Il rapporto tra innovazione digitale e mondo manifatturiero assume sempre più la connotazione di una grande trasformazione che ne stimola e contiene anche altre e che cambia profondamente i connotati della competitività. Lo scenario è oggi quello di un digital manufacturing che porta l’innovazione digitale all’interno del core business delle imprese grazie alle opportunità legate a prodotti connessi e intelligenti, a nuove logiche produttive, alla possibilità di sperimentare e attuare una evoluzione nelle relazioni tra imprese, prodotti e clienti.
Ed è proprio su questa trasformazione che si costruisce la capacità delle imprese di assicurarsi nuove forme di competitività ma anche di ripensare e rafforzare quella vocazione all’innovazione che ha fatto di alcuni territori del nostro paese delle vere e proprie forme di eccellenza riconosciute a livello internazionale, come nel caso delle “valley” che si “incrociano” nel territorio emiliano: la Food, la Motor e la Packaging Valley.
L’intreccio di questi percorsi di innovazione, di competitività e di cultura del manifatturiero è il filo conduttore del ricco palinsesto di interventi che hanno animato l’evento “Making. The path to digital manufacturing” organizzato da NiEW, società di consulenza specializzata in progetti di innovazione e trasformazione digitale. E l’analisi e il confronto, vissuti sia in presenza fisica sia in live streaming, hanno portato l’attenzione su Machinery e Component Builders, due settori di eccellenza a livello internazionale nella produzione di macchine, impianti e componentistica che si trovano oggi davanti alla sfida di un digitale che abilita e accelera lo sviluppo di nuove forme di valore e apre alla possibilità di attuare nuovi modelli di business.
Indice degli argomenti
Un cambiamento nella generazione di valore per le imprese del manifatturiero
“Da qualche anno, i settori del ‘making’ hanno assistito ad un cambiamento del value pool – ha osservato Andrea Ceci, Director, Strategy & Innovation NiEW – che si sta sempre più spostando dall’hardware al software e più in generale da un asset di valore basato sul prodotto ad asset di valore basati sui servizi. In questo contesto, la relazione con il cliente assume un ruolo fondamentale su tutti i touchpoint: dalla generazione del bisogno, all’acquisto, dalla produzione del bene ai servizi post-vendita sino alla gestione della dismissione del bene stesso”.
Si permette, grazie ai dati e ai prodotti connessi, un ripensamento profondo delle relazioni tra cliente e fornitore.
“Nel percorso verso forme di valore sempre più orientate al servizio – prosegue Ceci -, il digitale è destinato a svolgere un ruolo di primaria importanza nella creazione e nel mantenimento di nuove forme di vantaggio competitivo, un vantaggio che non sarà più intrinsecamente legato al prodotto, ma dovrà essere ripensato in relazione alla conoscenza dell’intera relazione tra azienda e cliente, in una prospettiva di End-to-End Digital Customer Experience”.
Human-centered Digital Manufacturing: una innovazione al servizio di aziende e persone
Andrea Violante, Partner & CEO NiEW si confronta con Marco Bentivogli, Coordinatore Nazionale BASE Italia
“L’innovazione digitale è una delle sfide più importanti che ogni azienda di ogni settore deve affrontare – esordisce Andrea Violante, Partner & CEO NiEW – Un tema che si colloca oggi su un piano sempre più globale e che assume un carattere abilitante anche per altre trasformazioni come quelle legate all’organizzazione del lavoro e alla sostenibilità”. Per l’Italia questa sfida ha poi un carattere che è nello stesso tempo speciale e critico in ragione della coesistenza tra un gap digitale che deve essere colmato e una capacità di innovazione tecnologica e di prodotto di eccellenza che deve essere sostenuta e rafforzata. Un punto di forza, quello del manifatturiero che va però confermato in uno scenario in grande trasformazione e dove la competizione non può essere “solo” sull’innovazione tecnologica di prodotto, ma sulla sintesi tra manufacturing e digitale.
