L’Italia, il nostro sistema-Paese hanno bisogno dell’AI generativa? E quali impatti potrebbe avere sia nell’immediato sia potenzialmente sulle produzioni del Made In Italy e conseguentemente sulle aziende, sui cittadini e sui territori?
Sono queste le domande dalle quali è partita la l’iniziativa AI 4 Italy – Impatti e prospettive dell’Intelligenza Artificiale Generativa per l’Italia e il Made in Italy promossa da The European House – Ambrosetti e Microsoft e presentata nella giornata di apertura del Forum di Cernobbio.
“In questa ricerca – ha sottolineato Corrado Panzeri, Partner, The European House – Ambrosetti – ci siamo volutamente focalizzati sull’intelligenza artificiale generativa. E proprio questa specificità rappresenta al momento un unicum. Lo abbiamo fatto seguendo una metodologia che ha previsto la costituzione di un Advisory Board, al quale hanno preso parte non solo rappresentanti di The European House – Ambrosetti e Microsoft, ma anche personalità come Padre Paolo Benanti, Docente di neuroetica e teologia morale della Pontifica Università gregoriana, Giorgio Metta, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia e Maria Savona, Professoressa di Economia Applicata dell’Università LUISS Guido Carli, l’organizzazione di incontri riservati con stakeholder chiave delle imprese e delle istituzioni, una survey su 108 aziende, l’elaborazione di un modello di impatto e l’identificazione di diverse tipologie di use case”.
Indice degli argomenti
Cinque messaggi chiave sull’AI generativa per il Sistema Italia
La sintesi di questo lungo lavoro, precisa ancora Panzeri, può essere riassunta in cinque messaggi chiave:
- L’Italia ha bisogno dell’Intelligenza Artificiale Generativa per sbloccare la produttività e contrastare gli effetti avversi di una popolazione che invecchia
- Gli use case della AI generativa sono trasversali a tutti i settori: il punto non è se ci sarà un impatto, ma quanto sarà importante.
- La produttività del sistema Italia potrà aumentare fino al 18% grazie all’adozione di intelligenza artificiale generativa.
- L’intelligenza artificiale generativa pone diversi rischi etico sociali: per questo è necessario sviluppare un approccio responsabile, caratterizzato da trasparenza, affidabilità, sicurezza ed equità.
- Per cogliere tutte le opportunità dell’intelligenza artificiale generativa, l’Italia deve stimolare la digitalizzazione delle imprese, con particolare attenzione alle medio-piccole e sviluppare le giuste competenze.
La demografia e l’impatto sul PIL
Ed è proprio da queste evidenze che parte con la sua analisi Giorgio Metta, Direttore Scientifico, Istituto Italiano di Tecnologia.
In uno scenario non certo positivo, che vede la produttività del nostro Paese ferma da tre decenni e il valore aggiunto per occupato ben distante dai livelli raggiunti da Paesi Bassi, Francia e Germania, si aggiunge una ulteriore criticità, legata all’invecchiamento della popolazione: entro i prossimi 17 anni l’Italia perderà circa 3,7 milioni di occupati e non sarà in grado di compensare con le nuove immissioni nel mondo del lavoro i quasi 10 milioni di persone che andranno in pensione.
“La demografia ha un impatto importante: sono numeri davvero molto alti. Se moltiplichiamo i 3,7 milioni di occupati mancanti per i circa 70.000 euro di valore aggiunto pro capite, arriviamo a parlare di un totale di 267 miliardi euro che verranno a mancare. Parliamo del 15,6% del PIL che dovremo trovare il modo di ottenere con più capitale e più tecnologia”.
Quali settori e quali casi d’uso per l’AI generativa
Da questa premessa nasce la convinzione che il nostro Paese abbia effettivamente bisogno dell’intelligenza artificiale generativa, considerata come uno strumento trasversale “in grado di aumentare il valore aggiunto e la produttività. Lo studio si è dunque ripromesso di verificare rispetto a tutti i settori produttivi quale sia l’impatto effettivo, quali siano i processi maggiormente impattati e quale sia il livello di maturità attuale”.
La matrice che ne deriva, riconosce Metta, è piuttosto complessa, ma evidenzia in modo piuttosto chiaro come gli impatti siano naturalmente diversi tra i quindici settori merceologici analizzati, ma come anche i livelli di maturità siano giocoforza differenti.
Così, servizi finanziari, manifattura, salute e scienze della vita, telco e ICT risultano essere in settori più maturi e maggiormente impattati dall’utilizzo della AI generativa. Per quanto riguarda invece i processi aziendali, ricerca e sviluppo, progettazione, creatività, produzione e supply chain risultano essere quelli che hanno raggiunto un maggiore livello di maturità.
“Tra i casi d’uso, uno dei più interessanti è la possibilità di chattare con i propri dati: Chat with your data. Immaginate di avere il vostro database aziendale e invece di doverlo interrogare con delle query complicate, ci si possa parlare: credo sia una potenzialità incredibile per le aziende ed è un meccanismo di interrogazione che potrebbe cambiare il modo di lavorare di tante persone”.
