Cosa vuol dire applicare la service transformation a un settore come quello del printing? Quali prospettive può aprire? Quali sono le opportunità e quali le roadmap? Per il mondo della “stampa” quello della service transformation è stato un aspetto chiave nell’affermazione del modello di servizio basato sul “costo pagina”. Parte infatti da questo paradigma di business, contrapposto al modello tradizionale prodotto-centrico, una trasformazione che ha permesso di concretizzare il fenomeno della servitization.
Per i provider impegnati nell’offerta di servizi di document management, il punto di passaggio è rappresentato dalla costruzione di un “bridge” tra gli obiettivi legati alla corretta efficienza dei sistemi di stampa e la capacità di offrire la stampa nella forma di servizio. Questo è un punto fondamentale, che di fatto vede due grandi sfide: da una parte la valorizzazione dei dati, e dall’altra la rivisitazione, anche sulla base della disponibilità di questi dati, di forme di manutenzione sempre più efficienti e sempre più precise.
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Servitizzazione come leva per la competitività
Per chi, come Ricoh, ha deciso di “giocare questa partita” in anticipo, e puntando sullo sviluppo delle competenze, questa sfida ne ha aperte tante altre, fortemente innovative, sia rispetto al modello di business della società, sia per aumentare la competitività, la capacità di azione e il posizionamento sui temi dell’innovazione.
Industry4Business ne ha parlato con Andrea Gombac, CTO di Ricoh Italia, impegnato anche sul fronte della digital transformation e sullo sviluppo di proposizioni a valore in ambito Industria 4.0 e IoT.
Gombac mette subito in evidenza che il “core business ha iniziato a slegarsi da una logica di prodotto, già nel momento in cui si è avviato il percorso verso un modello a costo pagina”. Quel che è successo all’epoca è che abbiamo creato un data driven business “ante litteram”, vale a dire un insieme di fonti di dati che permettevano il monitoraggio delle soluzioni di stampa e del modo in cui venivano utilizzate (la servitizzazione del prodotto). Il passaggio è avvenuto nel momento in cui si è iniziato investire sulla connessione da remoto delle macchine, sulla misurazione dei processi e sui dati per metterli in relazione tra loro. A beneficio, inizialmente, del funzionamento dell’apparecchiatura.
Grazie alla dotazione, sulle soluzioni multifunzione, di apparati che “raccontano” come funziona la macchina, come viene usata, è stato poi possibile creare una correlazione tra questi dati e le richieste di assistenza e di tutti i punti di contatto del cliente con Ricoh. Si è così arrivati alla definizione di un modello che non è più quello della vendita e dell’assistenza di apparecchiature di stampa, ma di gestione di servizi in chiave Internet of Things.
Un modello realemente e totalmente data driven
“La nostra forza – prosegue Gombac – è stata di utilizzare i dati raccolti da fonti eterogenee in modalità data driven, per impostare i servizi e per farli evolvere in ottica di esperienza di servizio del cliente e di correlazione con i processi. Il tutto – precisa – con un mantra che ha accompagnato tutto il percorso nel tempo e che dice espressamente: se non lo misuri non esiste”.
In termini di risultati, questo percorso, ha permesso di generalizzare le esperienze e di individuare dei pattern su cui effettuare innovazione di servizio. Uno dei casi di riferimento è rappresentato dai risultati della Car Stock Analysis che ha condotto al progetto per la gestione in notturna dei veicoli della rete di assistenza e ad una organizzazione che ha a sua volta permesso di effettuare la consegna del ricambio in emergenza in tempi sempre più veloci.
Ma Gombac porta l’attenzione sull’accelerazione avvenuta negli ultimi anni: “nei primi anni siamo partiti in maniera più empirica, a volte quasi “artigianale” – ricorda -, ma adesso usiamo machine learning, e tecniche di analisi Big Data in ottica omnichannel e multichannel per mantenere il vantaggio acquisito e per aumentare la conoscenza dei processi di servizio e dei comportamenti del cliente . Questi dati hanno permesso di lavorare su processi manuali anche con la robotica di processo e con apparati automatici che hanno portato Ricoh ad adottare una nuova architettura, con un salto qualitativo che permette di passare alla conoscenza in maniera più strutturata. “La sfida – osserva – è quella di mettere a valore i dati in modo sempre più veloce”. Si è pensato, cioè, a un percorso che allargasse l’orizzonte e che permettesse di
- governare i processi
- gestire la visione sia customer centrica sia di produzione.
