaro a bisogni concreti, ma anche di come si arriva a queste soluzioni, con percorsi di co-creazione. Un tema questo che è particolarmente importante, anche perché si tratta di una strada che possono percorrere in tanti per arrivare a ottenere risultati che sono, come vedremo, a beneficio di tutti.
You&IBM ha visto una ricca serie di interventi che sono stati seguiti e raccontati oltre che da questa testata anche da TechCompany360, ESG360, Internet4Things fornendo diverse chiavi di lettura nei seguenti articoli
Il digitale per una competitività sostenibile e inclusiva
You&IBM: le storie di co-creazione danno una nuova declinazione all’innovazione
Fabrizio Saltalippi, IBM: Una Skill Marathon per certificare (gratuitamente) 400 persone
Indice degli argomenti
L’innovazione in Hera Group
Milena Zappoli head of technological innovation di Hera Group tiene in mano un modellino per la raccolta dei rifiuti e spiega che le regole del Corepla, Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica sono piuttosto stringenti, in relazione a tipologia e qualità: non basta raccogliere ma occorre raccogliere bene, serve una raccolta differenziata di qualità. Oltre a una buona organizzazione della raccolta, serve aggiungere “intelligenza” per raggiungere obiettivi che permettano di garantire servizi di qualità sempre più elevata e un maggior rispetto dell’ambiente.
Per questo, nel 2020 inizia un progetto in collaborazione con IBM per capire come migliore ed efficientare l’intero processo. Non si tratta semplicemente di installare sistemi di visione sulla tramoggia del camion che effettua la raccolta, ma inizia un importantissimo lavoro sui dati aggregati per valorizzarli e per migliorare sia l’efficienza della raccolta, sia l’individuazione di aree o quartieri critici nei quali avviare anche attività di educazione alla raccolta.
Insieme a Milena Zappoli, Federico Accetta, IBM Cloud Engineer, entra nel merito di un progetto di co-creazione, realizzato sfruttando la metodologia Garage di IBM, basato sulle risorse e sulla velocità del Cloud. Si parla di un progetto partito con un PoC su due camion per la raccolta rifiuti e che con un miglioramento continuo, con uno sviluppo incrementale è pronto ad arrivare a 7. Ma soprattutto, e questo è un altro aspetto molto importante, si parla di un progetto replicabile, per il quale si stanno già analizzando possibili declinazioni, ad esempio sulla raccolta della carta.
L’open innovation di Autostrade e Movyon
In questo caso il tema della collaborazione e del progetto si allarga anche in termini di numerosità di attori ma sempre con un approccio basato su una collaborazione strettissima in termini di condivisione degli obiettivi. Il percorso che unisce IBM, sia nella sua anima tecnologia, sia nella sua declinazione Consulting, Autostrade per l’Italia e Movyon è davvero caratterizzato non solo dalla creazione, ma dalla concretizzazione del concetto di ecosistema.
Come sottolineano Andrea Boccotti, Client partner consulting IBM, David Buggiani, Head of infrastructure management in Movyon, Riccardo Marchiani, Head of It enterprise architecture di Autostrade e Gianni Margutti, Managing partner IBM Consulting, si tratta di un progetto nel quale l’obiettivo era innovare attraverso la tecnologia più avanzata, condividere, grazie al Cloud e a un approccio API First, i dati e le informazioni con tutti gli stakeholder, per portare a un nuovo livello il concetto di asset management, cogliendo l’occasione per avviare un importante processo di data quality e data governance. E i numeri danno ragione della dimensione, della portata e della complessità del progetto: 3.800 tra ponti, viadotti e cavalcavia gestiti, più di 2.000 i BIM, 650mila i componenti ispezionati, 150mila immagini raccolte, 200 ispettori che ispezionano ponti e cavalcavia.
