Si chiamano “unmanned factory”, industrie senza gli operatori umani, i cui processi produttivi, cioè, non necessitano della presenza fisica di un operatore umano. Questo è realizzabile sia tramite automazione sia, più semplicemente, tramite remotizzazione dei sistemi di comando e controllo.
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Automazione e presenza umana
L’automazione dei processi industriali ha la genesi nella natura stessa dell’industria moderna ovvero nella produzione di prodotti su scala massiva per ridurne il costo, da qui la ricerca di far svolgere il maggior numero di attività possibili a macchine che possono essere più veloci dell’uomo in un determinato compito (questo si contrappone alla tradizione artigianale che ha la sua origine nella unicità del prodotto e della impossibilità di fare a meno dell’uomo).
Oltre alla ragione sopracitata cioè la massimizzazione della produzione, vi sono altre ragioni che possono spingere a cercare la sostituzione dell’uomo a favore di una macchina:
- la maggior precisione della macchina rispetto all’uomo su un numero molto ripetitivo di operazioni uguali;
- l’eccessiva rischiosità del compito da svolgere per l’operatore umano;
- il minor costo dell’impiego di una macchina rispetto all’utilizzo di un uomo;
- la necessità di assoluta di incontaminazione del prodotto, ovvero l’assenza di un essere umano.
A parte l’ultima ragione, che è di dominio quasi esclusivo della produzione farmaceutica e in parte di quella alimentare, le altre ragioni sono sempre state valutate nel loro complesso per determinare se il costo rispetto all’impiego dell’operatore umano giustifichi un investimento (spesso notevole) il cui ROI (ritorno di investimento) avvenga in un arco temporale da considerarsi accettabile.
È da notare che in passato la tecnologia non era abbastanza evoluta da rendere possibili alcune automazioni e che purtroppo la rischiosità per l’operatore umano era considerata un fattore di rischio accettabile (purtroppo questo è tuttora vero in alcuni paesi).
L’evoluzione della tecnologia però ha permesso di rendere automatizzabile praticamente quasi ogni operazione svolta da un operatore umano a dei costi accettabili quindi con un ROI di pochi anni.
L’accelerazione verso la unmanned factory: la teoria del “cigno nero”
Il cigno nero in questo caso è il COVID-19. Questo evento inaspettato su scala mondiale ha reso necessario un distanziamento sociale tale da obbligare le aziende a ridurre il più possibile la concentrazione degli operatori umani.
Sebbene questo sia stato abbastanza semplice da realizzarsi per le funzioni non coinvolte nei processi produttivi dell’industria, utilizzando lo smart working, per altre è rimasto per ora impossibile, oppure con costi elevati e tempi di realizzazione così lunghi da renderlo improponibile.
Indubbiamente, però, la pandemia ha portato alla razionalizzazione nell’impiego degli operatori e ha spinto molto la ricerca sul tema più allargato: “quale sarà il compito dell’operatore umano nella futura industria e se sia realizzabile una industria senza operatori umani (unmanned factory)”.
Industria senza presenza umana e senza operatori umani
L’industria senza presenza umana prevede processi produttivi affidati all’automazione o alla remotizzazione dei sistemi di comando e controllo. Possiamo rendere automatica la movimentazione di materiale con un carro-ponte, ma possiamo anche remotizzare presso la casa dell’operatore la cabina di controllo e i comandi del carro-ponte.
L’industria senza operatori umani è l’industria in cui non esiste remotizzazione dei controlli verso un operatore umano, ma vi è la completa operatività autonoma dei sistemi che svolgono i processi produttivi.
Unmanned factory, le tecnologie a supporto
Possiamo indicare col termine unmanned industry l’industria senza presenza umana in loco, mentre come autonomous industry quella senza operatori umani.
Di fatto si può vedere la unmanned industry come una semplificazione o un primo stadio della autonomous industry. Entrambe hanno in comune molte tecnologie abilitanti, ma la spinta maggiore viene dalla incredibile evoluzione dei computer (in senso più allargato come processori e memorie), la loro crescita esponenziale in termini di potenza e la parallela corsa alla miniaturizzazione ha reso possibile il nascere di tecnologie che consentono il controllo a distanza e anche l’automazione completa dei processi produttivi.
