Per un paese come l’Italia che accanto al ben noto Made in Italy del fashion, del food, dell’automotive conta su un ricchissimo patrimonio di imprese manifatturiere di eccellenza a tutti i livelli, è quanto mai importante interrogarsi su quali prospettive si aprono per questo settore nella costruzione del prossimo new normal. Davanti a scenari che oggi mettono in evidenza soprattutto vincoli e rischi, appare nello stesso tempo ben chiaro che questo cambiamento radicale e per certi aspetti “epocale” sia anche ricchissimo di opportunità. E lo è alla luce della reazione che hanno avuto tantissime imprese di produzione del nostro paese che hanno affrontato le tante difficoltà del lockdown assicurando la sicurezza del personale e la continuità del business. Nella totalità dei casi lo hanno fatto sfruttando, ciascuna con la propria competenza e creatività, le tecnologie digitali, tanto che oggi, guardando a quei mesi, si può ben dire che capacità di reazione, di adattabilità e in definitiva di resilienza del manufacturing hanno avuto come riferimento proprio il ruolo del digitale.
Le prospettive del manifatturiero in chiave di innovazione digitale
Ed è da questa doverosa premessa che apriamo l’analisi delle prospettive del manifatturiero nella costruzione del prossimo new normal con Christoph Pawlowski, Senior manufacturing Industry executive Microsoft Wester Europe.
Se alcuni ancora avevano dei dubbi sul digitale o, per fare un esempio più diretto, sul Cloud, possiamo ben dire, oggi, che grandissima parte di questi dubbi sono stati fugati dalle risposte e dalle certezze che le imprese hanno trovato nelle tecnologie e nei servizi digitali come risposta alle emergenze del lockdown.
Guardando alle prospettive del new normal, Pawlowski osserva subito come “occorra guardare alla nuova normalità” con un atteggiamento pronto a considerare cambiamenti repentini e radicali. Al momento, infatti, non è dato di sapere se ciò che è valido oggi lo sarà ancora tra un paio di mesi. Questo è uno dei primi insegnamenti che arrivano da questa emergenza: la necessità di investire in conoscenza e di lavorare per attuare organizzazioni e processi in grado di affrontare cambiamenti anche molto importanti e radicali. Di certo, dobbiamo dire che il digitale stia assumendo un ruolo diverso rispetto al passato. Laddove l’attenzione alle tecnologie si unisca alla capacità finanziaria e alla capacità di visione, il digitale assume un ruolo assolutamente rivoluzionario in termini di estensione del business o di creazione di nuovi modelli di business.
Le aziende che avevano effettuato maggiori investimenti digitali, sia a livello infrastrutturale, sia sposando nuovi paradigmi come ad esempio la servitization, hanno mostrato una maggiore resilienza, hanno superato meglio i nuovi rischi e hanno rafforzato il loro legame con i clienti. Si trovano anche qui conferme sul nuovo ruolo del digitale?
Si, tutti si stanno rendendo conto in modo sempre più evidente che i canali digitali sono oggi il principale veicolo di coinvolgimento dei clienti e che i processi automatizzati diventano il motore primario per la produttività. La riflessione però, che ci deve condurre a leggere il prossimo new normal, deve partire anche dalla consapevolezza che nel mondo manifatturiero ci sono oggi 5 grandi cluster grazie ai quali la maturità digitale ha permesso di condurre a questa resilienza. Essi permetteranno, alle imprese che li metteranno a fuoco, di affrontare tutte le nuove sfide del new normal. È su questi presupposti che si costruiranno, in larghissima misura,, i contenuti della nuova normalità:
- Workforce, reskillinge training. Da intendere come un preziosissimo insegnamento e una conferma che arriva dal lockdown sul fatto che la persona è sempre più al centro, in tutti i processi di innovazione, anche quella più spinta verso le tecnologie esponenziali.