L’importanza di sostenere il processo avviato con il Piano Industria 4.0
Marco Bentivogli, Coordinatore Nazionale BASE Italia invita subito a non considerare, “come spesso accade”, il digitale di per sé come un cambiamento. “Il digitale – precisa – è un fattore abilitante del cambiamento, è una spinta verso un cambiamento che si svolge su tanti altri assi”. E tra i fattori più decisivi di cambiamento, Bentivogli sottolinea l’importanza per tutto il mondo manifatturiero del processo avviato con il Piano Industria 4.0, “che grazie a una politica pubblica ha saputo sgravare e favorire gli investimenti tecnologici, creando le condizioni per più di 11 miliardi di investimenti privati”.
“Adesso – prosegue – assistiamo a una importante evoluzione del digitale che si trova nella condizione di realizzare e rendere accessibili le prospettive che si potevano immaginare nel passato con la fabbrica integrata degli anni ’90: pochi magazzini, produzioni on-demand, alto livello di personalizzazione, gestione ottimizzata delle risorse”. Ora tutto questo non solo è possibile, ma è anche più accessibile a un ampio numero di imprese.
E questa prospettiva non è più solo un tema di innovazione ma, come torna a mettere in evidenza Bentivogli, rappresenta anche un nuovo paradigma industriale che permette di flessibilizzare gli impianti sulla domanda e sul prodotto, che consente di attuare un approccio sartoriale della produzione manifatturiera e che di fatto apre nuove forme di competitività. Nello stesso tempo, tuttavia, è un processo che deve essere accompagnato da una crescita delle competenze delle persone. “Perché – tiene a sottolineare provocatoriamente – le fabbriche senza lavoratori o ‘workless’ non solo non funzionano, ma per queste nuove forme di competitività abilitate dal digitale servono al contrario lavoratori con competenze altissime, essenziali per sostenere questi processi organizzativi e produttivi”.
Lavoratori e imprenditori: il cambiamento è un “gioco” di squadra
Andrea Violante mette a sua volta in evidenza la necessità di preparare le imprese alle sfide di una flessibilità nella produzione che possa fare riferimento a nuove forme di flessibilità nella gestione della forza lavoro e nello sviluppo di nuove competenze e si interroga sul fatto che queste prospettive e questo cambiamento siano adeguatamente compresi da lavoratori e imprenditori.
Per Bentivogli la velocità del cambiamento rappresenta un’altra caratteristica di questa trasformazione e investe sia i lavoratori sia gli imprenditori. “Con la pandemia – sottolinea – si è evidenziata per tutti la convenienza di dare vita a sistemi e modelli organizzativi nuovi e molte resistenze del passato sono state superate. Lo scenario è cambiato, ma – denuncia – non dobbiamo purtroppo dimenticare che il nostro è un paese ‘tecnofobo’ e occorre far comprendere in modo chiaro che l’innovazione tecnologica non serve solo alla produttività, ma può rappresentare un fattore determinante per l’esistenza stessa dell’azienda e per la stessa continuità del business”.
Come gestire un value pool che si sposta dall’hardware al software
Violante invita a guardare con attenzione a un tasso di competizione che è a sua volta in crescita con un value pool che dall’hardware si sposta verso la componente software aprendo la strada a nuove forme di offerta e a nuove modalità di competizione. In questo scenario, Violante esprime anche un invito a riflettere sui percorsi di innovazione di interi territori come la food valley, la packaging valley e la motor valley.
Bentivogli riflette a sua volta sul rapporto tra innovazione e territori invitando a prendere atto che il paradigma dello sviluppo territoriale non è più quello dei distretti industriali o dei sistemi locali che abbiamo conosciuto nel passato, ma è quello degli ecosistemi. “Qualsiasi sistema produttivo interconnesso e interdipendente deve essere costruito attorno ad una piattaforma che mette in relazione tutti i soggetti con ruoli diversi. In questo contesto – precisa – la stessa Pubblica Amministrazione non solo deve erogare i servizi, ma deve strutturarsi come una piattaforma di dialogo e di interoperabilità dei dati. Nel nostro paese – denuncia – occorre smettere di confondere ricerca di base (università) e applicata (innovazione). Servono infrastrutture diffuse sul territorio a rete in grado di sedimentare tecnologie e competenze trasferendole a imprese e lavoratori”.
