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Impegno, ingegno e dedizione: ecco come i costruttori di macchine utensili possono uscire vincitori dalla crisi

Il settore dei beni strumentali sta affrontando un momento particolarmente delicato. Le aziende italiane devono innovare puntando su impegno, ingegno e dedizione per uscire vincitrici dalla crisi e non competere solo sul prezzo. La crisi tedesca e la produzione cinese complicano la situazione, ma si prevedono segnali di ripresa per il 2025, con una crescita dei consumi di macchine utensili, indice di un possibile rilancio industriale. Le riflessioni di Alfredo Mariotti, direttore di UCIMU – Sistemi per Produrre

Pubblicato il 21 Nov 2024

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È sempre più difficile operare in un mondo, quale quello del bene strumentale, pieno di insidie e soggetto a cambiamenti collegati spesso a percezioni che i consumatori hanno e che sono motivate da mode che poi si diffondono a valle tra i clienti.

Le evoluzioni degli ultimi anni hanno portato a una complessità crescente nell’offerta di beni anche per la nascita di nuovi player a livello internazionale.

Questo costringe le aziende, in particolare quelle italiane, a un impegno spasmodico nella ricerca di soluzioni tecnologiche che permettano loro di fuggire dalla rappresentazione del prezzo come unico elemento fondamentale per l’acquisizione e la fidelizzazione della clientela.

Una clientela sempre più preparata e “pretenziosa” che, a sua volta, ha bisogno dell’eccellenza per poter competere.

Se poi consideriamo la particolare situazione italiana, in cui operano aziende di dimensioni medio-piccole, non possiamo non comprendere che, in momenti come l’attuale, in cui il paradigma di processo produttivo è completamente cambiato ed è in continua evoluzione per la necessità di transizione da una produzione meccatronica a una digitale, senza un intervento sussidiario le famiglie proprietarie delle piccole e medie imprese dovrebbero “svenarsi” per inseguire e/o realizzare le necessarie evoluzioni tecnologiche.

È facile così porsi la domanda: perché non si accorpano mirando a potenziare non solo le risorse economiche ma anche ad avere all’interno una maggiore presenza di persone con diverse competenze e pertanto con più alta capacità di intervento su processi industriali che possono trovare soluzione solo con persone preparate ad affrontare le novità spesso non ancora espresse ma da intuire per poter allargare il mercato?

La risposta è complessa, i fattori sono molteplici.

L’innovazione nelle macchine utensili tra creatività imprenditoriale e sfide globali

Provo a giovarmi dell’esperienza acquisita nel campo delle macchine utensili. Il prodotto delle aziende del settore, ciò vale anche per diversi comparti produttivi di beni strumentali, è un prodotto vivo, capace di trasformare in qualcosa di tangibile le idee umane.

Questo porta gli inventori, teniamo presente che spesso l’azienda è nata su invenzioni, a vedere nel risultato l’espressione della propria capacità di trasformare il pensiero in opera: l’orgoglio di essere imprenditore, la capacità di “creare”.

Partendo da tale elemento psicologico diviene molto difficile unirsi con altre aziende perché ciò costringe a dividere la propria “creatura”. Già sono complessi i passaggi generazionali perché si può passare tutto alla generazione successiva ma non la propria testa, figuriamoci la difficoltà di una condivisione.

In tutta questa complessità, rinforzata altresì da stravolgimenti geopolitici, pur operando nella parte occidentale del mondo che nell’area europea pare fare di tutto per autoinfliggersi punizioni, le aziende italiane produttrici di macchine utensili e dell’intero machinery si muovono con la sapienza di coloro che con impegno, ingegno e dedizione, hanno imparato a convivere con rivoluzioni industriali.

Infatti, anche in momenti come l’attuale, di particolare crisi dei consumi, il mondo nazionale dei produttori continua ad incrementare la propria capacità di penetrazione sui mercati pur dovendo sottostare a “colpi” inferti da diverse parti del mondo che provocano una rapida chiusura dei mercati internazionali.

È evidente il riferirsi alle guerre in atto che vedono protagonisti grandi consumatori dei nostri beni strumentali e fornitori di materie prime come Russia, Ucraina, Iran e tutto il Medio Oriente compresa parte degli Emirati.

A ciò dobbiamo aggiungere la volontà dei Paesi asiatici, in particolare Cina e India, di entrare nella competizione internazionale sfidando l’occidente con prezzi più competitivi, avvantaggiati economicamente anche da una minore attenzione alle problematiche ambientali che, giustamente, l’occidente pone alla base del proprio sviluppo.

L’impatto della crisi tedesca sulle esportazioni italiane e le prospettive di ripresa

Tutto ciò mette in difficoltà il maggior mercato di esportazione dei nostri prodotti: la Germania. Molto esposta agli scambi industriali con la Cina, la Germania si è trovata in difficoltà nel momento in cui gli orientali hanno ritenuto di privilegiare la propria attività, producendo essi stessi i macchinari che prima importavano dal mercato tedesco.

A ciò si sono aggiunte problematiche nel reperimento di alcune componenti necessarie per la produzione di macchinari in quanto, avendo incrementato la propria produzione, i cinesi hanno avuto necessità di utilizzo interno della componentistica prodotta.

La crisi tedesca deve preoccupare l’intera economia europea: se va in crisi la locomotiva, si ferma tutto il treno. È una problematica che l’Unione Europea deve fissare fra i punti principali della propria attività assieme alla necessità di rivedere le proprie convinzioni in materia di mobilità sostenibile.

L’Europa è una delle maggiori zone manifatturiere del mondo e grande produttrice di motori endotermici, ma non ha alcuna competenza sui motori elettrici. Perché si è deciso di farsi del male non mettendo in atto la capacità di ottenere i medesimi risultati nel miglioramento delle condizioni ambientali muovendosi nel campo della neutralità tecnologica? È necessario ravvedersi.

Nonostante tutto possiamo però concederci un momento di ottimismo. Le previsioni segnalano una ripresa dei consumi italiani di macchine utensili del 10,5% nel 2025 rispetto al 2024. Questo sta a significare che se si muove il bene di produzione che sta alla base del processo manifatturiero, tutta la catena del valore industriale riprenderà slancio.

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Alfredo Mariotti

Direttore Generale Ucimu-Sistemi per Produrre

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