Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altri servizi dedicati al mondo Pharma e in interviste dedicate al al ruolo della data science e dei Big Data il mondo farmaceutico rappresenta oggi uno dei settori nei quali il digitale porta una straordinaria opportunità di accelerazione, di trasformazione, di ridefinizione dei processi e dei modelli, se pure all’interno di un universo normato, con specifiche e precise regole che ne definiscono la governance. E proprio il ruolo del digitale è stato il tema centrale dell’incontro “Qualità, efficienza, sicurezza. Dal digitale nuovo valore per il Pharma”, che la nostra testata Industry4Business in collaborazione con SDG Group ha organizzato, coinvolgendo in una tavola rotonda molto animata rappresentanti delle aziende e delle associazioni del comparto.
Indice degli argomenti
Farmaceutico, l’innovazione tra normativa e supply chain
In apertura dei lavori, Daniele Marazzi – Consigliere Delegato del Consorzio Dafne ha sottolineato come il tema dell’innovazione digitale sia oggi particolarmente rilevante proprio alla luce dei nuovi adempimenti normativi: “Sia il legislatore italiano sia quello europeo fanno leva sul digitale per richiedere maggiore visibilità sui farmaci e sulla filiera”, ha spiegato, sottolineando, ad esempio, come l’obbligo per gli ospedali di utilizzo del modulo NSO per la trasmissione degli ordini in modalità elettronica, non potrà che modificare in profondità le logiche di relazione dell’industria con il SSN.
“Avere una serie di informazioni digitali con un livello maggiore di trasparenza cambia i rapporti e gli equilibri, consentendo di dialogare su dati oggettivi”.
Marazzi ha fatto poi specifico riferimento alla serializzazione e tracciabilità dei farmaci, introdotta in tutta Europa, ma non ancora avviata in Italia: “Tracciare le singole scatolette di farmaco o i singoli flaconi cambia sia la mole di dati che devono essere gestiti, sia i ruoli degli attori che intervengono. Nel contempo, però, si aprono nuovi scenari. Perché, ad esempio, non introdurre livelli di track and trace anche step by step per alcuni prodotti, quelli più soggetti a degradazioni, furti, manomissioni ecc.? “.
Secondo Marazzi l’introduzione del digitale può portare a una conoscenza più puntuale di quello che succede fuori dal cancello dell’impianto produttivo e fino a quando il prodotto viene dispensato in farmacia o utilizzato in ospedale.
“Posso tracciare non solo dove sta il prodotto, ma anche in quale condizione si trova, misurando valori come temperatura o umidità, con rilevazioni che fino a ieri erano o troppo costosi rispetto al valore del prodotto tracciato”.
Non è solo una questione di costi-benefici. Sta cambiando anche la sensibilità: “Oggi il cliente finale pretende, richiede e apprezza che ci sia qualcuno che garantisce il farmaco sia arrivato nelle condizioni in cui doveva essere. In altri ambiti ci sono già le filiere controllate, perché non dovrei vedere queste informazioni con il farmaco?”.
Come gestire la mitigazione dei fenomeni di carenze e indisponibilità nel settore farmaceutico
Un altro ambito nel quale il digitale può fare la differenza è nella mitigazione dei fenomeni di carenze e indisponibilità dei farmaci: “Una visibilità e una tracciatura maggiore dei nodi dove transitano i prodotti possono servire a mitigare il fenomeno, lasciando le indisponibilità ai casi eccezionali e non alla normalità come oggi purtroppo ancora succede”.
Nella sua disamina delle dinamiche del mercato, Marazzi sottolinea come in realtà vi sia un cambiamento importante lungo tutta la supply chain del pharma: “Fenomeni come commercio online, farmacie online, e altre forme di disintermediazione impongono cambiamenti e accelerazioni. In questo caso, la tecnologia è un driver fondamentale perché abilita modelli e soluzioni che si ripercuotono su una diversa ristrutturazione fisica della supply chain che nel passato non era possibile. Oggi posso pensare di fare qualcosa di diverso con il digitale”.
Il digitale, dunque, apre spazi di competitività prima non accessibili.
Per altro, si registra una convergenza tra adempimento normativo ed evoluzione nelle aspettative di mercato: la competitività diventa una necessità, non è più una scelta.