Per misurare gli impatti effettivi sul sistema Italia, è stato poi costruito un modello in grado di stimare gli effetti sulla produttività dell’intelligenza artificiale generativa.
“In sintesi, a parità di ore lavorate è stato stimato un valore aggiunto annuo di 312 miliardi di euro, pari al 18,2% del PIL, mentre a parità di valore aggiunto si parla di 5,7 miliardi di ore di lavoro annue liberate”.
Soprattutto, sottolinea ancora Metta, “i 312 miliardi ottenuti sono di più quei 267 miliardi di cui abbiamo parlato prima in relazione all’invecchiamento della popolazione. Questo ci porta a dire che l’Intelligenza Artificiale generativa sia uno strumento che ci può consentire di compensare il calo dovuto alla riduzione del numero di persone occupate”.
La questione etica
Metta non nasconde che vi siano implicazioni etiche: l’intelligenza artificiale generativa porta con sé anche rischi collegati allo sviluppo della tecnologia e alla sua adozione di scala.
“Nel mondo delle aziende si può pensare a una mitigazione di alcuni rischi, che generalmente derivano da un utilizzo su larga scala dei sistemi di intelligenza artificiale. Maggiore attenzione bisogna invece prestare ai rischi specifici e in particolare bisogna assicurarsi che i risultati generati dall’intelligenza artificiale siano affidabili e precisi, questo al fine di minimizzare gli errori e massimizzare i benefici aziendali. Quindi, si suggerisce di dotarsi di strumenti per cui c’è sempre la persona in the loop, che interpreta ciò che viene consigliato dall’intelligenza artificiale. L’AI non è il decisore ultimo”.
AI generativa: che fare?
Se dunque l’intelligenza artificiale generativa è il vertice di una piramide tecnologica, per poterne sfruttare le opportunità bisogna apportare a scala i fattori abilitanti: parliamo dunque di competenze digitali avanzate, di digitalizzazione delle imprese, di competenze digitali di base.
“Dobbiamo fissarci alcuni obiettivi incrementali per l’Italia. Servono 137.000 studenti in discipline ICT: questo vuol dire quadruplicare la formazione che stiamo facendo in questo momento. E poi ci sono 113.000 piccole e medie imprese da portare a un livello di alta digital intensity: abbiamo bisogno di 3,7 milioni di occupati con competenze digitali di base in più rispetto ai livelli attuali. Per raggiungere questi obiettivi servono interventi che vedano pubblico e privato agire in partnership, serve un piano nazionale per l’alfabetizzazione digitale. Anche il sistema scolastico deve far sì che questa formazione diventi sistemica e che progredisca con il progredire della tecnologia”.
Da Microsoft un Artificial Intelligence Lab per l’Italia
Dal canto suo Vincenzo Esposito, Amministratore Delegato di Microsoft Italia, sottolinea come l’intelligenza artificiale generativa sia quasi un “co-pilota nel lavoro e nell’interagire con la tecnologia di tutti i giorni. Da questa ricerca emergono molti messaggi positivi ed è importante perché a volte si tende a concentrarsi più sui ischi associati ad una nuova tecnologia che non sulle opportunità. Siamo di fronte a un cambiamento. È chiaro che il mercato del lavoro cambierà. È chiaro che determinate funzioni cambieranno o scompariranno interamente, ma è altrettanto chiaro che in alcuni ambiti noi raggiungeremo degli incrementi di produttività molto elevati”.
Esposito porta ad esempio le attività di programmazione e coding: “Sappiamo che c’è una mancanza endemica di programmatori e l’intelligenza artificiale va a supplire ad una mancanza strutturale”.
Ma poi sottolinea un punto importante: “I costi legati alla sperimentazione in questi campi sono molto bassi. Molto del lavoro viene svolto da aziende come la nostra, che ne mettono a disposizione i risultati: siamo in una situazione in cui le aziende e le aziende italiane soprattutto, devono toccare con mano questa tecnologia, sperimentare e capire quelli che sono gli ambiti di applicazione più giusti per loro”. Sottolinea come Microsoft stia da tempo lavorando con i propri clienti, una ottantina tra medie e grandi realtà, su casi molto specifici. “Abbiamo sviluppato oltre 200 casi d’uso sull’intelligenza artificiale ed è da questi che partiremo per dar vita a un Artificial Intelligence Lab per l’Italia. Insieme ai nostri partner ci siamo posti l’obiettivo di portare queste implementazioni di Artificial Intelligence generativa su tutto il mercato a tutte le aziende, lavorando sostanzialmente su due aree. La prima è accompagnare appunto aziende grandi, medio grandi e piccole attraverso i nostri partner in questo percorso e poi lavorando a tutti gli aspetti formativi, insieme ad associazioni, università ed enti locali per superare la mancanza di competenze. Stanno nascendo dei nuovi lavori, come il Prompt Engineer, ci troviamo in un momento storico fondamentale e come Paese dobbiamo accelerare. Abbiamo di fronte a noi una tecnologia che può avere un impatto economico importante ed è un’opportunità che non vogliamo farci scappare”.
Articolo originariamente pubblicato il 01 Set 2023