- Ingaggio con i clienti e multicanalità. In questo caso è il valore dell’ascolto dei clienti che assume sempre maggiore importanza per aumentare, sia la conoscenza dei bisogni reali, sia la capacità previsionale. In questo senso occorre pensare a una estensione dei punti di contatto e a una crescita nelle capacità di analisi e di comprensione
- Supply chain. Abbiamo visto in questa fase quanto sia diventato fondamentale alzare la capacità di intelligence e di azione a livello di ecosistemi di produzione e di catene di approvvigionamento. Il digitale abilita un ripensamento più integrato, con maggiore capacità predittiva e con nuovi strumenti di risk management per le supply chain
- Mondo della fabbrica. La focalizzazione sull’innovazione di prodotto e sull’innovazione di processo nel cuore del manifatturiero, permette, grazie al digitale, di aprire le porte non solo a nuovi prodotti ma a un nuovo rapporto tra cliente, prodotto e produttore e, grazie a questo a nuovi modelli di business
- Nuovi servizi digitali. In questo caso, il focus specifico sul fronte ingegneristico e della gestione delle attività di progettazione e di produzione del prodotto da remoto, pone la remotizzazione come un fenomeno centrale delle prospettive del new normal
Stiamo passando da una business continuity ad ogni costo, che abbiamo visto nelle fasi più acute dell’emergenza, ad una business continuity pragmatica che punta a integrare nella produzione logiche di efficienza e di risk management. Che opportunità si aprono per il digitale?
Voglio citare una recente ricerca (Digital strategy in a time of crisi, di McKinsey che si può leggere QUI n.d.r.) secondo la quale il 70% degli executive in Austria, Germania e Svizzera si aspetta che il post COVID-19 porti a maggiori investimenti e incisività sulle iniziative digitali rispetto al passato. Mi aspetto che nei Paesi nordici queste percentuali siano addirittura superiori. Occorre creare le condizioni perché anche la dimensione finanziaria sottostante alle scelte di innovazione digitale sia incoraggiata e supportata. Soprattutto, appare chiaro che questo è il momento giusto per un reassessment delle iniziative e dei progetti digitali, per un loro ruolo sempre più strategico in tutti i settori, ma soprattutto nel manifatturiero.
Con il Covid-19 a livello industriale è cambiato l’atteggiamento nei confronti del risk management, un tempo “quasi” marginale e oggi assolutamente prioritario. In tante situazioni le risposte stanno arrivando anche dalle prospettive legate alla remotizzazione. Come vedete questo scenario?
Ci sono ambiti, come la manutenzione degli asset critici, nei quali la continuità del servizio deve essere indiscutibilmente garantita: prima, durante e dopo la crisi. Il tema della remotizzazione, in realtà, è un tema che interessa non solo chi lavora in fabbrica e gli addetti alla manutenzione. Va detto che già oggi ci sono tutti gli strumenti per poterla attuare senza creare una discontinuità con i benefici che premiano, tanto la business continuity, quanto la sicurezza permettendo di mitigare tantissimi fattori di rischio, ad esempio per il personale.
Mi sembra importante sottolineare, in questa fase e come prospettiva per il new normal, la nuova sensibilità e la nuova attenzione alle modalità di lavoro innovative. C’è un aspetto culturale e valoriale nel rapporto con il lavoro da remoto che permette di passare a un concetto di lavoro per obiettivi. Non si tratta solo di strumenti, che sono naturalmente molto importanti e nel nostro caso fanno riferimento ad esempio a Microsoft Teams, ma si tratta anche di prestare la giusta attenzione alla sostenibilità del remote working, alle motivazioni, al metodo, all’approccio delle persone al lavoro.
Questi valori contribuiscono a mettere in diretta relazione i temi della remotizzazione con i quelli della resilienza delle aziende che, va ripetuto, non si limitano al fatto di svolgere le proprie mansioni da un luogo diverso da quello “convenzionale”.
Tante aziende hanno reagito creando o “improvvisando” situazioni di smart working e sentono oggi la necessità, parlando di una prospettiva di new normal, di consolidare quelle esperienze, di valorizzarle introducendo metodo, sicurezza, governance. Noi, come Microsoft, possiamo portare le nostre best practice.