Tra la norma e la domanda del mercato, la seconda è più forte della prima: la domanda del mercato è più critica da soddisfare rispetto alla normativa.
Il paradigma 4.0 cambia produzione e logistica nel farmaceutico italiano
Dei cambiamenti in atto nelle aziende del pharma è testimone Marco Perona – Docente dell’Università di Brescia e Direttore del RISE che sottolinea in apertura del proprio intervento quanto la filiera del farmaco sia in piena e forte evoluzione e si trovi a fronteggiare sfide importanti.
“La prima sfida è quella del procurement e della fornitura: in passato si è prevalentemente ragionato in termini di costi-benefici nella scelta del fornitore, mettendoli in relazione con tematiche di servizio logistico, qualità, conformità, ripetibilità ecc. Si è però trascurato di quantificare e analizzare il rischio connesso alla scelta di un determinato fornitore. Il rischio di fornitura, che può mettere in ginocchio una filiera, causare disservizi a valle e quindi provocare per esempio l’arresto della produzione o problematiche di compliance per il non rispetto di standard qualitativi”.
La business continuity della filiera è dunque un tema cruciale cui tecnologie e metodologie possono dare risposte secondo i due assi classici del risk management: probabilità (che un evento accada) e costo del rischio (se l’evento accade).
“Una seconda sfida è quella di utilizzare le informazioni per fare tracking and tracing, con precisione chirurgica sulla singola confezione ed evitando fermi di produzioni o di stabilimenti come è già accaduto”.
La terza sfida, infine, è legata agli aspetti di produzione veri e propri: “Parliamo di macchinari ad alta intensità di capitale e complessi: l’utilizzo di nuove tecnologie basate sulla disponibilità dei dati combinato alla capacità di lavorare sui dati stessi creando analytics efficaci apre alla predictive maintenance, per identificare situazioni anomale, possibili avarie, prevenire soste produttive, evitando interruzioni del flusso di produzione”.
Perona porta poi la propria esperienza diretta su un caso d’uso reale: “Anche la logistica del farmaco, anzi la micro-logistica, determina una quota importante di costi in termini di personale, spazi, magazzini. Avere una integrazione completa e una tracciabilità completa dei flussi, dalla logistica inbound alla somministrazione al paziente, può ridurre costi e tempi e migliorare controllo e integrità del materiale”.
SDG Group: focus sul valore dei dati per tutto il mondo farmaceutico
Il dato è dunque un valore imprescindibile nel comparto farmaceutico: si trasforma in un valore di efficienza, sicurezza, conoscenza e quindi aiuta a individuare ambiti di mercato e sviluppo su cui concentrare l’attenzione.
Il tema è centrale per Massimiliano Silano, Partner di SDG Group, che tuttavia sottolinea quanto le aziende del settore fatichino a dotarsi di un’infrastruttura in grado di ospitare e gestire in modo sempre più efficace i dati.
“Ci sono realtà anche multinazionali che raccolgono una enorme quantità dei dati, esterni e dai macchinari, dati preziosissimi che non sono adeguatamente valorizzati. Si pensa alla predictive maintenance prima di analizzare la manutenzione ordinaria o lo stato d’uso della macchina. Ma la predictive maintenance non è necessariamente il primo passo”.
I dati a beneficio della qualità nella produzione dei farmaci
Per Silano uno degli ambiti in cui l’analisi dei dati può dare riscontri importanti è la qualità della produzione.
“Pensiamo ad esempio alla fase di batch release: normalmente è lunghissima, invece centralizzando l’analisi dei dati riusciamo a ridurre di 4 o 5 volte il tempo necessario a completarla. Noi stiamo lavorando sulla predictive quality: ovvero riuscire a sapere se un lotto di produzione avrà qualità coerenti con quello che ci si aspetta. Se si riescono ad analizzare una serie di elementi e di dati sui sistemi sorgenti, si riesce a sapere prima di arrivare a fine di produzione l’esito della produzione stessa. Questo significa avere una accuratezza dell’85-90% sull’esito della produzione e sui parametri della qualità”.
L’ultima frontiera, nella visione di Silano, è quella dell’efficienza. “Abbiamo avviato un progetto di Golden Cycle che consiste nel fissare, all’interno di un processo produttivo, i parametri che le macchine devono possedere per arrivare a produzioni perfette. Il tutto basandosi sui dati storici e sui profili dei macchinari su cui passa la produzione”.
