Non solo preparazione tecnica: soft skills sempre più ricercate (e rare)

Pubblicato il 24 Gen 2018

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Accanto a sempre più elevate competenze tecniche, la complessità introdotta dalla tecnologia nel nuovo mercato del lavoro richiede attitudini comunicative, capacità di lavorare in gruppo, flessibilità, e abilità nel risolvere i problemi: attitudini meglio note come soft skills nel mondo anglosassone e, tendenzialmente, competenze trasversali nel nostro Paese. I settori maggiormente interessati dalla richiesta di queste competenze sono, nell’industria, il settore elettrico ed elettronico e il chimico-farmaceutico, e nei servizi, il settore finanziario, l’informatica e le telecomunicazioni (Unioncamere, 2017).

La capacità di lavorare in team

I datori di lavoro classificano la capacità di lavorare in team e le abilità di comunicazione orale e scritta come le qualità più desiderate. In particolare, un sondaggio del 2017 della National Association of Colleges and Employers ha rilevato che la capacità di lavorare in squadra (teamwork) è l’attributo più comunemente ricercato presso i candidati neolaureati. Il lavoro di squadra è seguito dalle abilità comunicative, dalle capacità di risoluzione dei problemi, dalle attitudini analitiche e da altri attributi in genere richiesti in contesti educativi formali (NACE, 2017).

A livello europeo, un’indagine transnazionale di Ceipiemonte (Dall’Amico e Verona, 2016) ha individuato ventuno soft skills ritenute correlate a competenze medio-alte e, suddividendole in tre macro-gruppi, ha definito una Top 12 delle soft skills più richieste, dove ancora svettano le capacità di lavorare in gruppo e di risolvere problemi, insieme al saper gestire il tempo nel modo migliore (Figura 1).

Top 12 Soft skills più richieste (Ceipiemonte, 2016).
Figura 1 – Top 12 Soft skills più richieste (CeiPiemonte, 2016).

In ambito nazionale è stata Assolombarda (2015), con un’indagine condotta in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca-Crisp (Centro di ricerca interuniversitario per i servizi di pubblica utilità), a rilevare che le soft skills più richieste per le figure più significative di Industry 4.0 sono la capacità di lavorare in team, le abilità comunicative e il problem solving, insieme con alcuni aspetti caratteriali di precisione, affidabilità, intraprendenza e dinamicità (Figura 2).

Soft skills più richieste per Industry 4.0 (Assolombarda, 2015).
Figura 2 – Le Soft skills per Industry 4.0 (Assolombarda, 2015).

Le competenze trasversali e le macchine

Perché le abilità sociali sono così ricercate nel mercato del lavoro e perché sono diventate più importanti negli ultimi anni? Una possibile causa è il cambiamento tecnologico.

Le macchine sono generalmente adatte allo svolgimento di compiti di routine codificabili secondo una serie di regole esplicite. Tuttavia, gli esseri umani risultano ancora insostituibili nei compiti che richiedono flessibilità, creatività e capacità di giudizio.

Esistono software in grado di gestire portafogli d’investimento, diagnosticare il cancro e definirne i trattamenti, battere gli umani in giochi complessi come gli scacchi; ma rimane ancora drammaticamente difficile programmare una macchina anche per una breve conversazione non strutturata con un essere umano, e ciò è nulla rispetto alla complessità dell’impegnarsi in un lavoro di squadra flessibile, sempre più necessario negli attuali ambienti lavorativi. Il motivo è che la capacità umana di leggere e interagire con gli altri è basata su una conoscenza tacita che si è evoluta nel corso di migliaia di anni, ed è difficile decodificare in forma di reverse-engineering un processo intimo, così difficile da spiegare esplicitamente.

