Forum Software Industriale

Marchetti, Oracle: cloud e supply chain al centro dell’Industria 4.0

In occasione del Forum Software Industriale di ANIE Automazione e Messe Frankfurt Simone Marchetti, Sales Development Manager, Digital Supply Chain Solutions di Oracle Italia ha affrontato con industry4Business i temi dell’innovazione digitale per le supply chain nell’industria manifatturiera

Pubblicato il 05 Mar 2019

Simone Marchetti, Sales Development Manager, Digital Supply Chain Solutions di Oracle Italia


Il punto nevralgico della trasformazione digitale delle imprese manifatturiere è sempre più focalizzato sulla supply chain. È su questa dorsale che si concentrano e convergono i principali fattori di innovazione ed è lì che si gioca la partita più importante in termini di individuazione di nuove forme di competitività. Simone Marchetti, Sales Development Manager, Digital Supply Chain Solutions di Oracle Italia ne è convinto e in occasione del Forum Software Industriale organizzato da ANIE Automazione e Messe Frankfurt ha affrontato con Industry4Business i temi che stanno alla base dei percorsi di innovazione di tante imprese di produzione italiane e del ruolo che è chiamato a svolgere il cloud.

“Negli ultimi tempi – ha osservato – il vero punto di partenza riguarda il fatto che soggetti che appartengono al mondo della produzione, sia di beni di consumo destinati agli utenti finali, sia di macchinari per le imprese, si stanno muovendo in una dimensione dove i cambiamenti impattano direttamente anche il modello di business. Non è più solo una questione di innovazione di prodotto, di processo o di ricerca di maggiori efficienze, ma di ripensamento, anche radicale, dell’azienda”.

Smart product e Industria 4.0

Per certi aspetti stiamo già raccogliendo i frutti di una post rivoluzione digitale, quella che in altri ambiti ha visto e vede attori come Facebook, Google, Amazon e altri che hanno contribuito a portare la digitalizzazione nelle nostre case e nelle nostre vite e che soprattutto hanno contribuito a sviluppare e far crescere il valore dei dati. Ed è proprio sui dati che queste aziende hanno costruito il loro approccio al mercato.

“Se passiamo dalla dimensione personale a quella delle imprese dobbiamo constatare che chi produce beni non può oggi sentirsi tanto distante da questo fenomeno. Anzi, – prosegue – grazie a Smart product e Industria 4.0, il digitale è entrato a pieno titolo anche nella produzione.  Quando il mercato di sbocco è il consumatore finale, l’industria inizia a confrontarsi con esigenze che sono fortemente cambiate e che ormai incidono profondamente sull’atteggiamento e sulle aspettative dei consumatori finali. Il motore del cambiamento nasce o trova nel consumatore finale con un’identità digitale molto forte delle forme di accelerazione prima impensabili”.

Questo si riflette naturalmente sia a livello di ripensamento dei prodotti, di innovazione di prodotto, della produzione e della distribuzione. Cambia così la logica di ideazione e produzione ed è oggi possibile pensare ai prodotti, costruirli e portarli al consumatore finale con una prospettiva completamente digitale. Non si parla più di prodotto fine a sé stesso, ma di un vissuto del prodotto, del modo in cui viene utilizzato grazie allo studio e all’analisi del l’atteggiamento del consumatore. Chi oggi produce può trovare nuovo valore su questa strada di cambiamento.

Cambia il modo in cui si pensano i prodotti

“Questo fenomeno – aggiunge Marchetti – influisce sul modo in cui si pensano i nuovi prodotti, sul modo in cui arrivano sul mercato e naturalmente anche sul loro utilizzo. La fabbrica (e tutto il mondo delle operation) non è immune da questo cambiamento, anzi è un’opportunità che permette di avere dati disponibili analizzabili con strumenti digitali sempre più accessibili che permettono di agganciarli ad altre fonti come a tutto il mondo della sensoristica, per costruire un quadro completo dei fenomeni che accadono nello spazio fisico. Oggi le aziende possono essere in grado di spostare la loro identità e la loro capacità di produrre in uno spazio digitale per costruire nuovi vantaggi”.

Non dobbiamo poi trascurare che il dato è sempre più accessibile e democratico. Nelle fabbriche si deve pensare che il valore non è nella “semplice” disponibilità del dato bensì è nel saper utilizzare il dato, nel saper aggiungere intelligenza. Ed è il cloud che permette di rendere democratico non solo il dato ma la anche la sua lavorazione.

“Come Oracle – prosegue Marchetti – ci stiamo posizionando come cloud company, come abilitatori che offrono la possibilità di aderire ad un cambiamento tecnologico che oggi non sarebbe più possibile mettere all’interno delle facility anche a fronte di investimenti ingenti”.