L’innovazione “quando arriva non chiede il permesso a nessuno”
Con il tema della relazione tra Nord-Sud nei processi di innovazione Violante stimola Bentivogli all’analisi delle grandi eterogeneità che caratterizzano il nostro paese: “non solo si evidenziano storiche differenze tra Nord e Sud – osserva -, ma il Nord a sua volta non è del tutto uguale ed è oggi più che mai fondamentale creare un sistema a rete che sappia coinvolgere sempre di più le PMI nei processi di innovazione”. Nello stesso tempo però Bentivogli osserva che “non abbiamo alternative, dobbiamo agire su più fronti focalizzando al massimo l’attenzione sulle competenze e sulle competenze digitali. Abbiamo il dovere – conclude – di far capire a lavoratori e imprenditori che il digitale non è una opportunità, ma è la modalità per garantirsi un futuro. Perché l’innovazione quando arriva non chiede il permesso a nessuno e se non arriva vuol dire che siamo finiti”.
Passtur: un nuovo paradigma nel food manufacturing
L’evento “Making” di NiEW è stata anche l’occasione per conoscere la proposta innovativa e “rivoluzionaria” per il Food manufacturing di Alexander Bromage, fondatore di Passtur, startup specializzata nei sistemi per la produzione agroalimentare. Bromage invita a guardare al ruolo del digitale in ambito food & beverage come percorso per ridurre la complessità, per ripensare i processi aziendali, per migliorare i touchpoint e le modalità di relazione con i clienti.
Dopo un percorso professionale nell’industria manifatturiera per il food and beverage, Bromage ha scelto di lanciare Passtur scegliendo un naming che intende evocare Louis Pasteur, inventore della pastorizzazione, il processo di lavorazione più utilizzato nel mondo food. E con la sua startup Bromage si pone un obiettivo che va al di là dell’innovazione tecnologica, e punta a garantire un “accesso più democratico ai sistemi di produzione alimentare”.
La maggior parte dei sistemi di produzione del settore è oggi organizzata prevalentemente per un’economia di scala accessibile solo ai grandi produttori, mentre appare più complessa per le imprese che operano in settori emergenti o per le aziende di minori dimensioni. Durante la pandemia, Bromage ha intercettato e analizzato la domanda di imprenditori che avevano bisogno di strutture agili e nuove forme di supporto per la loro produzione e ha deciso di approcciare questo segmento con un’offerta distintiva che si è concretizzata anche nella forma di un nuovo business model.
Secondo Bromage il digitale può aprire grandi opportunità al mondo del food manufacturing: “molte aziende lavorano con processi non strutturati, perdono molti vantaggi competitivi proprio perché tante attività non sono adeguatamente automatizzate. Ed è importante identificare con precisione – sottolinea – che grazie, ad esempio, all’automazione dei flussi di lavoro, dei touchpoint e delle informazioni, dei dati relativi a materiali, scorte e semilavorati e della produzione in modo sincronizzato con i flussi di distribuzione e vendita si possono ottenere significativi risparmi di denaro, maggiori sinergie e si possono creare nuovi servizi”. Bromage invita poi a guardare ai bisogni di imprese che hanno la necessità di lavorare su lotti di produzione ridotti e considera che uno fattori differenzianti per queste realtà è nel time to market, nella velocità e nell’efficienza con cui si riescono a gestire queste richieste del mercato.
Bromage definisce orgogliosamente Passtur “un’azienda software native o software driven” e sottolinea che “sarà l’uso del software a velocizzare e rendere sempre più precise molte decisioni. A questo proposito, Bromage insiste molto sul valore di una innovazione che guarda con grande attenzione ai temi dell’interfaccia utente e alla riduzione della complessità nelle operations. Innovazione certamente ma anche semplificazione dei percorsi di innovazione: in questo contesto, il confronto tra Andrea Violante e Alexander Bromage mette in evidenza il valore del design thinking nella individuazione di nuovi bisogni, come strumento di analisi per inquadrare al meglio i customer needs e come modalità per indirizzare le imprese verso la creazione di nuove forme di competitività.