Il passaggio da prodotto a servizio come best practice
I risultati sono arrivati e hanno generato valore. Il passaggio dal prodotto al servizio, si è codificato a livello di organizzazione e si è intuito che il modello fosse un valore esso stesso e che potesse essere a sua volta “portato sul mercato”. Gestendo la servitizzazione come “nuovo servizio” la si poteva mettere a disposizione di altre aziende.
Sulla base di questa intuizione si è lavorato per mettere questa piattaforma appunto a disposizione anche di coloro che non hanno le capabilities di service della rete Ricoh, pur avendo necessità analoghe in contesti dove non si parla più di macchine di stampa ma, ad esempio, di flotte di oggetti connessi e distribuiti sul territorio.
Un esempio è rappresentato dalle soluzioni di robotica distribuita per l’industria o per il retail. Soluzioni che corrispondono al concetto di empowering digital workplace per cui è necessario garantire la qualità del servizio erogato.
Gombac spiega poi che, se “guardiamo al nostro business dal punto di vista tradizionale, nei suoi componenti di base, la competenza è focalizzata sulla gestione evoluta di device connessi che producono dati. Si tratta di competenze a livello di forza tecnica in campo, di logistica, di gestione e conoscenza dei componenti consumabili, delle parti di ricambio, della gestione di un processo di manutenzione end-to-end. In ognuna di queste aree verticali, l’azienda ha maturato competenze uniche che permettono sia di generalizzare il processo, sia di metterlo a disposizione di chi sta evolvendo il proprio business verso la servitizzazione.
Un modello per accelerare il passaggio alla servitizzazione
E’ così che Ricoh ha deciso di operare come acceleratore della servitizzazione con competenze, con capillarità territoriale e, ovviamente, con expertise distintiva anche in settori adiacenti, integrandosi con le competenze della Divisione Digital Transformation di NPO Sistemi, azienda di cui Ricoh ha acquisito le attività nel 2014, attraverso la quale vengono proposte anche soluzioni IT a supporto della servitizzazione.
Abbiamo visto che la strada verso la servitizzazione ha permesso di aprire e valutare la visione e la valutazione di nuovi modelli di business. Volendo esemplificare questo percorso, si può prendere come esempio il progetto effettuato in collaborazione con l’Università di Brescia per estendere il servizio di gestione delle parti di ricambio per i tecnici in campo a livello europeo. I tecnici, utilizzano il proprio car stock, ovvero i pezzi di ricambio sui quali possono contare direttamente nel corso del loro lavoro itinerante verso i clienti, garantendo la tempestività̀ della riparazione on-site. In questo frangente, la gestione delle parti di ricambio per il supporto al parco installato, è cruciale, visto che la gamma di prodotti è particolarmente estesa ed i codici ricambio gestiti sono nell’ordine di migliaia di referenze. Al problema della varietà, si associa un’altra complicazione, tipica della natura delle parti di ricambio, ovvero la stima della loro domanda. Essa sfugge, infatti, alle classiche logiche previsionali essendo influenzata da numerosi fattori dipendenti dalle caratteristiche del prodotto finito, dalla sua gestione e da effetti di stagionalità. Una ulteriore criticità, attiene, come evidente, allo spazio disponibile. La disponibilità o meno del ricambio è direttamente visibile al cliente ed impatta sulla sua soddisfazione poiché definisce il tempo di ripristino del prodotto. Per questi motivi, trovare il corretto bilanciamento tra ampiezza della dotazione del car stock e i costi delle scorte e del processo logistico, è complicato ma molto importante.
Le tre fasi del progetto
Gombac passa in rassegna le tre fasi del progetto a partire dal benchmark iniziale che ha coinvolto alcune filiali europee, per passare alla costruzione di scenari alternativi in grado di simulare varie politiche di gestione del car stock che consentono di stabilire i KPI dei potenziali benefici e scegliere le modalità di gestione più adeguate con una ottimizzazione spinta basata sull’analisi dei dati. Ma è utile vedere un po’ più in dettaglio questa roadmap.
