EY: le competenze sono il punto debole di Industria 4.0

L’EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019, condotto su 150 aziende manifatturiere italiane, mette in evidenza anche una certa disparità di avanzamento nei progetti tra grandi e piccole imprese

Pubblicato il 16 Lug 2019

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La digitalizzazione continua ad avanzare nelle imprese manifatturiere italiane e forse proprio per questo motivo il gap sulle competenze, già evidenziato negli scorsi anni, diventa ancora più significativo. Questa la principale conclusione dell’”EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019”, un’indagine sullo stato di digitalizzazione delle aziende manifatturiere italiane realizzato da EY, su 150 imprese industriali con un fatturato superiore ai 10 milioni di euro e appartenenti a diversi settori produttivi. Come era lecito attendersi, soltanto una parte minoritaria delle imprese (il 14%) dichiara di aver raggiunto uno stato più avanzato di sviluppo digitale, caratterizzato da progettualità 4.0 evolute e con sistemi informativi in grado di scambiare informazioni verticalmente dalle macchine all’ERP (o cloud) e con un buon livello di integrazione delle informazioni lungo tutto il processo produttivo, comprese le altre funzioni aziendali. Il 49% delle aziende, invece, sta mettendo le basi per una gestione digitale dei processi, mentre circa un terzo (37%) si trova in una fase iniziale e sperimentale di trasformazione digitale e ha implementato soltanto dei progetti pilota di integrazione verticale all’interno dell’azienda. Per il momento, l’innovazione digitale nelle industrie appare soprattutto concentrata nell’area Process & Technologies, mentre invece i progressi sono più limitati lato People & Organization ed Ecosistema.

Su quest’ultimo fronte, che poi in prospettiva appare quello più ricco di opportunità per Industria 4.0, c’è da segnalare che solo una minima parte del campione (5%) possiede un sistema strutturato e automatizzato di integrazione dei dati con fornitori e/o clienti. Lato competenze, invece, soltanto il 12% delle aziende ha disegnato ed eseguito un programma strutturato per lo sviluppo degli skill digitali. Eppure, in netta controtendenza con questo risultato, ben l’84% degli intervistati denuncia la carenza di figure professionali adeguate a far crescere l’innovazione. Insomma, nonostante sia parecchio chiaro che la formazione faccia la differenza, per svariati motivi le imprese del mondo manifatturiero non sono ancora riuscite ad affrontare in maniera sistematica questo problema. Un’alternativa, auspicata da EY, è quella delle operazioni di acquisizione di player tecnologici messe in atto da attori industriali, con l’obiettivo di portarsi direttamente in casa questo tipo di expertise: una pratica che, sebbene ancora non diffusissima, è in costante aumento anche nel nostro Paese.

Come già emerso in altre ricerche, anche il report di EY evidenzia come la dimensione aziendale faccia ancora la differenza nello stato del percorso verso Industria 4.0:  la maggior parte delle grandi aziende (il 70%) ha un piano di sviluppo definito e ha introdotto all’interno dell’azienda tecnologie innovative e di industria 4.0, sfruttando anche i benefici fiscali previsti in tema di innovazione e rispetto dell’ecosistema. Molto diversa è la situazione tra le piccole e medie realtà, il cui processo di digitalizzazione appare decisamente meno strutturato: basti pensare che oltre la metà di queste realtà non ha messo in piedi un programma ad hoc per Industria 4.0. Non poche di loro, inoltre, hanno incontrato ostacoli lungo il percorso di adozione di tecnologie digitali e di accesso agli incentivi e si mostrano deboli in tema di cultura aziendale, governance del cambiamento e strategia dello sviluppo.

Le imprese appaiono invece più allineate relativamente alle ragioni che spingono a effettuare gli investimenti nello smart manufacturing: al primo posto viene la necessità di migliorare il livello di efficienza interna, seguito dal desiderio di incrementare il servizio al cliente. Importante è anche la necessità di migliorare qualità e rapidità delle decisioni aziendali, mentre un peso inferiore è attribuito alla migliore cooperazione all’interno della filiera. Gli ostacoli, come detto, non sono più di natura economica, ma soprattutto formativi, come si accennava in precedenza. Non è un caso che, secondo EY, cultura aziendale, governance del cambiamento e strategia di sviluppo delle persone rappresentino gli ambiti con maggiori potenzialità di miglioramento.

Come ha infatti messo in luce Donato Iacovone, AD di EY in Italia e Managing Partner dell’Area Mediterranea: “Dalle nostre analisi è emerso che le imprese fanno fatica a intercettare le competenze necessarie allo sviluppo dell’Industria 4.0 e, ove trovate, a tenerle aggiornate. Diventa fondamentale e strategico per le nostre imprese, in particolare per le PMI, investire in formazione e in competenze adeguate, indispensabili per evolvere e competere sui mercati internazionali”.

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