SECO Point of View

Data monetization nell’IoT e AI: come trasformare i dati di macchine e sensori in valori di business

Sempre più spesso le apparecchiature industriali integrano software di AI che consentono di estrarre valore dai dati raccolti sul campo, per una migliore data monetization. Maurizio Caporali, CPO di SECO, ci spiega come raggiungere questo risultato

Pubblicato il 09 Feb 2022

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L’Internet of Things è ormai presente nei più svariati contesti, in ambito domestico ma anche, e soprattutto, in ambito industriale. Secondo le previsioni di Statista, nel mondo, entro la fine del 2021, i dispositivi connessi saranno circa 14 miliardi, e supereranno i 30 miliardi nel 2025. Questa rapida pervasività offre nuove opportunità di business alle aziende di tutti i settori. L’hardware, le reti, le piattaforme e le soluzioni connesse stanno fornendo nuovi modi per fare data monetization, ovvero generare fatturato dai dati. Abbiamo chiesto come si sfruttano queste opportunità a Maurizio Caporali, CPO di SECO, azienda del gruppo SECO che sviluppa soluzioni di AI e IoT.

Un nuovo modello di business

“Le opportunità che si creano sono molteplici. Tuttavia, per fare data monetization con l’IoT e arricchire i dati che arrivano dai macchinari, è fondamentale cambiare modello di business – sostiene Maurizio Caporali –. Prendiamo per esempio il caso di un OEM, il passaggio che deve fare per ricavare valore dai dati è creare nuovi modelli che siano poi applicati agli stessi. In altre parole, l’OEM ha sempre basato il suo business sulla vendita di hardware. Ora invece deve progettare un servizio con un abbonamento mensile: più device metterà in campo con il suo servizio, maggiore vantaggio avrà”.

Caporali sottolinea come in ambito industriale stia diventando sempre più sentita una necessità già da tempo soddisfatta in ambito domestico: poter controllare da remoto dei dispositivi evoluti grazie all’Intelligenza Artificiale. Sempre più device IoT industriali sono “intelligenti” e quindi possono fornire informazioni di molteplice natura. Un esempio concreto è quello di un frigorifero in un ristorante. Quando il locale è chiuso si può tenere sotto controllo lo stato del frigorifero e la sua temperatura interna, e identificare un guasto prima che esso accada. Grazie all’Intelligenza Artificiale diventa infatti possibile che il macchinario stesso anticipi o gestisca problematiche improvvise, come delle variazioni di temperatura e di assorbimento energetico che vengono classificate come anomalie dal modello AI.

Fondamentale l’expertise sui dati

“C’è però un aspetto importante da considerare – precisa Caporali – I dati sono la risorsa fondamentale, e con essi la capacità di analizzarli, estrarli, aggregarli e manipolarli. In pratica, si dovrebbe avere un’approfondita conoscenza delle caratteristiche e delle potenzialità dei dispositivi che si trovano sull’edge e sapere quale tipo di informazioni catturare. Bisognerebbe sapere anche come gestire il flusso di dati in maniera ottimizzata, sia per quanto concerne la trasmissione sia l’elaborazione nel cloud. Questo è un elemento fondamentale perché se dovesse mancare l’expertise sui dati che arrivano dal campo potrebbero esserci delle criticità rilevanti. Infatti, chi deve sviluppare un servizio deve avere la certezza che si possa ricavare sull’edge un certo tipo di dati a una certa frequenza e che tali dati possano poi essere trasferiti sul cloud ed elaborati”.

Clea, la piattaforma per dar valore ai dati

Per consentire una gestione flessibile e rapida dei dati che provengono dal campo, trasferirli sul cloud e analizzarli in real time per restituire informazioni utili ai processi di business, SECO Mind ha creato Clea. Si tratta di una cloud platform per la gestione di dispositivi remoti, acquisizione dei dati dal campo e la loro “orchestrazione”, e la gestione dei dati per l’applicazione di modelli AI su edge e cloud. Clea è agnostica rispetto all’hardware e ai Cloud Provider, ma può essere abbinata a soluzioni ready-to-use di SECO Edge, come per esempio Easy Edge, soluzione ideale per il retro-fitting, basata su un microcontrollore a bassi consumi ma dalle alte prestazioni e dotato di connettività mobile integrata.

“Clea funziona grazie a un livello di astrazione server – sottolinea Caporali –, che è stato costruito con tecnologie basate su Kubernetes, le quali permettono di scalare rispetto al numero di device o alla quantità di sensori. Le capacità lato server offrono una flessibilità molto elevata, oltre a consentire l’impiego di qualsiasi tipo di piattaforma sia sulla parte cloud sia su quella edge. È poi possibile applicare sopra a questo livello modelli predefiniti che possono essere distribuiti sui device del cliente o sul cloud per essere direttamente utilizzati. Si può, per esempio, prendere un modello di people counter o people tracking e caricarlo su un’apparecchiatura per avere a disposizione un sistema avanzato, che integra computer vision e intelligenza artificiale per per tracciare le attività e i movimenti delle persone presenti in una determinata area. Oppure, si può applicare a un macchinario un modello che a partire dai dati grezzi catturati da un sensore di vibrazione riconosce le anomalie, modello che poi può essere perfezionato in funzione di esigenze specifiche. In pratica, si parte da una soluzione core a cui si aggiungono applicazioni che possono portare direttamente valore alle aziende in tempi brevissimi”.

Nell’edge o nel cloud: dove è meglio elaborare i dati per ottenere valore?

Maurizio Caporali evidenzia come una caratteristica differenziante sia la conoscenza della parte software che sta sull’edge, delle caratteristiche che deve avere e delle possibilità di gestire il dato in maniera diversa rispetto a quanto può essere fatto da soluzioni che operano solo sul cloud. “Solitamente – afferma Caporali – quando si opera sul cloud si tende a conoscere solo la parte che riguarda in modo specifico il cloud, ma questo è un limite. È invece importante capire quale tipo di dato si può estrarre dai macchinari al costo minore possibile e nel modo più ottimizzato possibile, cioè dove è meglio elaborare tale dato (se nell’edge o nel cloud) e come”.

A tal fine, SECO Mind fornisce degli SDK per la parte edge. “Chi utilizza Clea dispone già di un’infrastruttura per gestire la trasmissione del dato – conclude Caporali – Attraverso i nostri SDK si possono connettere microcontrollori o computer basati su processori Arm e x86 scrivendo poche righe di codice e quindi inviare velocemente i dati sulla piattaforma Clea. Sappiamo che riuscire a dare valore a quei dati è un procedimento complesso, e per questo affianchiamo il cliente in modo che possa realizzare la propria value proposition, la soluzione migliore in funzione dei suoi obiettivi. Parallelamente, rendiamo disponibile anche una istanza pubblica di Clea accessibile da www.clea.ai con cui il cliente si può autonomamente registrare alla piattaforma Clea, testarla, distribuire le applicazioni già pronte per cominciare il field test o il proof of concept. La possibilità di riuscire in modo semplice a prendere i dati e applicare modelli sull’edge permette di creare valore e monetizzare i dati al massimo”.

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Fabrizio Pincelli

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