Trasformazione digitale e trasformazione industriale: come ripensare la competitività di imprese e territori
Ma cosa succede nelle imprese? Come vivono questi stimoli e queste sfide? Quali sono le esperienze e le strategie delle realtà più allenate all’innovazione e più esposte e attente alla competizione internazionale? Domande che hanno un valore e un “sapore” particolari per le imprese del mondo Machinery, per gli OEM e per i Component Builders. “Making. The path to digital manufacturing” ha permesso approfondire queste prospettive mettendo a confronto tre imprese di eccellenza che operano in mercati diversi come Emmegi, Bonfiglioli Riduttori e Fameccanica.
Emmegi, intreccio e sovrapposizione tra diverse trasformazioni
Sicuramente uno dei temi più “caldi” per chi affronta competizioni a livello internazionale è dato dalla sovrapposizione tra diverse forme di trasformazione: quella digitale primariamente, come fattore abilitante che sostiene, stimola, e in alcuni casi obbliga altri tipi di trasformazione che stanno cambiando i mercati e che caratterizzano un territorio vivacissimo in termini di capacità di innovazione come quello della Motor Valley, della Food Valley e della Packaging Valley. Questa trasformazione vive anche sul passaggio da un digitale interpretato come tecnologia a un digitale come fattore di conoscenza, che permette la visione e la sperimentazione di nuove forme di valore.
Come risponde un’azienda come Emmegi, punto di riferimento a livello internazionale nella produzione di sistemi per la lavorazione di profilati in alluminio, leghe leggere, pvc e ferro, ai trend di innovazione che arrivano dal digitale e dalla sostenibilità?
Andrea Anesi tiene a sottolineare che Emmegi è una realtà che da 50 anni produce macchine utensili interpretando l’innovazione come un “must” e nello stesso tempo aggiunge anche che “da due anni a questa parte la pandemia ha accelerato tanti processi a tanti livelli. In particolare, nella relazione con i clienti si è molto lavorato per comunicare e gestire la relazione tra prodotti e clienti sfruttando gli strumenti digitali. Ed è stato un passaggio culturale – prosegue – che ha ottenuto un ottimo riscontro e che ha rappresentato un ulteriore tassello nel processo di innovazione del nostro rapporto con i clienti”.
La connettività delle macchine e la capacità di raccogliere e analizzare i dati per migliorare i prodotti, i processi e il rapporto con clienti è l’altro grande tema che sta generando cambiamento. “Abbiamo avviato un percorso che punta a valorizzare i prodotti connessi e intelligenti e a sviluppare, anche sulla base dei dati che ci mettono a disposizione, nuove forme di relazione con i clienti”.
Focalizziamo l’attenzione su come sta cambiando il rapporto tra prodotto, produzione e cliente alla luce della disponibilità di dati.
“Questo è il vero punto chiave ed è qui che si concentra la vera trasformazione: dalla generazione di nuovo valore grazie alle informazioni che si possono raccogliere dalle macchine connesse e, ancora più nello specifico, sfruttare questa conoscenza per intervenire sul design dei prodotti in un’ottica di miglioramento continuo. Va detto poi che si tratta di percorso in evoluzione e che questa disponibilità di dati permette di rispondere anche a bisogni legati alla sostenibilità. Il percorso di progettazione non solo permette di realizzare prodotti più performanti e più vicini ai bisogni reali dei clienti, ma anche più attenti al risparmio energetico e alla gestione delle risorse”. Anesi sottolinea poi la necessità di lavorare sulla raccolta dei dati che effettivamente servono al cliente, sulla necessità di selezionarli e di un percorso di innovazione nel quale le macchine stesse sono nella condizione di apprendere e di gestire in modo sempre più preciso le necessità del cliente.
Qual è il next step nella valorizzazione dei dati? Come cambia il rapporto con i clienti?
Il prossimo passaggio è nei business model, nella capacità di gestire l’evoluzione dall’utilizzo di dati che aiutano lo sviluppo prodotto e il continuo miglioramento a forme di interazione continua con il cliente. “In questo contesto il post-vendita è al centro dell’attenzione: può anticipare le esigenze dei clienti, può risolvere problemi prima che si presentino e può fornire un contributo più preciso ed efficace al raggiungimento degli obiettivi dei clienti”. La prospettiva è chiara ma c’è un aspetto importante sul quale Anesi tiene a richiamare l’attenzione: “non dobbiamo dimenticarci che tutto questo è possibile solo sulla base di un rapporto di fiducia che arriva grazie alle garanzie che si devono fornire in termini di sicurezza dei dati. Nessun cliente apre la porta della sua azienda senza la garanzia sulla protezione e sulla sicurezza dei suoi dati”.
