In questi giorni di emergenza legata alla diffusione di COVID-19, molto si è parlato di come lo smart working rappresenti una opportunità per conciliare le esigenze di isolamento, per prevenire ulteriori possibili contagi, e per proseguire le attività lavorative, senza impattare sulla produttività o sulle esigenze di restare in contatto con colleghi, collaboratori, clienti e fornitori.
È evidente che questa modalità operativa si adatta a specifici settori, ambiti e funzioni e non può essere considerata prassi universale.
Ci siamo perciò domandati come stia reagendo il mondo manifatturiero e come la tecnologia possa supportare l’operatività delle imprese, anche prendendo spunto da quanto sta accadendo nel mercato che prima e più di altri ha dovuto fare i conti con l’epidemia: la Cina.
Ne abbiamo parlato con Giuliano Noci, Prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano.
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L’importanza delle azioni coordinate
“Sono a contatto con una serie di imprese nelle regioni maggiormente interessate da COVD-19 e purtroppo devo dire che non c’è stata una azione coordinata. Per questo stiamo osservando un mix di misure variabili”, ci ha raccontato.
Si va dalle imprese che non hanno preso alcuna misura cautelativa a quelle che si sono barricate, rendendo impossibile l’accesso ai fornitori, a meno di controlli strettissimi, per arrivare alle aziende che hanno addirittura chiuso i battenti.
“Purtroppo ci troviamo di fronte a reazioni scomposte figlie di una comunicazione poco chiara, che ha portato ciascuna realtà ad agire di impulso, interpretando i sentimenti propri o dei propri dipendenti. Soprattutto nelle realtà più piccole, dove è più facile il contatto diretto tra maestranze e imprenditoria, questa vicinanza ha fatto sì che si trovasse una sorta di adattamento al sentire diffuso”.
In Cina si parte dalla gestione del rischio e dalla sua minimizzazione
Ma c’è qualcosa per cui le nostre aziende possono prendere spunto da ciò che è accaduto in Cina?
Giuliano Noci, che qualche giorno fa intervenendo nella trasmissione televisiva Sono le Venti aveva parlato di una ripartenza della manifattura cinese, spiega: “Sul mercato cinese c’è un approccio articolato alla gestione del rischio di contagio e alla minimizzazione del rischio stesso che ha un impatto pervasivo su tutto il sistema produttivo”.
In questo scenario, alcune aziende si sono organizzate definendo al loro interno e nei loro processi delle vere e proprie isole non comunicanti.
“Questo significa che le persone che operano su un’isola non possono in alcun modo entrare in contatto con le persone che operano in altre isole. Questo fa sì che, qualora si verifichi un contagio, si possa immediatamente capire quale sia l’isola coinvolta, senza impattare sulle altre”.
Manutenzione remota e assistenza a distanza: si muove anche l’Italia
Ma qualcosa si muove anche in Italia.
“Abbiamo casi di imprese che devono effettuare controlli di qualità su impianti anche OltreOceano e lo hanno fatto da remoto, utilizzando telecamere e sistemi di collaborazione. È questo il ruolo delle tecnologie. Oggi la cosa viene vista un po’ come se si facesse di necessità virtù, ma in prospettiva le imprese possono finalmente rendersi conto che non c’è più solo la tecnologia applicata alla macchina o al processo produttivo, ma che sia arrivato il momento di lavorare diversamente sull’assistenza, sulla manutenzione, sul controllo qualità. E credo che questa sia una piccola implicazione positiva indotta dall’emergenza in atto”.
Post COVID-19: ripensare le strategie di sourcing
L’altra grande sfida, nella visione di Giuliano Noci, è rappresentata dalle strategie di sourcing.
“Io credo che per la prima volta cominceremo a renderci conto delle reali implicazioni delle catene di fornitura globali, soprattutto quando cominceremo a percepire gli effetti del calo del trasporto via mare da e per l’Asia. Nel breve termine, questo si riverbererà sugli stockout di fornitura e nel lungo termine si tradurrà in una revisione delle strategie di approvvigionamento”.
Secondo Noci la prima diretta conseguenza di quanto sta accadendo sarà una “desinizzazione” della catena di fornitura, ma non sarà facile trovare un’alternativa alla Cina.
“La Cina ha costi, maestranze e capacità di gestione logistica che nessun altro ha: per questo credo che sia importante non farsi prendere dall’emozione, perché i rischi ci sono. Il mix cinese non è al momento riproducibile”.
Sostenere il Made in Italy, da subito
L’invito a non farsi prendere dall’emotività per Giuliano Noci non riguarda solo i rapporti con la Cina.
“Le nostre imprese dovranno anche far fronte anche a una inevitabile crisi della domanda. Sarà importante il varo di misure proattive per recuperare la reputation del Made in Italy, che oggi non è la stessa che c’era un mese fa, ma è altrettanto importante che le nostre imprese non siano passive di fronte a una concorrenza che sta reagendo, ma si muovano proattivamente sul mercato per non perdere posizioni. Non è questo il momento di stare ferme”.
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