Fase 1: si inizia dalle pratiche e dai processi
La fase iniziale, attiene alle pratiche e ai processi e ha visto un’analisi comparativa delle pratiche di gestione in quattro operating company dell’azienda: Germania, Italia, Regno Unito e Norvegia. “Un primo valore del progetto – spiega – è stato proprio quello di migliorare la conoscenza reciproca tra le modalità gestionali delle varie filiali, al fine di condividere le best practice e creare maggiore uniformità nei processi di gestione dei ricambi”. Tra i paesi analizzati, vi sono differenze nella struttura delle reti logistiche, nella densità geografica del parco installato e nelle politiche utilizzate per la scelta di quali parti tenere a stock, con un mix di esperienza e di utilizzo dei dati di consumo dei mesi precedenti. Un ulteriore aspetto distintivo nell’analisi e nella costruzione di conoscenza, è rappresentato dall’analisi dettagliata del numero di ritorni al cliente. Nello stesso tempo, è stata fatta anche una valutazione del costo legato al return-to-fit (ritorno necessario per completare l’intervento da parte del tecnico) e si sono scoperte significative differenze tra alcuni paesi ed altri, a testimonianza del potenziale di miglioramento ottenibile con una maggior condivisione delle pratiche di successo. Come detto, un elevato numero di ritorni ai clienti comporta sia un incremento nel costo logistico complessivo per l’azienda e un deterioramento del rapporto con il cliente dato che il livello di servizio diminuisce.
Fase 2: l’ottimizzazione del car stock
Nella seconda fase, si è entrati nell’ambito dei criteri e degli scenari per l’ottimizzazione. Dal benchmark dei 4 paesi europei, ci si è focalizzati sull’analisi di una delle quattro filiali, per valutare l’impatto di alcune leve strategiche sulle prestazioni di servizio e sugli indicatori di costo legati alla gestione del car stock. Si è così definita una procedura formale per regolare il riassortimento dei ricambi basata su una riallocazione mensile dello stock in virtù della domanda registrata nei sei mesi precedenti, fino al raggiungimento di uno specifico assetto di riferimento. Frutto, questo, di un corretto bilanciamento tra costi di stock-out su parti a elevato valore unitario e maggior assortimento del mezzo. Poiché includere parti di elevato valore unitario nello stock, induce una rapida saturazione del tetto massimo del valore del car stock, è stato necessario fare un’analisi costi-benefici per ottenere appunto un giusto bilanciamento.
“L’analisi di simulazione – osserva Gombac – ci ha dato il maggior valore in termini di conoscenza dei meccanismi di gestione del car stock, dei suoi effetti sulle prestazioni, del livello di costo del return-to-fit e dei costi di riapprovvigionamento del car stock”.
Gli scenari di simulazione hanno consentito di valutare l’effetto singolo e congiunto di alcune leve di azione:
- il valore massimo del car stock di un tecnico a livello di budget
- i criteri di selezione della parti di ricambio
- la frequenza di ri-approvvigionamento del car stock del tecnico
La struttura di costo ottenuta evidenzia come il costo di ritorno al cliente abbia il peso preponderante, oltre ad incidere sulla soddisfazione del cliente.
E con questa considerazione si arriva a un messaggio chiave, che indirizza l’azienda ad accrescere per quanto possibile la dotazione di ricambi dei tecnici. Ma al contempo si è osservato che superando un certo valore di soglia dello stock, il beneficio in termini di prestazioni di servizio al cliente diventa trascurabile. “Questi e altri risultati del progetto ci hanno consentito di mettere in piedi dei criteri maggiormente formalizzati ed omogenei tra i diversi paesi, con benefici di costo e soddisfazione del cliente – osserva Gombac. – Inoltre, una miglior comprensione degli impatti delle varie leve sui risultati ci permette di far fronte più tempestivamente alla dinamicità del business, adeguando i criteri alle evoluzioni del contesto”.