Bonfiglioli Riduttori, recuperare il piacere, la motivazione e l’orgoglio di lavorare nel manifatturiero
Il tema della connessione, del 4.0 e della capacità di lavorare sui dati e del 4.0 sta cambiando profondamente tutto il mondo delle aziende manifatturiere, vediamo con Bonfiglioli Riduttori come stanno cambiando in particolare le operations?
Massimo Birolo, Global manufacturing director, Bonfiglioli Riduttori, azienda bolognese leader nella produzione di motoriduttori, dispositivi di azionamento, riduttori epicicloidali e inverter mobili, porta una lettura e una visione originali del rapporto tra innovazione digitale e operations. “Ho lavorato per quasi 30 anni nel mondo automotive – esordisce -, in Fiat ad esempio e in altre aziende come General Electric dove ho conosciuto fabbriche integrate. Oggi viviamo però il vero cambiamento del 4.0 che arriva grazie alla fruibilità dei dati e della conoscenza a tutti i livelli”. Una prospettiva, quella del “4.0” che sta permettendo di raggiungere tantissime opportunità ma che Birolo invita ad affrontare nel segno del pragmatismo: “L’Industry 4.0 ha creato grandi necessità e opportunità, vediamo tanti esempi di digitalizzazione, ma – ammonisce – è importante prestare grandissima attenzione al vero valore che può arrivare dal digitale per ciascuna realtà, per non rischiare di digitalizzare anche le perdite”.
Nello specifico del mondo operations, Birolo sottolinea che l’incrocio tra innovazione e sostenibilità permette di portare un nuovo valore aggiunto con la capacità di eliminare al massimo le inefficienze che ricadono sul processo. “Se si analizza il ciclo di vita di una produzione dobbiamo essere nella condizione di agire ad ogni livello: dalla gestione del materiale grezzo sino al prodotto finito: occorre lavorare a livello di integrazione dei dati in modo che il mondo delle operations e della fabbrica siano completamente connessi con le esigenze dei clienti”. Tutto questo significa analisi dei dati che arrivano dai processi di digitalizzazione delle supply chain e che permettono di garantire la fornitura dei prodotti esattamente nelle modalità, nei tempi e nelle forme richieste dai clienti, con la miglior gestione possibile delle risorse.
Birolo evidenzia poi il valore delle competenze delle imprese che dispongono di strumenti per agire in modo sempre più preciso. “La vera rivoluzione è nella trasformazione e valorizzazione delle risorse che ci lavorano. L’aspetto a mio avviso più importante è nella possibilità di vedere giovani ingegneri orgogliosi di lavorare in un mondo digitale che cambia la fabbrica grazie al loro talento, di confrontarsi con idee e prospettive nuove rispetto alle potenzialità dell’innovazione”. Un aspetto quello della motivazione che per Birolo è strategico: “la digitalizzazione e la fabbrica hanno bisogno di questa motivazione: in Bonfiglioli abbiamo sviluppato percorsi di formazione per tutti i nostri operatori per affrontare e favorire questo percorso”.
In che modo la conoscenza delle esigenze dei clienti, anche dal punto di vista delle operations, rappresenta un fattore abilitante per la personalizzazione e per la creazione di nuovo valore?
“L’innovazione e la digitalizzazione non sono in sé una novità assoluta, la novità è invece oggi nella completa trasparenza del ciclo produttivo – afferma – Se vogliamo ottimizzare la nostra catena del valore è fondamentale focalizzare l’attenzione su questo passaggio. Nel nostro impianto produttivo EVO abbiamo realizzato il concetto di integrazione digitale di tipo end-to-end. Grazie a questo modello, come operations siamo nella condizione di conoscere se il nostro fornitore “X” ha in casa il materiale necessario per la lavorazione che stiamo avviando per conto del cliente “Y”, siamo nella condizione di sapere se il materiale è in spedizione, abbiamo informazioni precise su eventuali “problemi” per poterli gestire in modo appropriato, e possiamo coordinare in modo preciso tutte le attività: dalla componente amministrativa alla preparazione della lavorazione in fabbrica. Grazie a questo modello siamo nella condizione di garantire ai nostri clienti una visione e un monitoraggio puntuali di tutti i passaggi relativi al prodotto che ha ordinato”.