Se il presente può sembrare incredibile in termini di evoluzione tecnologica (considerate che un minicomputer Raspberry Pi 4 monta un processore 4 core e 4GB Ram in uno spazio di 10 x 5cm e costa circa 50 euro e confrontatelo con un analogo minicomputer degli anni ‘80 come il Commodore 64), di sicuro la corsa verso l’aumento delle potenze elaborative e della miniaturizzazione non tende a fermarsi, anzi prosegue con ritmi accelerati: computer quantistici, memorie su base molecolare (LI-RAM), hard disk fatti di DNA, stanno diventando realtà e non più prototipi da laboratorio e allargheranno a dismisura gli orizzonti delle loro applicazioni pratiche.
Networking: di pari passo con l’evoluzione dei processori vi è stata l’evoluzione dei sistemi di comunicazione, che hanno raggiunto velocità di trasferimento dei dati con tassi di crescita, negli ultimi 20 anni, pari al 1000x e con un altrettanto vertiginoso abbassamento dei costi. L’abbassamento dei costi e la maggior capillarità delle reti di comunicazione ha permesso la nascita delle architetture cloud e quindi della raccolta e della elaborazione dei dati provenienti dai siti più remoti. Altissima velocità di trasmissione e capillarità nella diffusione sono le caratteristiche destinate a influire maggiormente sulla realizzazione dei due paradigmi, in particolare sulla unmanned industry per aumentarne la possibilità di gestione remota, mentre sulla autonomous industry nel realizzare tutte le componenti di comunicazione tra macchine (M2M). La diffusione a breve del 5G avrà un impatto enorme sul mondo delle telecomunicazioni ed è destinato a rendere sempre più interconnessi i sistemi e gli operatori tra loro.
IoT: L’aumento della potenza di calcolo e la miniaturizzazione spinta, unite alla diffusione dei sistemi di comunicazione, hanno permesso la distribuzione di capacità elaborative anche in attrezzature e macchine (non solo industriali ma anche destinate al mondo consumer); questo, oltre a rendere questi apparati “intelligenti” e autonomi. li ha resi in grado di comunicare tra loro (M2M). L’Industrial IoT (IIoT) ha tra le sue finalità la raccolta e l’analisi dei dati dei sistemi produttivi per rendere più facile la manutenzione, possibilmente in modo proattivo più che reattivo. Immaginando un sito produttivo dove non vi sia alcun uomo presente è chiaro che poter prevedere un malfunzionamento e evitarlo prima che accada è di vitale importanza.
AI: proprio l’intelligenza artificiale ha fatto più passi in avanti negli ultimi 5 anni che negli ultimi 20. Senza scomodare la macchina di Touring del 1936 e neppure gli albori della AI del 1958 con il linguaggio LISP, possiamo affermare che l’AI è sempre stata una delle tematiche più affascinanti dell’informatica. Cosa ci può essere di più autonomo di un sistema che è in grado di imparare da sé ed elaborare soluzioni a problemi senza che sia stato programmato per farlo? Ovviamente anche l’AI ha fatto il suo balzo quantico, principalmente grazie alle nuove potenze elaborative che a loro volta hanno reso possibile l’applicazione di modelli matematici sempre più complessi. Se ora la AI ci consente di analizzare enormi moli di dati e di eventi e capire le correlazioni aiutandoci nella manutenzione predittiva, in un futuro molto vicino renderà gli apparati e le attrezzature delle linee di produzione in grado di adattarsi da soli a cambiamenti necessari alla lavorazione o addirittura a specializzarsi in modo autonomo a una lavorazione o a un’altra per fare fronte, ad esempio, a picchi di domanda. In questo campo l’applicabilità di queste tecnologie è praticamente infinito.