Lo scopo finale era ed è quello di monitorare tutte le opere in maniera continua e di fatto si è sensorizzato un intero sistema digitalizzando tutte le opere e lo stesso processo ispettivo. Anche in questo caso la metodologia Garage ha svolto un ruolo di primo piano, “non è solo una metodologia pensata per le startup, ma per fare innovazione alla velocità di una startup”, così come è evidente l’obiettivo di replicabilità. Non solo si sta pensando di introdurre i droni nel processo di digitalizzazione, ma si pensa al monitoraggio di asset diversi da ponti e gallerie, a partire, ad esempio dall’asfalto in un percorso che unisce i temi della sicurezza, dell’innovazione, dell’efficienza, dello sviluppo di nuove modalità per gestire il controllo di asset fondamentali per la mobilità del nostro paese.
La Digital Factory di Campari
Giulia Stanisci, Global web experience manager in Campari Group, Cristian Mandaglio, Global it manager marketing & consumer sempre in Campari e Federico Vezza, Customer experience and design manager in IBM, raccontano una storia legata al desiderio e alla necessità di offrire nuove esperienze ai consumatori degli oltre 50 brand del Gruppo, migliorando nel contempo efficienza, compliance, sicurezza e armonizzando di fatto la presenza online dei brand.
La risposta è stata trovata nella creazione di una Digital Factory, per la quale Campari Group e IBM hanno siglato un accordo quadriennale, che supporta il Gruppo nel promuovere una customer journey coinvolgente sia per l’acquisto dei prodotti, sia per la condivisione delle esperienze, e nel creare una comunità globale per i dipendenti del marketing e dell’IT del Gruppo.
Il racconto di questo progetto viene approfondito in questo servizio: La Digital Factory di IBM e Campari per una customer experience di livello
Le voci dell’ecosistema
Nel corso dell’incontro, si è parlato anche di ecosistema e Fabrizio Saltalippi, Director of Partner Ecosystem IBM Italy, racconta di come parallelamente a You&IBM sia in corso una Skill Marathon, per la quale la società si è proposta di erogare 400 certificazioni tecniche e commerciali nella consapevolezza che “il valore è tale se ci sono competenze. In un mercato sempre più ampio, gli ecosistemi diventano più complessi e ci sono nuove sfide da affrontare”.
E se Saltalippi dà voce a tre partner – Gabriele Tanini, marketing manager di Dgs, Moreno Amianti, Ict sales account di Sme up – VM sistemi, e Paolo Sarchini, It solution architect di Uno Informatica, Patrizia Guaitani, Distinguished Engineer e Direttore Tecnico di IBM Italia, torna ad accendere il riflettore sulle competenze e sull’importanza delle competenze rnel momento in cui si parla di co-creazione. “Co-creare significa trovare insieme non semplicemente la soluzione corretta, ma la soluzione corretta a una analisi attenta delle esigenze di business, avendo la capacità di muoversi anche in territori che non sono stati esplorati, toccando con mano, grazie ai Team tecnici, alla metodologia Garage e al contributo di IBM Research, le nuove frontiere”.
Il Quantum di Intesa Sanpaolo
Il riferimento, come è facile intuire, è a tecnologie come il Quantum Computing. Ed è qui che entrano in gioco Federico Mattei, Client Technical Leader and IBM Quantum Ambassador e Davide Corbelletto, Quantum Technology Specialist presso Intesa Sanpaolo. La domanda, di base, è sempre la stessa: abbiamo davvero bisogno di nuovi computer? Di fronte alla complessità di alcune esigenze, la risposta è senza dubbio “Sì”.
Ed è di fronte a queste complessità che nascono i computer quantistici, che cambiano intrinsecamente il modo di lavorare e di creare. In questo ambito, IBM ha scelto di lavorare con un approccio di Open Innovation, con la costituzione di una IBM Quantum network che unisce gli attori di questo settore, per portare valore al business.
È Davide Corbelletto che spiega la necessità per una realtà come Intesa Sanpaolo di lavorare con il Quantum: perché servono elaborazioni sempre più complesse, con maggiore accuratezza e tempestività di risposta. Il Quantum aiuta a creare tecniche simulative per stimare l’apprezzamento di un titolo, per sviluppare stress test scenario sulla capacità reattiva di un istituto davanti ad eventi di natura avversa. In questo senso occorre superare l’approccio deterministico a favore di un approccio probabilistico. Ed è qui che il Quantum si rivela promettente e scalabile. E quando i prototipi potranno essere industrializzati, Intesa sarà già a bordo.