L’altro grande tema fondamentale che Birolo torna a richiamare è quello della sostenibilità. “A mio avviso si tratta di un tema centrale, ma la prima sostenibilità che si deve garantire – osserva – è nell’integrazione dei sistemi che, una volta attuata, permette di recuperare risorse preziosissime e permette di attuare una visione sostenibile di tutta l’azienda”.
Fameccanica: sostenibilità e servitizzazione per creare nuovo valore ai clienti
Prodotti che si trasformano, processi e operations che permettono una gestione end to end tra esigenze dei clienti e design dei prodotti: come si arriva a portare questo valore ai mercati e ai clienti?
Paola Olivieri, Head of Business Developer di Fameccanica Group, realtà specializzata in soluzioni di automazione e macchine per l’industria dei beni di largo consumo, invita a una lettura della competitività sempre più strettamente legata al digitale. “Nella nostra esperienza siamo partiti dalla leva tecnologica, vale a dire dal nostro DNA e abbiamo concentrato l’attenzione sul fatto di disporre di uno straordinario patrimonio di dati che arriva dal nostro parco installato e che ci permette di essere sempre più vicini ai nostri clienti. In questo senso, il percorso è iniziato nel 2014 quando abbiamo impostato un lavoro per la raccolta dei dati all’interno di un progetto che ci ha portato insegnamenti molto importanti.
“Grazie a quell’esperienza – osserva – abbiamo impostato un lavoro che ci sta permettendo di conoscere sempre meglio le esigenze dei clienti; che vuole portare a una continua conoscenza allo scopo di generare valore grazie a un lavoro sul dato che arriva da forme collaborative con i clienti stessi”. E grazie a questo piano si è scelto di focalizzare l’attenzione sulla componente organizzativa che è stata declinata in diverse fasi. “Siamo partiti dalla organizzazione del team digitale con un approccio interfunzionale, coinvolgendo figure IT, R&D, di automazione e processo, di marketing etc. A questo gruppo di lavoro è stato affidato il compito di affrontare tematiche diverse, anche allo scopo di diffondere un approccio il più possibile condiviso all’innovazione digitale. Si è poi lavorato sulla gap analysis rispetto agli obiettivi – prosegue – partendo dalla convinzione che occorreva porsi obiettivi adeguati e preparare le risorse in modo appropriato”.
Questo approccio Fameccanica è alla base di una scelta di investimento strategico sul digitale, ma con la convinzione – sottolinea Olivieri – che “non vogliamo diventare una software house: noi facciamo macchine e vogliamo consolidare questa nostra eccellenza nel lavorare sulle informazioni rilevanti che raccogliamo sui bisogni dei clienti e sui dati dei nostri sistemi ma – per quanto attiene allo sviluppo applicativo e al lavoro tecnologico – il lavoro è realizzato assieme a partner tecnologici che ci accompagnano in questo percorso”.
Una sfida, quella della creazione di conoscenza a beneficio dei clienti, che entra a far parte della filosofia stessa dell’azienda, perché, come evidenzia Olivieri, i bisogni cambiano continuamente: “e siamo alle prese con una trasformazione che non si ferma e la nostra stessa modalità di ascolto verso i clienti rappresenta un valore e un asset che ci permette di fare la differenza. Abbiamo infatti creato un modello collaborativo con percorsi che uniscono la conoscenza che arriva dai dati dei prodotti con la conoscenza diretta che arriva dai clienti”.
Come traducete in nuovo valore questa capacità di conoscenza, con quali modalità?