Soffermiamoci su questo punto e colleghiamolo al concetto di centralità della persona come fattore chiave da seguire per la costruzione del new normal.
L’insegnamento che riceviamo da questa fase di emergenza è per noi di Microsoft una conferma rispetto al concetto di empowerment sul quale stiamo lavorando da tempo, e che abbiamo sostenuto con i temi della formazione, con quelli dell’engagement delle persone che dipendono poi anche dal tipo di lavoro che si è chiamati a svolgere e dal tipo di prospettiva che il digitale permette di costruire in ciascuna realtà.
Possiamo fare un esempio?
Un bell’esempio per il manifatturiero è rappresentato dall’evoluzione dei field service. Questo è un ambito che, come ben noto, è fondamentale per le imprese e nel quale c’è un importante lavoro da fare. Uno dei classici problemi è quello di migliorare il tasso di FTFR (First-time Fix rate), ovvero la capacità di risolvere il guasto o malfunzionamento alla prima uscita. Nel nostro portafoglio di offerta abbiamo moduli di field service, che aprono alla prospettiva dei connected field service, nei quali si combinano IoT, asset connessi, nuovi canali di comunicazione, analytics avanzati, Intelligenza Artificiale. Un approccio, questo, che permette non solo di migliorare questo tasso e rendere il field service più efficace e più efficiente ma che – e questo è un aspetto fondamentale nel ruolo del digitale nel new normal – permette alle imprese di spostarsi sempre di più verso la manutenzione predittiva, aprendo nuove prospettive di sviluppo.
Stiamo dicendo che si prefigura un digitale che abilita nuovi modelli di business?
Certamente, ma non solo. Nel field service si ha a che fare con interlocutori diversi, ciascuno con obiettivi diversi. C’è il COO che vuole abbattere i costi, così come c’è chi pensa a nuovi business model a servizio. Ma dobbiamo anche rilevare ad esempio che nel field service, la tecnologia digitale, che nelle prime settimane di emergenza ha registrato i maggiori tassi di crescita è la mixed reality. Il digitale premette alle imprese di sperimentare in tempi sempre più brevi, a costi più accessibili e con benefici per i clienti, la capacità di sviluppo del business delle imprese stesse che possono disporre di dati, informazioni, esperienze decidendo oculatamente sul loro posizionamento e sulle nuove prospettive.
Rimaniamo sui temi della mixed reality. La possiamo considerare come un fattore abilitante verso soluzioni di remotizzazione ma anche verso nuove forme di collaboration?
Si, ma anche qui può essere utile un esempio. In ambito industriale abbiamo oggi la possibilità di coniugare applicazioni customizzate su HoloLens, integrate con app standard come Dynamics 365 Remote Assist e Dynamics 365 Guides. Questo significa concretamente che con Dynamics 365 Remote Assist si può permettere ai tecnici di collaborare in modo efficiente sullo stesso progetto o sulla stessa situazione operativa da sedi diverse. Con Dynamics 365 Guides si offre la possibilità di guidare – da remoto – la formazione degli operatori per acquisire nuovi skill su tecnologie o processi di produzione. Inoltre, queste, sono due piattaforme integrabili con Microsoft Teams. Questo comporta una serie di vantaggi che cambia le prospettive stesse della collaboration grazie alla condivisione di contenuti, servizi, documenti in vari formati, l’accesso diretto a competenze anche in forma di confronto in videoconferenza. Voglio dire che ci sono tutte le condizioni e tutte le soluzioni per permettere agli esperti che conoscono le macchine e i processi, di supportare i loro clienti con interventi di manutenzione da remoto in qualsiasi momento. Per il cliente è sempre più facile mostrare all’esperto, attraverso l’applicazione, il problema che sta riscontrando, potendo l’esperto guidarlo con gli strumenti più adeguati, nella ricerca di una soluzione.