Silano sottolinea la relativa semplicità di questo tipo di progetti: “Rendere parlanti delle macchine oggi non è un problema: il vero tema è avere use case concreti sui quali lavorare. Servono use case concreti per il farmaceutico e tempi ridotti di realizzazione che permettano di provare, rendere i dati di valore per la propria azienda. Migliorare l’efficienza, la qualità, la produttività sono temi che toccano tutti gli attori del mondo Pharma”.
Il farmaceutico e la fatica di innovare
Nonostante l’ottimismo di Silano, Andrea Provini, Presidente di Aused e Global CIO di Bracco Imaging, mostra qualche perplessità.
“Sinceramente non vedo questa grande prontezza sulla predittività o sui tempi della qualità. E il vincolo non è tanto nella disponibilità dei dati, ma nel fatto che tutto il framework regolatorio è ancora arretrato rispetto alla disponibilità delle tecnologie”.
Il farmaceutico, in sintesi, già disponeva di un livello molto alto di automazione, ma nessuno era in grado di parlare di predictive quality analysis.
“Non ho ancora visto un responsabile della quality assurance fare lotti sulla base delle analisi predittive: tutti aspettano gli ultimi dati prima di dare il via, anche per non avere problemi con chi controlla. Il tema è culturale: il limite non è la componente tecnologica. Bisogna pensare che quando arrivano in fabbrica gli ispettori di EMA o AIFA bloccano completamente la produzione, altro che quality analysis o predictive”.
Per Provini il farmaceutico è lontano da certe tematiche non dal punto di vista IT, ma sotto il punto di vista della capacità di innovare coinvolgendo tutto il mondo che gli gira intorno. “Perché devo continuare a fare testing, quando nel 4.0 il DevOps dovrebbe essere la regola? A volte ho il timore che l’industria non creda in questo tipo di innovazione”.
Ma c’è un ruolo delle figure IT, c’è la possibilità che facciano in qualche modo da cerniera?
Per Provini gli investimenti servono, perché senza infrastrutture si può fare poco. Tuttavia, “non si può trascurare il fatto che per il mondo farmaceutico, investire 10 milioni in uno stabilimento è una decisione che ha una motivazione di business. Invece, investire in un’infrastruttura IT anche un decimo di quella cifra rischia di trovare poco supporto”.
In realtà, nella sua visione, oggi nel Pharma il 4.0 è un tema di operation, non di IT. “Le decisioni strategiche vengono dalla parte operation, dalla supply chain. L’IT nel Pharma è un pò isolato.
La sanità è molto più accogliente e l’IT è più coinvolto. Sarebbe interessante ragionare su come trovare più alleanze: Operation, Quality e IT dovrebbero mettersi al tavolo insieme”.
Non è un problema di tecnologie ma di “utilizzo” dei dati
Anche per Alessandro Moro, di ACS Dobfar, non è un problema di disponibilità tecnologica: “Le tecnologie ci sono, il limite grosso è sfruttarle. Nel farmaceutico è difficile pensare di gestire dati che non produco io. Ci sono passaggi, anche quando si tratta di raccogliere dati per efficientare la produzione, che si fa fatica a fare. Spesso si raccolgono i dati solo quando succede qualcosa, non come se fosse una prassi quotidiana. Ci si muove se c’è una legislazione che porta a prendere decisioni e si è obbligati a farlo. Se non c’è nulla di imposto, si rimanda”.
L’IT è sempre meno un’isola e sempre più un vettore di innovazione
Sul ruolo dell’IT interviene anche Saverio La Pietra, IT and Innovation Analyst presso GSK Consumer Healthcare: “Dal mio punto di vista, ovvero da operatore di una unit che non fa produzione, l’It è sempre meno un’isola, sempre più un business partner e un business translator: noi dobbiamo comunicare bene il farmaco e capire le esigenze del business. In un anno abbiamo fatto partire due progetti pilota, entrambi con il dato al centro: il nostro ruolo è capire le esigenze del business e tradurle in concreto, facendo innovazione”.
