Nel mondo delle Utility il monitoraggio applicativo ha il duplice scopo di offrire agli operatori del settore dati tempestivi sulle performance e lo stato di salute di tutte le apparecchiature, nonché di dare informazioni trasparenti agli utenti finali. Il 1° gennaio 2023, quando cesserà di esistere il servizio di maggior tutela, la piena liberalizzazione del comparto renderà ancora più accesa la concorrenza tra i fornitori di energia elettrica e gas. La customer retention, perciò, vale a dire la capacità di trattenere i clienti, dovrà fondarsi su entrambi gli obiettivi a cui mira il monitoring: qualità costante nell’erogazione del servizio, accessibilità ai propri dati da parte dell’utenza mediante desktop, tablet e smartphone. Un passo importante in direzione della trasparenza della bolletta è stato fatto grazie allo smart metering, definito dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano come “l’ambito applicativo dell’Internet of Things che guarda ai contatori connessi (detti appunto smart meter), per la misura dei consumi di acqua, gas, elettricità e calore, alla loro corretta fatturazione e telegestione”. Si tratta allo stato attuale del segmento più corposo, pari al 28%, del mercato IoT complessivo. Una prevalenza dovuta al fatto che l’introduzione dei contatori intelligenti è stato incentivato dalla normativa italiana che, tramite l’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente), ha imposto l’utilizzo di 11 milioni di contatori gas telegestiti da remoto e 7 milioni di contatori elettrici di seconda generazione, destinati a diventare 32 milioni entro il 2031.
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Il ruolo dell’Application Monitoring al servizio delle Utility
La parte IoT non è l’unica che deve essere monitorata dalle Utility. Affinché i consumi possano essere controllati dai clienti in real time, o quasi, occorrono degli applicativi che l’azienda mette a disposizione dell’utente e che sono accessibili via web o in mobilità. L’eterogeneità degli ambienti di sviluppo fa sì che queste applicazioni possano essere in cloud, on-premise o, come avviene sempre più spesso, in ambienti containerizzati. Gli ultimi dati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, ad esempio, attestano che in Italia le strategie hybrid e multi-cloud sono sempre più diffuse tra le grandi imprese, di cui fanno parte anche le Utility, e ciò conferma la complessità dello scenario in cui si colloca il monitoraggio applicativo. Infatti, Gartner, a proposito delle soluzioni APM (Application performance management), sostiene che “la continua crescita delle applicazioni mobili, cloud-native e le migrazioni dei carichi di lavoro dai tradizionali data center alle architetture cloud continuano ad alimentare il mercato APM”. Da qui “la necessità delle organizzazioni di monitorare le moderne applicazioni in esecuzione in ambienti ibridi e multi cloud che generano grandi volumi di dati e non sono strumentati dai metodi tradizionali”. Questo approccio oggi prende il nome di observability, cioè osservabilità.
Observability, un nuovo approccio nel monitoraggio applicativo
L’osservabilità è il nuovo modo con cui si punta a ottenere informazioni sulle prestazioni degli ambienti cloud, e non solo, basato sull’analisi di una grande quantità di dati telemetrici (metriche, tracce, istogrammi, log, eventi) raccolti da un insieme diversificato di fonti. Di questo tema ci siamo già occupati in precedenza e lo stato dell’arte, in base ad alcuni trend e sondaggi recenti condotti dai principali vendor di soluzioni APM, è che sta crescendo l’approccio delle organizzazioni in questa direzione. Nella scelta di strumenti al servizio dell’observability anche tra le realtà del settore Utility la spinta principale è quella dettata dal desiderio di risolvere soprattutto i problemi legati al monitoraggio frammentato a cui i metodi tradizionali ancora non riescono a porre rimedio. Molti professionisti DevOps, ad esempio, sostengono di essere costretti a dover trascorrere tempo improduttivo nelle cosiddette “war room”, cercando di riconciliare i silos di monitoraggio prima di passare alla risoluzione vera e propria degli incidenti. Questo potrebbe coincidere per una Utility con l’impossibilità, anche temporanea, di far accedere i propri clienti alle informazioni riguardanti i propri consumi e con un rischio di churn rate, cioè di abbandono, che è l’esatto opposto di una customer retention costruita grazie alla disponibilità costante delle applicazioni. Ecco perché gli stakeholder IT, compresi quelli che operano nelle Utility, concordano nel ritenere che le capacità di osservabilità porterebbero benefici alla loro organizzazione che si si rifletterebbero anche sulla qualità della customer experience.