Nei primi tre anni di applicazione del Piano Transizione 4.0 – il 2020 (anno in cui l’iperammortamento si è trasformato in crediti d’imposta) e il biennio 2021-2022 quando il piano è stato finanziato con le risorse del PNRR – le imprese italiane hanno maturato complessivamente 29 miliardi di euro di credito d’imposta per investimenti destinati alla digitalizzazione del sistema produttivo.
Gli incentivi hanno stimolato maggiori investimenti con ricadute positive sull’occupazione e sui ricavi delle imprese beneficiarie, soprattutto per le PMI e per le imprese che si sono mosse per prime per mettere a terra gli investimenti.
Sono i numeri che emergono dal “Rapporto intermedio di valutazione dell’impatto economico degli interventi del “Piano Transizione 4.0” prodotto dal Comitato scientifico composto da rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e della Banca d’Italia.
Il documento offre quindi una prima valutazione dell’impatto economico, dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi previsti dal Piano Transizione 4.0, introdotto con la Legge di Bilancio per il 2020.
Indice degli argomenti
Transizione 4.0: la maggior parte degli investimenti è stata realizzata in beni materiali e da PMI
Dei 29 miliardi ben 23 miliardi di euro, pari a oltre l’80%, sono relativi a investimenti in beni materiali 4.0, mentre i restanti 9 miliardi sono suddivisi tra ricerca e sviluppo, beni immateriali e formazione 4.0.
L’analisi mostra che la maggior parte dei crediti d’imposta è stata accumulata da società di capitali.
In dettaglio le società di capitale hanno generato
- l’83% degli investimenti in beni materiali 4.0
- il 91% degli in beni immateriali 4.0
- il 98% degli investimenti in attività di ricerca, sviluppo e innovazione (R&S&I)
- il 92% delle attività per la formazione 4.0
Per i beni materiali oltre il 60 per cento del credito d’imposta è stato maturato da imprese di dimensioni medie e piccole.
Analizzando invece il dato relativo ai beni immateriali le micro e piccole imprese hanno ottenuto quasi il 50% dei crediti d’imposta per beni immateriali 4.0 e rappresentato il 70% dei beneficiari.
Nel caso del credito d’imposta R&S&I le micro e piccole imprese hanno beneficiato rispettivamente del 17% e del 24% del credito complessivo (qui a farla da padrona sono chiaramente le grandi imprese).
Le micro e piccole imprese del Sud hanno puntato su Formazione 4.0
Per quanto riguarda il credito d’imposta per la Formazione 4.0, le micro e piccole imprese hanno assorbito ben il 78% del totale. Al Sud si trovava oltre il 37% delle imprese beneficiarie, una quota più che doppia rispetto ad altri crediti nel piano di transizione 4.0.
Questo credito ha mostrato una distribuzione diversa rispetto ad altre misure del piano: ad esempio, il settore manifatturiero, solitamente dominante, ha assorbito solo il 28% dei crediti per la Formazione 4.0.
Tali differenze potrebbero essere attribuite ai limiti di spesa più bassi rispetto ad altri crediti d’imposta del piano.
Le grandi imprese, meno numerose, hanno ricevuto complessivamente meno fondi per questi incentivi rispetto a quelli con limiti più elevati. Per il credito formazione, il limite di spesa per le piccole imprese era fissato a 300.000 euro, superiore ai 250.000 euro per altre imprese, con l’obiettivo di destinare maggiori risorse alle aziende più piccole che spesso presentano maggiori carenze nell’innovazione e digitalizzazione.
Credito d’imposta in beni materiali 4.0: chi ne ha usufruito maggiormente
Nel periodo 2020-2022 le società di capitali sono state le principali beneficiarie dei crediti d’imposta per investimenti in beni materiali 4.0, ricevendo circa l’83% del totale in termini di valore e oltre il 50% per numero di aziende.
In questo triennio circa 85.000 società di capitali hanno usufruito di tali crediti, accumulando oltre 18 miliardi di euro. Il 2021 è stato particolarmente significativo con circa 9 miliardi di euro maturati, grazie a tassi di credito più elevati e alla ripresa degli investimenti post-crisi pandemica.
Le imprese di medie e piccole dimensioni hanno maturato oltre il 60% dei crediti, rispettivamente 5,7 e 5,6 miliardi di euro. Le grandi imprese hanno ricevuto più di 4 miliardi, mentre le micro imprese hanno ottenuto 2,6 miliardi di euro.
In generale, il credito medio era più alto per le imprese più grandi, con circa 656.000 euro per le grandi imprese, più del doppio rispetto alle imprese medie che hanno maturato un credito medio di 290.000 euro. Le micro e piccole imprese hanno maturato crediti medi significativamente inferiori, pari a 53.000 e 134.000 euro rispettivamente.
La distribuzione geografica evidenzia che circa il 70% del credito è stato maturato da imprese residenti nel Nord Italia, totalizzando 12,6 miliardi di euro, seguite da quelle del Sud con circa 3 miliardi e del Centro con circa 2,6 miliardi di euro.
Le imprese del Nord ovest hanno maturato crediti medi superiori del 80% rispetto a quelle del Mezzogiorno. Tuttavia, i dati si basano sulla residenza fiscale delle imprese e non riflettono necessariamente dove sono stati effettuati gli investimenti, specialmente per le grandi imprese con stabilimenti in diverse regioni.