Si tratta di un cambiamento anche in termini di rapporto tra fornitore e cliente?
Assolutamente si, è un rapporto che si stringe e consolida. Per fare un altro esempio molto concreto, abbiamo casi di aziende che hanno scelto di inviare direttamente una soluzione composta dagli HoloLens e Dynamics 365 Remote Assist (con licenze che come Microsoft possiamo offrire gratuitamente per sei mesi) ai loro clienti finali per guidarli direttamente nelle attività di manutenzione impostando un nuovo rapporto, molto concreto. Stiamo cioè parlando di collaborazione industriale, che riguarda sia gli ambienti di produzione sia i service management teams.
Rimaniamo sul tema della facilità e dell’accessibilità, particolarmente importante per imprese di minori dimensioni, magari meno “attrezzate” dal punto di vista delle strutture IT
In questo caso, dobbiamo sottolineare che la piattaforma Dynamics mette a disposizione una ricca serie di app e si può attivare senza specifiche competenze sullo sviluppo, sia nella forma di “low code” sia in quella del “no code”. L’aspetto importante è nella prospettiva della mixed reality integrabile e attuabile anche grazie all’approccio Power Apps di Microsoft che permette la creazione e la condivisione di app a “basso contenuto di codice”, aprendo nuovi scenari sia per l’utilizzo di HoloLens in vari ambienti del mondo manifatturiero, sia per app di mixed reality per specifiche esigenze nell’ambito dell’automazione di fabbrica.
Un esempio concreto?
È possibile sviluppare un’app in giornata e dare una risposta concrete e immediata a una necessità che si presenta in produzione. La piattaforma può essere usata in casi di crisi per lo sviluppo di emergency app. In questo periodo, ad esempio, abbiamo rilasciato un template per permettere agli utenti di fare dei check sui DPI ecc. Ma voglio sottolineare che su questo specifico tema giocano un ruolo fondamentale i nostri partner, che sviluppano applicazioni e che estendono le funzionalità di base della piattaforma. Sempre di più queste soluzioni sono il frutto di un lavoro di ecosistemi che vedono l’integrazione e la collaborazione con diverse competenze e specializzazioni.
L’Italia ha una eccellenza che ha prospettive enormi sul digitale nell’ambito dei Machine Builder, ovvero in quelle realtà che hanno la necessità di presidiare i loro sistemi in tutto il mondo. Come vedete a queste specifiche prospettive?
Si, queste sono aziende di grande eccellenza. Vedo in loro un grande fermento nel voler comprendere servizi e soluzioni digitali ad alto valore aggiunto. Noto che stiamo muovendoci verso un nuovo modello di maturità che non si limita al classico percorso verso la manutenzione remota, ma che affronta l’innovazione con un’offerta di sistemi come servizi. Notiamo aziende che hanno scelto di fare dello sviluppo del software un secondo pillar della loro attività. Pur rimanendo imprese importanti del manifatturiero.
Mi piace citare l’unica azienda italiana [ROLD n.d.r.] inserita nel rapporto del World Economic Forum sulle manufacturing lighthouse ( Global Lighthouse Network: Insights from the Forefront of the Fourth Industrial Revolution, del WEF accessibile QUI n.d.r.). Rold ha sviluppato un proprio progetto di smart manufacturing in casa e ha poi fatto crescere competenze e prospettive creando una divisione industriale che propone proprio queste soluzioni e che è diventata partner Microsoft.
Quali sono gli ostacoli e quali sono le opportunità che vedremo nel new normal?
Il problema di queste aziende che portano innovazione al mercato è che i loro clienti sono ancora scettici verso questi servizi e vogliono tutelare i loro dati. È questa diffidenza che frena l’accettazione dei servizi digitali, ed è questo il grande problema degli ultimi anni, che ha rallentato gli investimenti aziendali. Dobbiamo riconoscere, però, che la maggiore apertura delle piattaforme e l’avanzare della tecnologia fanno sì che clienti e fornitori inizino a comprendere i benefici della tecnologia. Nel manifatturiero, l’atteggiamento sta cambiando. Lo scetticismo e la prudenza “storica” del manufacturing nella condivisione dei dati, sta lasciando spazio a un atteggiamento molto più pragmatico.