I progressi dell’ICT e dell’automazione hanno permesso di sviluppare tecnologie limitate a semplici scambi sociali come le telefonate dei clienti ai call center o l’acquisto di biglietti, ma ciò è ben lontano dalla vera interazione sociale, che richiede non solo una conversazione algoritmica ma una vera e propria comprensione e/o empatia. Da qui nasce la necessità di ricercare tuttora negli esseri umani quelle competenze atte a svolgere ruoli che le macchine non riescono a ricoprire.

Perché il lavoro di squadra

Il lavoro di squadra offre vantaggi oggettivi. I componenti di un team si distinguono tra loro nelle capacità e conoscenze pregresse, e fornendo ciascuno il proprio apporto alla riuscita del progetto si scambiano nozioni e abilità. Proprio come nel concetto di “Vantaggio comparato” di Ricardo (1891) è possibile concettualizzare il lavoro di squadra come attività di negoziazione tra lavoratori, dalla quale si ottiene un mutuo vantaggio (Deming, 2017).

Il lavoro di squadra, però, richiede la capacità di comprendere le motivazioni degli altri. Lavorare efficacemente con gli altri significa non solo osservare il loro comportamento ma anche capire perché agiscono nel modo in cui lo fanno. È necessario trovarsi a proprio agio nell’interazione faccia-a-faccia, in multipla compresenza, avere nozioni base, anche inconsce, di comunicazione non verbale, di paralinguistica (toni, frequenze, ritmi, silenzi), cinesica (movimenti, mimica facciale), prossemica (spazi), aptica (messaggi quali strette di mano, abbracci, pacche sulle spalle, ecc). È necessario saper costruire assieme ai propri colleghi una microstruttura sociale, un team di persone che interagiscono le une con le altre in modo ordinato, con regole comuni e condivise benché tacite, sulla base di aspettative condivise: un gruppo, insomma.

Le competenze trasversali, il lavoro di squadra, e i Millennial

Proprio sulla capacità di lavoro in squadra nascono i problemi per le nuove leve: i Millennial (o Generazione Y, nati fra i primi anni Ottanta e l’inizio degli anni Duemila).

In virtù dell’essere cresciuti nell’era dell’informazione, i Millennial sono la generazione più tecnologica che il mondo abbia mai conosciuto. Di conseguenza, questa porzione crescente della forza lavoro è attratta dalle carriere cosiddette “STEM” (science, technology, engineering, and math) e vanta mediamente un portafoglio di abilità tecniche complesse che spesso sorprendono se rapportate alla giovane età di chi le possiede. Tuttavia, quando si tratta di competenze trasversali, i Millennial non sempre si rivelano all’altezza, e ciò si sta rivelando frustrante per i datori di lavoro.

Da diversi anni ormai, numerose ricerche suggeriscono che i neolaureati, benché tecnicamente preparati, evidenzino carenze nelle competenze trasversali (Begel e Simon, 2008; Cole e Thompson, 2002; Jackson, 2009; Jackson e Chapman, 2012; Sahni, 2011; Wharton, 2002).

Secondo un più recente studio (McKinsey, 2017), il 40% dei datori di lavoro ha dichiarato di avere difficoltà a riempire i posti vacanti perché i lavoratori più giovani non sono in possesso di competenze trasversali come comunicazione, lavoro di squadra e puntualità. Allo stesso modo, un sondaggio PayScale (2016) aveva ottenuto risultati simili l’anno precedente, con i manager che evidenziavano teamwork, ownership e leadership come abilità difficili da reperire presso i Millennial.

Perché i Millennial sono a disagio nell’interazione faccia-a-faccia? Anche in questo caso, la possibile causa è da ricercarsi, ancora, nel cambiamento tecnologico. O meglio, nel Determinismo tecnologico, teoria secondo cui la pervasività delle tecnologie è tale da rappresentare la principale e più evidente causa delle trasformazioni dell’organizzazione sociale. I social media stanno disabituando le giovani generazioni al contatto diretto e personale. L’impiego dell’elettronica in tutte le forme di comunicazione ha ridotto drasticamente la capacità d’interagire a livello umano. Ciò può portare a incomprensioni e inefficienze sul posto di lavoro, e in queste situazioni alcuni lavoratori rischiano di isolarsi dal resto del gruppo e/o creare piccole fazioni che si osteggiano, anziché contribuire allo scambio relazionale tra gli elementi della rete sociale costituente il gruppo di lavoro. Per questi motivi, i responsabili delle Human Resources aziendali cercano sempre di più candidati in possesso di spiccate doti comunicative.