Nel settore manifatturiero le imprese hanno maturato oltre il 60% del totale dei crediti, equivalenti a circa 11,5 miliardi di euro, seguite dai settori del commercio e delle costruzioni. Le aziende del settore energetico hanno realizzato investimenti mediamente più elevati, con un credito medio di circa 231.000 euro, seguite da quelle manifatturiere e dei trasporti con crediti medi di 225 e 163.000 euro rispettivamente.
Transizione 4.0, le PMI hanno iniziato a investire più gradualmente
Nel corso degli anni la distribuzione dei crediti d’imposta per gli investimenti in beni materiali 4.0 ha mostrato cambiamenti significativi.
Le aziende che hanno iniziato a investire nel 2020 erano generalmente più grandi, e infatti, oltre il 70% del credito totale in quell’anno è stato maturato da imprese di medie e grandi dimensioni. Questa percentuale è diminuita nei due anni successivi, scendendo al 35% nel 2021 e al 28% nel 2022, con una riduzione particolarmente marcata per le grandi imprese.
Nel contempo le piccole imprese hanno visto un aumento della loro quota di crediti, arrivando a maturare oltre un terzo del totale nel 2021 e 2022. Anche le micro imprese hanno aumentato la loro partecipazione, passando dal 6% nel 2020 a oltre il 26% nel 2022.
A livello geografico dal 2020 al 2022 si è osservato un incremento della quota di crediti per imprese situate al Sud e una diminuzione di quelle al Nord.
Infine, per quanto riguarda i settori economici, le imprese manifatturiere hanno visto una riduzione della loro quota di crediti, mentre sono aumentate quelle per i settori del commercio, dei servizi e dei trasporti.
Questi risultati mostrano che, nel tempo, l’incentivo ha attratto sempre più aziende con una maturità digitale inferiore, promuovendo così una digitalizzazione più ampia e diffusa. Si stima che tra il 70% e l’85% delle aziende beneficiarie non avesse investito in tecnologie digitali avanzate prima dell’adozione del piano.
Gli effetti di Transizione 4.0 su investimenti, redditività e lavoro
In generale, i crediti d’imposta del Piano Transizione 4.0 hanno avuto effetti positivi sugli investimenti, sull’occupazione e sui ricavi delle aziende.
Gli incentivi non hanno portato a una sostituzione tra capitale e lavoro; anzi, si sono osservati aumenti occupazionali quasi in tutte le categorie di imprese.
Infine, gli effetti più significativi sono stati registrati tra i primi investitori, mentre per coloro che hanno aderito successivamente, gli effetti potrebbero manifestarsi più avanti nel tempo.
Vediamo più nel dettaglio l’analisi degli effetti del Piano Transizione 4.0, particolarmente rilevante per comprendere l’efficacia e l’attrattività di questo tipo di incentivi.
Gli effetti sull’occupazione: 40.000 posti di lavoro creati
L’utilizzo del credito d’imposta per beni materiali 4.0 ha portato a un ampliamento della forza lavoro, con aumenti annuali che andavano dallo 0,7% al 3,1%, anche se questo effetto è stato meno evidente nelle micro imprese che hanno iniziato a investire nel 2021 o 2022, così come nelle grandi aziende che hanno avviato investimenti nel 2022.
Nello specifico, utilizzando le stime riportate nella tabella sottostante e i dati sui livelli occupazionali delle imprese prima dell’implementazione del piano, è stato possibile calcolare quanti nuovi posti sarebbero stati creati grazie a questo incentivo.
Le piccole e medie imprese hanno registrato l’aumento maggiore in termini assoluti, con circa 18.000 e 15.000 nuovi occupati rispettivamente. Le grandi aziende hanno aggiunto circa 5.000 posti, mentre le micro imprese hanno visto un incremento di circa 1.600 posti di lavoro.
Gli effetti sul tasso di investimenti
L’analisi condotta sul piano Transizione 4.0 ha rivelato che, tra il 2020 e il 2022, le aziende che hanno usufruito degli incentivi hanno visto un significativo aumento del loro tasso d’investimento.
Questi incrementi variavano tra 0,4 e 3,7 punti percentuali, a seconda della dimensione dell’impresa.
Nello specifico le aziende di grandi e medie dimensioni hanno registrato un incremento medio del tasso di investimento tra 0,5 e 0,8 punti percentuali, mentre le piccole imprese hanno visto un aumento più consistente, pari a 1,8 punti percentuali.
Il maggior impatto è stato osservato nelle micro imprese, che hanno avuto incrementi compresi tra 3,3 e 3,7 punti percentuali a seconda del gruppo di trattamento. Questi effetti sono notevoli, soprattutto considerando che il tasso medio di investimento prima degli incentivi era circa il 2%.
Gli effetti sui ricavi
Gli incentivi hanno anche prodotto effetti positivi sui ricavi, soprattutto per le piccole e micro imprese, che hanno registrato incrementi del 8% annuo, seguite dalle medie imprese con il 6% e dalle grandi con il 2%. I maggiori benefici sono stati osservati tra le aziende “first adopters” del 2020.
Le medie imprese hanno visto un aumento del fatturato tra 4,5 e 7,7 euro per ogni euro di credito, mentre le piccole imprese tra 2,5 e 4,8 euro. Le micro imprese del 2020 hanno registrato un incremento di 2,6 euro per ogni euro di credito.
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