Cloud come fattore distintivo

Facebook e Google sono i primi che hanno capito che rendere le app utilizzabili da tutti in cloud diventava un fattore distintivo abilitante che permette di portare innovazione in modo continuativo al servizio con un approccio che appare particolarmente importante proprio per il mondo manifatturiero che ha la necessità di confrontarsi con logiche e tempi diversi da quelle del mondo digital. Nel manifatturiero, nelle aziende produttive ci sono apparati pensati per durare 20 anni, un ciclo di vita che è stato peraltro progettato 30 anni fa. Il valore che può portare Oracle sia attraverso il cloud sia come visione digitale, vuole incidere sui processi, permettendo un ripensamento del modo di produrre, sia a livello di prodotti sia come prospettive di innovazione a livello di modelli di business. Se pensiamo che i tempi di ammortamento di una linea di produzione sono distanti dalla capacità di aderire al passo del cambiamento, dobbiamo considerare che questo è un elemento che non ci permette la flessibilità di altri mercati. Quello che si comincia a fare dunque è emulare i processi decisionali: se si riesce a ricalibrarli anche sulle macchine che stanno completando il loro ciclo di vita, si possono utilizzare al meglio quegli asset, ci si può astrarre dal livello fisico e si può creare uno strato digitale che permette di prendere decisioni basate su informazioni in tempo reale e permette di agire al meglio utilizzando quella struttura con tutti i suoi vincoli. Spostando questi processi si potrà gestire la migrazione al digitale quando la struttura fisica portante dimostra di non essere più in grado di reggere ai nuovi modelli. A quel punto si programma e si gestisce uno switch tecnologico degli strumenti di produzione.

“Ma il vero tema sono i processi. Marchetti porta l’attenzione sull’approccio e ricorda che se pensiamo di mettere in connessione delle macchine senza ripensare i processi di livello alto, si corre il rischio di avere una serie di informazioni che non possono essere trasformate in valore. Solo se mettiamo in connessione le macchine, con tanta data collection intelligente e con la revisione dei processi si può creare nuovo valore e si possono trovare nuovi modi per creare valore”.

Industria 4.0 come acceleratore di investimenti

L’Industria 4.0 in Italia è un acceleratore di investimento. Permette alle aziende di gestire l’innovazione anche su macchine che si trovano in una fase lontano dal loro fine ciclo di vita e  effettuare uno switch tecnologico calibrando il ritorno dell’investimento. L’obiettivo è quello di portare intelligenza complessiva sulla produzione per aumentare la conoscenza e poter effettuare nuove scelte. Il cloud, grazie a scalabilità e flessibilità consente di disporre della conoscenza per definire un percorso preciso; offre la possibilità di fare sperimentazione e di testare nuove strade.

“Per spostare il mondo della produzione nel dominio digitale – continua Marchetti -, c’è bisogno di un’informazione che sappia ricostruire un quadro rappresentativo della fisicità di tutti gli strumenti di produzione e dei prodotti. In questo senso l’IoT è l’abilitatore fondamentale per costruire un quadro preciso dal punto di vista del patrimonio informativo. L’Internet of Things e soprattutto l’Industrial IoT permette di descrivere cosa sta accadendo con un fattore tempo aderente alla realtà. Su questa tecnologia si appoggia l’altro grande fattore abilitante costituito dall’AI. L’Intelligenza Artificiale aggiunge la capacità di leggere gli eventi facendo tesoro della capacità di apprendimento da quelli precedenti ed intercettando percorsi e decisioni che meglio interpretano la reazione delle aziende e dei singoli prodotti. La blockchain a sua volta rappresenta poi il vero elemento disruptive in fabbrica, perché è dalla blockchain che arriva la possibilità di riscrivere le regole all’interno delle supply chain complesse; è la blockchain che porta quell’elemento di trust in grado di garantire che su determinati dati si possano costruire pattern decisionali, implementare smart contract e automatizzare una serie di compiti”.

Ma in tutto questo come cambiano i prodotti? “Produco un oggetto – osserva Marchetti -, o un macchinario che è destinato ad evolvere, che cambierà l’esperienza di utilizzo rispetto al momento dell’acquisto. A quest’oggetto si legano dei servizi che dipendono e vivono grazie a questa evoluzione e per costruire i servizi correlati all’oggetto, è necessario capire cosa succede quando quel prodotto o quel macchinario esce dal mio dominio per seguire, controllare, analizzare quell’esperienza”.

Il ruolo della manutenzione predittiva

Ecco che entriamo nel dominio della manutenzione predittiva, del prodotto connesso che può essere “gestito” da remoto e che abilita il passaggio da prodotto a servizio. Marchetti cita il modello di business di Tesla che ha creato una disruption in un mondo tradizionale come quello dell’automotive e che si è posta l’obiettivo di cambiare il concetto stesso di utilizzo dell’automobile. Se si vuole lo si può considerare adesso come una forma di servitizzazione che presenta analogie con il modello dei device digitali connessi che “vivono” di aggiornamenti per garantire miglior funzionamento e funzionalità.

La servitizzazione rende possibile la realizzazione di macchine industriali, di automobili, di prodotti che non sono più “statici”, ma continuano ad esser aggiornati e restano “vivi” e che apprendono informazioni dal modo in cui sono utilizzati o dall’ambiente nel quale sono collocati, per migliorare le proprie performance e per personalizzarle sugli stili e sui comportamenti degli utenti finali. E questo è un altro passo importante in termini di innovazione: se riesco a costruire un prodotto che può cambiare nel tempo incontrando diverse evidenze, quel prodotto diventa più appetibile, riduce i malfunzionamenti e si avvicina meglio alle esigenze del cliente.

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Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

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