Il farmaceutico alla ricerca di ecosistemi sostenibili
Anche Michele Palumbo, Supply Chain Management Bayer ha un approccio pragmatico e porta la discussione su un ulteriore aspetto critico: la logistica e l’outsourcing.
“Il mercato farmaceutico è in profonda trasformazione. Vedo una dicotomia tra chi serve il canale farmacia, con tutti gli addentellati o assimilabili, e un mondo ospedaliero, in vivace e costante crescita e trasformazione, anche dal punto di vista dei costi. Gli aspetti regolatori sulla qualità, le prescrizioni EMA e AIFA sono il vero vincolo che rende o meno disponibile il prodotto in tutto il mondo. Sono vincoli sempre meno prevedibili e che hanno un impatto reale su tutta la filiera”.
Ci sono poi gli aspetti correlati alla supply chain vera e propria: “Possiamo parlare di customer experience se in una prospettiva end to end siamo in grado di dominare e gestire ogni anello della catena”.
Questo non è scontato, sostiene Palumbo, e ha un valore a maggior ragione in un ambito come il farmaceutico in cui la terziarizzazione è fortissima. Anzi. “In questo contesto parlare di terziarizzazione è forse svilente, meglio pensare a un outsourcing strategico, gestito con logiche di partnership”. Palumbo pensa a un ecosistema collaborativo nel quale la tecnologia può essere d’aiuto nel creare una catena del valore nel quale l’outsourcing ha un ruolo strategico.
In questo scenario, Palumbo integra un ulteriore aspetto, che è quello della sostenibilità anche ambientale: “Abbiamo dato vita a un progetto, Green Pallet, trasformando un modello distributivo che necessitava di 50 mila bancali EPAL in ingresso, in un modello che li destina ad un uso più consono, incassando valori economici importanti, sostituendo i bancali in legno con altri in plastica riciclata. Pesano di meno sono ignifughi, sanificabili e sensorizzabili. Se si lavora in un ecosistema virtuoso di attori, allora anche queste tematiche trovano risposta”.
Collaborazione, fiducia e attenzione ai processi alla base dell’innovazione nel farmaceutico
Su questo tema interviene ancora Massimiliano Silano, convinto che sia una questione di cultura: “Servono disponibilità e convergenza di obiettivi per sostenere la catena, servono collaborazione e fiducia: senza questo substrato non è possibile. Tuttavia, raramente ho trovato aziende farmaceutiche che collaborino attivamente per accorciare i processi del cliente. Eppure, iniziative di questo genere, che consentono di accorciare i tempi di processi regolamentati, sono tecnologicamente fattibili”.
Precisa Daniele Marazzi: “In realtà l’humus culturale nella filiera healthcare è più marcato che in altri comparti, ma è curioso che non si ragioni tra upstream e downstream. È un settore che verso i clienti e il SSN già condivide – e dal 1991 – dati in anticipo legati alla distribuzione fisica del prodotto, consentendo la tracciatura di una serie di informazioni sui lotti dei farmaci. Il vantaggio che l’industria percepisce nel vedersi integrata con i clienti a valle, senza intermediari, è oggettivo come il vantaggio al distributore. Visto che funziona da tanto tempo verso valle perché non farlo anche a monte?”.
L’impatto della FMD – Falsified Medicine Directive
Ma è ancora Palumbo che getta lo sguardo al futuro, a quando entrerà in vigore FMD, la Falsified Medicine Directive: “Vorremo usare blockchain per notarizzare le informazioni significative che coprono i passaggi chiave di responsabilità e che siano legalmente proponibili o quantomeno comprovanti il fatto che fino a quel momento il prodotto era gestito in modo corretto”.
Quando arriverà l’FMD anche in Italia, se si fosse pronti con questo ecosistema, questo vorrebbe dire avere negli stabilimenti di produzione un dato seriale aggregato in una gerarchia.
Il ruolo del pubblico e di Farmindustria
Anche per Roberto Triola, responsabile della digital innovation in Farmindustria la regolamentazione è indietro rispetto alle tecnologie. Farmindustria ha deciso di investire sulla trasformazione digitale, anche se riconosce che ci si lavora da poco: “Abbiamo da tempo il tema del fascicolo sanitario elettronico che boccheggia, dobbiamo portare la riflessione sui real world data per quanto riguarda la ricerca. Vorrei riflettessimo sull’opportunità di creare un ecosistema nel quale pubblico e privato fanno confluire i loro dati riuscendo a far parlare quella parte di supply chain di cui non abbiamo ancora parlato. In Germania e Francia stanno lavorando ad esempio su piattaforme di dati sanitari, in Inghilterra c’è Babylon. L’Italia è indietro”.
