In Italia, così come in altri paesi, il livello di maturazione delle competenze digitali e dell’associata innovazione è condizionato da due fattori principali: il sistema dell’istruzione (primaria, secondaria e universitaria), insieme al sistema della formazione permanente, e le caratteristiche del tessuto industriale, del commercio e dei servizi, della Pubblica Amministrazione e delle istituzioni. Il digitale si inserisce in tutti i percorsi di transizione dal mondo dell’analogico e sempre di più in futuro le competenze digitali costituiranno una dote essenziale per il personale di tutte le organizzazioni pubbliche e private, specialistico o no.
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Trasformazione digitale, siamo ancora lontani
Il nostro Paese è caratterizzato da una quota di microimprese (fino ai 10 addetti) notevolmente superiore rispetto a quella di altre realtà; in questi contesti il titolare dell’impresa e i collaboratori mostrano più difficolta a percepire e valutare i concetti di innovazione introdotta dal digitale, relativa alla capacità di riconoscere e differenziare il significato delle nuove competenze e dei nuovi profili ICT. Aggiungiamo poi che lo storico ritardo nella messa a fuoco di una soluzione diffusa e condivisa relativa alla formazione permanente ha cominciato ad essere recuperato con il recente Piano Operativo della Repubblica digitale, ma rende comunque più difficile migliorare in modo sostanziale le attività di aggiornamento delle tecnologie e delle loro applicazioni su entrambi gli assi della formazione, quello degli specialisti IT e quello delle competenze digitali trasversali per tutto il resto del personale.
Se, durante la crisi, le PMI si sono mosse per digitalizzare alcuni processi aziendali e adottare specifiche piattaforme e tecnologie per far fronte all’emergenza, siamo ancora lontani da una vera trasformazione digitale: servono visione, cultura e competenze affinché gli investimenti possano portare a un effettivo ritorno economico e a benefici di lungo periodo. In questo contesto si inseriscono diverse associazioni no-profit, come AICA, che da oltre vent’anni ha iniziato a introdurre le competenze digitali di base nella scuola secondaria per poi coinvolgere gradualmente anche gli studenti della primaria; e in parallelo ha costituito un’unità specializzata nelle competenze e nei profili professionali nello standard EUCIP, in cui è stato sviluppato l’intero portafoglio dei profili specialistici.
Italia ultima nell’indice DESI nell’ambito del capitale umano
Non ci dobbiamo limitare solo a questo, ma continuare a introdurre innovazioni nella gestione delle competenze, in particolare l’utilizzo pieno degli standard europei (ECDL, e-CF) con l’adesione al lavoro del CEN/ISSS per sviluppare e introdurre le certificazioni e lo standard delle competenze e-CF, lo strumento di assessment. Dobbiamo andare oltre perché lo sappiamo, nel nostro Paese c’è molto su cui lavorare: l’Italia è ultima nell’ambito Capitale Umano dell’Indice DESI (Digital Economy and Society Index). Solo 4 italiani su 10 e poco meno di 5 lavoratori su 10 possiedono competenze digitali di base e, solo per citare una categoria, gli specialisti in Information & Communication Technology costituiscono una minima parte degli occupati (3,5%) e dei laureati (1,3%). Dati confermati anche dall’ultima edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali, edito dalle principali associazioni datoriali dell’ICT (Anitec-Assinform, ASSINTEL, ASSINTER e AICA). Tendenze che possono contribuire in modo determinante al dibattito che nel Paese si sta sviluppando sul tema della Transizione Digitale e la Formazione permanente quali assi strategici del PNRR.
Potenziare il digitale nelle imprese per la transizione
Però mai come oggi è alta l’attenzione sul tema, anche da parte del mondo politico: basti pensare ai quasi 18,5 miliardi di euro messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per gli investimenti riconducibili al Piano Transizione 4.0. Potenziare il digitale nelle imprese, in particolare PMI, significa non solo migliorarne le performance economiche e la produttività, ma anche contribuire in maniera significativa allo sviluppo economico dell’intero sistema Paese.
Per farlo, diventa inevitabile definire e mettere a punto servizi e-CF, lo standard delle competenze digitali, per specialisti focalizzati su micro e piccole imprese, in grado di lavorare in centri servizi multicliente come quelli della PA e dei sistemi professionali artigiani. Inoltre, bisogna lavorare per creare sempre più percorsi di formazione mirati per professional advisors in grado di assistere i titolari delle microimprese o microenti mantenendo la coerenza fra i contenuti formativi erogati e il piano di copertura dei gap riscontrati nell’assessment; in attesa che vengano avviati i progetti proposti e approvati come elementi del Piano Operativo delle competenze nell’ambito della Repubblica digitale (ne è un esempio la Digital Academy di AICA).