La possibilità di aumentare le potenzialità delle macchine attraverso i dati generati dagli impianti è “una fonte di conoscenza che si è scelto di affrontare in forma ibrida, unendo la dimensione digitale con quella umana. Il ruolo del digitale relativamente alla gestione di un prodotto fisico viene promosso e valorizzato grazie al supporto di un manutentore o di una figura del service che aiuta a comprendere e sfruttare tutti i miglioramenti e le forme di personalizzazione”. In questo processo è stato poi individuato un ulteriore potenziale legato alla specifica visione del digitale del cliente. “Per questo – prosegue – si è scelto di attuare un percorso graduale e sinergico che prevede una offerta di formazione verso i nostri clienti. Si tratta in questo caso di un modello che conta sulla relazione diretta con gli utenti dei sistemi e che permette nello stesso tempo di migliorare il prodotto “macchina” grazie alla conoscenza sempre più precisa delle modalità in cui il prodotto viene utilizzato”.
Crescita della componente dei servizi abilitata dal digitale e sostenibilità dall’altro: come si mettono in relazione questi due fattori e che ruolo può svolgere la servitizzazione?
“La sostenibilità per noi ha un doppio valore: raggiungere obiettivi di sostenibilità come azienda e su questo abbiamo un impegno molto forte – afferma -, ma significa anche supportare le imprese nel rendere il loro business sempre più sostenibile. Per questo obiettivo riteniamo sia importante offrire modelli scalabili e flessibili, il più possibile personalizzati sulle necessità del cliente, con un approccio che permetta di costruire percorsi di sostenibilità in grado di gestire tutti i fattori abilitanti che sono specifici per ogni cliente”.
Guardando pragmaticamente alle soluzioni e alle prospettive, Olivieri invita a considerare che “quanto più riusciamo, grazie al digitale, a simulare le linee di produzione e a calibrare nella maniera migliore possibile tutte le risorse, tanto meglio riusciamo a mettere a disposizione dei clienti la possibilità di ridurre sprechi, di ottimizzare l’energia e di indirizzare al meglio questa trasformazione”. Rispetto al tema della servitizzazione, Olivieri mette in evidenza che consente un livello di conoscenza sui sistemi e sulle necessità produttive che è fondamentale per il raggiungimento di tanti obiettivi e che con il controllo preciso sui sistemi di produzione, permette non solo di fornire un supporto diretto e concreto ai clienti nel raggiungimento dei loro obiettivi di produttività ma è un approccio fondamentale anche per la sostenibilità”.
I fattori di successo per l’evoluzione digitale nel Manufacturing
Daniele De Cia, Partner & President NiEW nelle conclusioni dell’evento riprende le keyword di queste trasformazioni, come valore, digitale, dati, ecosistema, design thinking, in un processo di innovazione che ha contrassegnato il percorso intrapreso da NiEW negli ultimi 10 anni. De Cia sottolinea l’importanza di un lavoro di stimolo e di supporto all’innovazione nel manifatturiero fortemente orientato alla Customer Centricity, e ricorda le collaborazioni con realtà importanti che hanno visto l’unione tra l’innovazione di prodotto e di processo a un focus sempre importantissimo verso la componente umana.
“L’attenzione all’esperienza utente, all’evoluzione e al rapporto con i sistemi di produzione – osserva – è sempre strettamente connessa alla necessità di lavorare in modo sempre più profondo sui temi della facilità di utilizzo, sulle competenze, sulla motivazione e sul coinvolgimento delle persone in una digital experience di tipo end to end che rappresenta una delle basi più importanti per la realizzazione delle nuove forme di competitività del manifatturiero”.
In questo scenario, De Cia richiama il ruolo legato alla creazione di piattaforme abilitanti per sperimentare e generare nuovi servizi e per creare nuovo valore con un lavoro che focalizza l’attenzione sui modelli di business, partendo dalla capacità di ripensare e gestire gli asset tangibili e intangibili delle aziende nella ricerca di forme di innovazione che permettono sempre di arrivare ai clienti con un valore distintivo. E sul punto della ricerca di nuove forme di competitività De Cia sottolinea anche l’importanza dell’agilità nell’affrontare questo cambiamento, di una cultura fondata su una corretta valorizzazione del digitale per il manifatturiero che sappia sempre mettere in relazione cambiamento e competenze, sperimentazione e verifica sul campo, articolazione e orchestrazione di ecosistemi interni ed esterni in una ricerca di nuove forme di valore che interessa sia le imprese sia territori in cui si trovano a operare.