Digital Twin: il termine indica la creazione di una copia virtuale dell’apparato reale, il più fedele possibile nei comportamenti dell’originale fisico. Questo può nascere sia in fase di progettazione e sviluppo, oppure venire creato per rimanere attivo per studiare l’impatto di alcuni eventi sull’apparato reale, come ad esempio: modifiche, migliorie, ricerca guasti, ecc. Il concetto non è nuovo in campo ingegneristico: ad esempio le missioni Apollo avevano un gemello fisico delle capsule spaziali nel centro controllo missione, scrupolosamente identico a quello in volo, che consentiva la simulazione di eventi reali e del loro impatto.
Oggi, con gli strumenti di sviluppo software e le potenze elaborative esistenti, si possono creare gemelli digitali virtuali di intere catene di produzione; risulta chiaro che, soprattutto in impianti non presidiati o autonomi, la presenza di un digital twin consente, ad esempio, la risoluzione di un guasto in modo più rapido.
3D printing: la stampa 3D è ormai diventata un elemento consolidato nel mondo industriale tanto da diventare la tecnologia più moderna del filone dell’additive manufacturing (la produzione di un oggetto che avviene tramite l’aggiunta di materiale e non alla sua sottrazione come lo è ad esempio la fresatura). In questa tecnologia la progressione è avvenuta grazie allo studio di materiali innovativi più che alla maggiorata potenza elaborativa. Esistono stampanti 3D in grado di produrre oggetti completi non solo su base di plastiche ma anche di metalli o leghe, questo apre la strada alla possibilità di utilizzare gli stessi apparati per diverse produzioni industriali.
Unmanned industry e Autonomous industry, il futuro
Lo sviluppo esponenziale delle tecnologie in campo informatico e delle telecomunicazioni ha cambiato e cambierà ancora di più gli scenari del mondo industriale.
L’obiettivo a cui tendere è la realizzazione di impianti industriali sempre più autonomi e sempre più flessibili in grado di adattarsi alle richieste di cambiamento provenienti dal mercato. Il sogno della black-box in grado di produrre tutto in base alle specifiche fornite non è poi così lontano dalla realtà.
Dove collocare l’uomo in questo sviluppo industriale? Da una visione superficiale, la tendenza a rendere sempre più autonomi i processi industriali sembrerebbe costringere l’uomo alla perdita di una importante fetta occupazionale, ma la storia ci insegna che non è così. Nel passato vi sono già state rivoluzioni industriali e avanzamenti tecnologici, ma questo ha solo generato la richiesta di nuove professionalità non l’annullamento del lavoro stesso.
I veri punti critici su cui focalizzarsi sono:
- è possibile utilizzare le nuove tecnologie per rendere più sostenibili le nostre produzioni industriali dal punto di vista ambientale? Meno energia, meno sprechi, maggior economia circolare e riutilizzo;
- è possibile adottare nuovi modelli industriali per ridurre i divari tra i paesi più industrializzati e quelli meno? Sino a quando l’impiego di un bambino di un paese povero per produrre un pallone costerà meno che l’impiego di un robot e dal punto di vista legislativo sarà consentito, lo sviluppo tecnologico e lo sviluppo saranno sempre frenati dalla logica del profitto;
- si possono focalizzare le capacità dell’uomo su tematiche più affini alla sua natura e lasciare il peso della produzione alle sole macchine? E se sì, quale modello di economia può essere sostenibile? L’uomo liberato dal peso di dover lavorare per produrre, potrebbe dedicarsi alla ricerca scientifica, alla ricerca umanistica, alle arti, alla musica, allo sport e all’esplorazione spaziale.
Conclusioni
In uno dei film che preferisco, Tomorrowland – Il mondo di domani, della Disney, il futuro non è già scritto, dipende da quello che vogliamo noi. Come si può evincere da questo dialogo tra due personaggi, Eddie e Casey.
Casey: There are two wolves… You told me this story my entire life, and now I’m telling you – there are two wolves and they are always fighting. One is darkness and despair, the other is light and hope. Which wolf wins?
Eddie: C’mon, Casey.
Casey: Okay, fine, don’t answer.
Eddie: Whichever one you feed.
“Quando si arriva al futuro, il nostro compito non è di prevederlo, ma piuttosto di consentire che accada.” Antoine de Saint-Exupery.