Fase 3: data driven opportunity
In queste due fasi ci sono tutti gli elementi per un data driven business che entrano con la fase tre nella valutazione dei parametri che portano alla estensione dell’offerta di servizi, per cogliere le opportunità della data analytics. Una gestione efficace ed efficiente delle operations, in termini di erogazione dei servizi di campo, assieme alla competenza dei propri tecnici, ha consentito a Ricoh di mettere a disposizione la sua rete di service anche per il supporto di prodotti diversi da stampanti e sistemi audiovisivi.
Il percorso di servitization vede l’azienda offrire la propria competenza per attivare e assistere sistemi di “smart object” sparsi sul territorio, e raccogliere ed analizzare i dati ottenuti tramite questi oggetti. In questo percorso di ampliamento del portafoglio di servizi e di offerta di smart services un ruolo particolarmente importante è svolto dalle competenze per la gestione di IoT e data analytics, ma altrettanto importante è la capacità di gestire in modo ottimale una rete di tecnici di campo, come osserva Gombac che aggiunge: “nel percorso verso l’operational excellence, l’utilizzo in modo sempre più avanzato delle data analytics, permette di lavorare anche sull’ottimizzazione della gestione di toner e di consumabile nel parco installato”.
La nascita di Service Advantage
Da questa esperienza e da questa strategia è nata una linea di servizi chiamata Service Advantage che con il claim: “you innovate we execute” rappresenta il cuore portante del modello pensato per mettere a disposizione “servizi” che facilitino il passaggio da prodotto a servizio. “Noi siamo in grado di supportare le aziende che vogliono fare servitizzazione – osserva Gombac – su una serie di ambiti: dall’area IT alla gestione del dato, dall’infrastruttura alla sensoristica per arrivare ai processi di servizio sul territorio. Il tutto con una flessibilità di azione che permette di adattare i servizi alla realtà del cliente”.
La servitizzazione è poi un percorso culturale, un approccio nuovo al prodotto sia per quanto riguarda l’utente sia per il provider. Per favorire questo passaggio Ricoh ha sviluppato uno strumento di dimensionamento grazie al quale è possibile avere un monitoraggio mensile dei carichi di lavoro e delle strutture con proiezione a due o tre anni che permettano di capire gli effetti sull’attività di field del lavoro di intelligence. Questo strumento permette inoltre di pianificare la formazione delle persone e delle strutture e ci conduce a un altro esempio che è rappresentato dai prodotti consumabili. Il cliente, oggi, anche nelle grandi aziende, è servito attraverso tanti canali, ed è molto importante svolgere analisi comportamentali sulle sue preferenze, per capire l’efficacia di diverse azioni, come può essere l’automazione dei servizi legati alla gestione dei consumabili. Grazie a queste analisi è possibile trasformare il lavoro che dobbiamo svolgere sul comportamento del cliente e incidere sulla customer satisfaction.
Focalizzazione sul rapporto con il cliente
Su queste basi il rapporto con il cliente si sta esplicitando in due linee di azione:
- La prima punta a permettere al cliente la maggiore autonomia possibile nella gestione in modalità self service delle richieste di assistenza, dall’altra ad agire con un rafforzamento delle attività legate al supporto da remoto, il tutto per migliorare nel complesso l’esperienza utente.
- La seconda area d’azione attiene al cambiamento culturale è collegata all’evoluzione dell’approccio da prodotto centrico a servizio e ha lo scopo di lavorare proprio sui temi dell’education.
“Per questa attività siamo e restiamo convinti che questa sfida non sia primariamente tecnologica ma appunto culturale”. Anche solo per agire tecnicamente su una macchina se non c’è un percorso educativo di cambiamento culturale si rischia di fallire. Per questo è importante lavorare per sostenere i valori della connettività e conseguentemente della possibilità di disporre di tutti i servizi che la connettività prima di tutto e l’intelligenza sui dati possono abilitare.
Ma il passaggio dal prodotto al servizio pone, come appare evidente, anche un tema legato anche alla vendita, al rapporto con i clienti, alle scelte di pricing. Qui, Ricoh ha scelto di mettere a disposizione del cliente soluzioni che permettono di semplificare il più possibile la scelta dei servizi in funzione di parametri che permettano di personalizzare il proprio portfolio di servizi.
Articolo aggiornato da Mauro Bellini il 15 Giugno 2019