Se guardiamo oltre la fabbrica, il digitale è anche chiamato a dare risposte nuove a livello di supply chain. Per rimanere poi a una delle priorità che ci accompagna nel new normal, ovvero la necessità di ridurre i rischi, il digitale deve anche sempre di più contribuire ad alzare il livello di sicurezza e portare nuove forme di risk management?
Dobbiamo dire che uno degli impatti del lockdown è che è aumentata l’attenzione alla gestione del rischio che pure è sempre rientrata nella gestione della supply chain. Oggi, però, il problema per noi è che diventa sempre più prioritario e si confronta con aziende molto più focalizzate verso il proprio interno. La possibilità di valutare il rischio nella supply chain globale e di gestirlo, non solo internamente al mondo di fabbrica, è un grande focus e una grande sfida del digitale per il prossimo new normal.
La possibilità di effettuare simulazioni, un tempo primariamente utilizzata per accelerare i processi di go to market, oggi può assumere una nuova valenza, anche in termini di sicurezza e risk management?
Dobbiamo partire dalla considerazione che il digital twin è stato il leit motiv degli ultimi anni. Con il digital twin abbiamo registrato una crescita e uno sviluppo per il manifatturiero, anche nella possibilità di usare l’AI o le analitiche avanzate, ai fini della simulazione e della verifica dei processi.
L’obiettivo finale, a nostro avviso, è nella possibilità di arrivare al digital thread: un ciclo del prodotto totalmente digitale, dallo sviluppo, alla produzione, alla conoscenza nell’utilizzo dei prodotti presso l’utente finale. Il cerchio si chiude proprio con i dati relativi all’utilizzo dei prodotti, che abilitano nuove fasi di progettazione o riprogettazione.
Possiamo dire che in questa fase di emergenza, abbiamo superato tanti vincoli che vedevano un ingegnere progettista necessariamente presente in ufficio. Oggi, grazie all’implementazione dei digital twin nei processi e al cloud, si riesce davvero a modernizzare i processi di sviluppo dei prodotti. E questo sarà uno dei presupposti per il new normal.
Questa revisione del processo manifatturiero può essere anche una risposta al tema green già in forte crescita in termini di attenzione all’ambienta e alla sostenibilità?
Questo è un tema al quale io credo fortemente e nel quale c’è un fortissimo committment da parte di Microsoft, che a gennaio ha dichiarato di voler diventare carbon negative entro il 2030 e che nel piano italiano #DigitalRestart vede il lancio di una Alleanza per la Sostenibilità per creare un ecosistema di open innovation sui temi green. In questo senso il cloud gioca un ruolo fondamentale e rappresenta un abilitatore per tutte le imprese che voglio investire in questa direzione. Mi preme poi ricordare l’appello “European alliance for a Green Recovery” (la call for action nata per iniziativa di Pascal Canfin, Chair of the Environment committee of the European Parliament cui hanno aderito ministri, rappresentanti di grandi imprese, come Microsoft, rappresentanti di grandi organizzazioni internazionali. QUI il documento ufficiale n.d.r.) che richiama, da una parte alla situazione difficile del pianeta, e dall’altra, presenta tantissime nuove opportunità da affrontare con la visione e gli investimenti necessari affinché la recovery dal lockdown sia anche una occasione per accelerare l’impegno sulla sostenibilità. L’appello europeo del Green recovery è stato firmato anche dal presidente di Microsoft e non possiamo non vedere il valore simbolico nell’impegno di una impresa americana in un appello europeo. Come Microsoft siamo poi impegnati in investimenti molto importanti con una visione che punta a indirizzare l’innovazione digitale verso uno sviluppo più sostenibile in modalità e forme che prevedono una strettissima collaborazione con i nostri clienti.