Adeguare i percorsi formativi

Cosa fare per aumentare le soft skills delle generazioni a venire? È il principale interrogativo che ci si pone a livello educativo. In generale non ci sono programmi specifici per lo sviluppo delle soft skills nell’ambito dei percorsi ordinari d’istruzione e formazione professionale. Tuttavia, non si tratta di aggiungere nuove discipline ma di cambiare la didattica, che dovrebbe essere prevalentemente fondata su un modello di apprendimento esperienziale in grado di coniugare l’acquisizione di conoscenze con lo sviluppo di competenze e abilità trasversali.

A tal proposito le esperienze di alternanza scuola-lavoro che dovrebbero svilupparsi nel prossimo futuro, ponendo a diretto contatto e confronto gli istituti educativi con le realtà lavorative e le istanze di queste ultime, possono rappresentare il contesto ideale in cui realizzare un nuovo modello didattico fondato, anche, sulle competenze trasversali.

Per saperne di più

Un elenco di testi di cui si consiglia la lettura per ulteriori approfondimento

  • Assolombarda, 2015, Alla ricerca delle competenze 4.0, Assolombarda, Milano.
  • Begel Andrew e Simon Beth, 2008, Struggles of new college graduates in their first software development job, Microsoft, Redmond WA (USA).
  • Cole Lee e Thompson Greg, 2002,  Satisfaction of Agri-business employers with college graduates they have hired, Nacta journal, 46(1), 34-39, Corvallis OR (USA).
  • Dall’Amico Elena e Verona Simonetta, 2016, Quali sono le Soft skill più richieste dalle imprese?, Ceipiemonte, Torino.
  • Deming David J., 2017, The Value of Soft skill in the Labor Market, NBER Reporter 2017 Number 4, Cambridge, MA (USA).
  • Jackson Denise, 2009, An international profile of industry-relevant competencies and skill gaps in modern graduates, International journal of Management Education, 8(3), 29-58, Crawley WA (Australia).
  • Jackson Denise e Chapman Elaine, 2012, Non-technical skill gaps in Australian business graduates, ECU Publications, 54(2/3), 95-113, Joondalup WA (Australia).
  • Manyika James, 2017,  Technology, jobs, and the future of work, McKinsey, New York NY (USA).
  • NACE – National Association of Colleges and Employers, 2016, Job Outlook 2017, Bethlehem PA  (USA).
  • Payscale, 2016, Workforce-Skill Preparedness Report, Payscale, Seattle WA (USA).
  • Ricardo David, 1891, On the Principles of Political Economy and Taxation, London (UK).
  • Sahni Latika, 2011, The impact of Soft skill training induction programme on new entrants, BVIMR Management Edge, 40-47, Delhi (India).
  •  Unioncamere, 2017, La domanda di professioni e di formazione delle imprese italiane nel 2017, Roma.
  •  Wharton Glenn, 2002, Faculty perceptions of communication skill and needs of business school undergraduates in Singapore, Business Communication Quarterly, 65(4), 39-59, Tanglin (Singapore). 

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Maurizio Taglioni

Sociologo e giornalista, costantemente alla ricerca di una sintesi tra cultura tecnologica e vitivinicola, le sue due grandi passioni. In ambito tecnico annovera un antico diploma di perito in telecomunicazioni, una laurea in Scienze e tecnologie della comunicazione, e trent'anni di esperienza lavorativa nell'informatica e nell'automazione (IBM, Texas Instruments e Siemens).

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