La sfida per Triola è lavorare con la parte dell’ecosistema pubblico per portare valore alle aziende: “Dobbiamo puntare all’integrazione dei dati e delle tecnologie che portano valore. È un tema molto ambizioso e sfidante, ma sul quale cogliamo segnali positivi”.
Innovare per evolvere, anche nel Pharma
Un po’ scettico sul fatto che la normativa sia un driver di cambiamento si dichiara Davide Ferrara, Digital Affairs Corporate, in Sintetica: “Ho visto sempre i player inseguire la normativa. La realtà che ho sperimentato è che la normativa sia sul mondo operation, ad esempio la serializzazione, sia sul lato fiscale, ad esempio la fatturazione elettronica, venga vissuta come un requisito addizionale rispetto agli altri requisiti e non come un driver”.
La vera sfida, per Ferrara, sarebbe riuscire a “inseguire” la normativa con l’obiettivo di avviare un progetto di trasformazione che porti improvement anche su altri aspetti.
“Un tema stimolante con il quale mi confronto è come la tecnologia e la lavorazione di big data possano supportare l’evoluzione vera delle imprese. Il tema di efficientamento e miglioramento della qualità ci ha accompagnato negli ultimi 10 anni: per me è interessante, ma non di frontiera. Mi affascina di più se l’analisi di un grande volume di dati serve per supportare l’innovazione”. Per una realtà come Sintetica, che sta attraversando una fase di grande cambiamento, il tema dell’efficientamento è meno rilevante di quanto non sia l’innovazione di prodotto. “Per una società che cresce e si apre al mercato globale, brevettare un nuovo prodotto è più appealing che non portare miglioramenti ai processi esistenti. Per questo credo che tanti aspetti di cui si sta parlando vadano in realtà commisurati ai mercati sui quali le singole aziende operano e ai loro obiettivi reali”.
Il farmaceutico verso i real world data
Un ulteriore importante tassello alla discussione viene portato da Denis Dina, IT Business Partner di Roche, che affronta il tema della propensione all’innovazione, anche da un punto di vista generazionale: “Il fiorire di startup oggi è la dimostrazione che i giovani hanno una più alta propensione al rischio rispetto al passato. Nelle imprese questo è meno frequente, e in un settore normato come il nostro, la propensione al rischio è bassa”.
In realtà, c’è bisogno di sperimentare nuove tecnologie e bisogna farlo in tempi stretti.
“I progetti pilota non possono durare troppo: servono per far capire un’opportunità. La tecnologia è quasi un tema di magia: se chi guarda il mago non capisce il trucco, non si lascia convincere. Ma se il mago è un bravo mago, spiega il trucco e allora chi guarda capisce. L’IT è il mago e deve far capire al decisore cosa gli sta prospettando, deve diventare trasparente, spiegando l’innovazione con parole di business”.
Denis Dina concorda con Silano: “Ci vogliono use case rapidi. Già un anno per un pilota è tanto”.
Ma porta poi l’accento su un ulteriore aspetto importante: “La sfida non la vince l’azienda che pensa in sé. Oggi le tecnologie per la gestione dei dati permettono di anonimizzarli. Allora, perché non pensare di fare sinergia facendo evolvere il consorzio e renderli disponibili a tutti tramite un unico data base? Perché non mettere i dati a fattor comune, come real world data? È molto più sensato rispetto a uno scenario nel quale ognuno si fa il proprio studio clinico. I dati sono patrimonio di tutti: la differenza la faranno i servizi, o i prodotti, che ognuno andrà a sviluppare”.
Su questo spunto chiosa Marco Perona: “L’idea di una filiera collaborativa è un concetto che mi piace molto: cercare situazioni di filiera nelle quali qualche soggetto è disposto a rinunciare a qualche vantaggio locale a favore di un vantaggio globale con la prospettiva di aumentare il valore complessivo e di “trovare forme di ricompensa” più importanti e con altre modalità”.