L’Industria 4.0 non è un fenomeno che si “ferma” nella fabbrica, ma ha un impatto straordinario sul sociale, sui territori, sulla collettività, nel mondo della ricerca e della formazione e ovviamente con la politica e con le relazioni sindacali. Alessandro Perego, Direttore scientifico dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano lo mette subito in evidenza nell’apertura del convegno Industria 4.0: Produrre, Migliorare, Innovare dell’Osservatorio industria 4.0: “L’industria 4.0 non è una moda, ma è un fenomeno strategico per il paese e. impone una fortissima connessione con imprese, sindacati, parti sociali per fare innovazione a tutti i livelli.
L’Industria 4.0 non va vista solo nell’ottica del presente dunque, ricorda Alessandro Spada, vice presidente vicario di Assolombard,a ma è un lavoro e una prospettiva per le generazioni future. Non dobbiamo limitare il fenomeno della connettività alle macchine e alle fabbriche, ma dobbiamo lavorare per connettere la conoscenza e andare verso una distribuzione di competenze e una crescita degli skill.
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Un nuovo sistema di relazioni con le parti sociali per sostenere l’Industria 4.0
A sua volta Marco Taisch, responsabile scientifico Osservatorio Industria 4.0 ricorda che con l’Industria 4.0 si è riportata al centro dell’attenzione e del dibattito anche politico il tema della manifattura e dell’innovazione e si è saputo riaffermare il principio che “produrre bene e in modo competitivo vuol dire creare ricchezza, occupazione e sviluppo per le imprese e per i territori”. E proprio Taisch ricorda che la sfida della competitività dell’Italia con l’Industria 4.0 necessita di un impegno generale, di tutti gli stakeholder: produzione, parti sociali, ricerca per sostenere le sfide della competitività. Non bastano i progetti e i percorsi delle singole imprese, ma serve il lavoro si un ecosistema costituito da università, centri di ricerca, centri di innovazione. In questo senso si ricorda l’iniziativa della Fondazione World Manufacturing Forum, un un ente che ha l’obiettivo di generare e diffondere Industria 4.0 cultura a livello globale sul settore manifatturiero, grazie al lavoro di Confindustria Lombardia, Politecnico di Milano e Intelligent Manufacturing System.
Ed è sempre Taisch che richiama anche la necessità di un dialogo nuovo con le parti sociali e con il sindacato perché se è vero che l’Industria pone temi completamente nuovi rispetto al passato in termini di innovazione di fabbrica è altrettanto vero che pone anche temi nuovi per il mondo del lavoro, nel rapporto stesso tra persone e “nuove fabbriche” e soprattutto necessita, con sempre più urgenza, un grande sforzo in termini di formazione e di sviluppo di percorsi in grado di portare nelle aziende gli Operatori 4.0 indispensabili per trasformare il potenziale della fabbrica digitale in competitività.
Bentivogli: non si deve avere paura dell’innovazione e del digitale
E per rispondere a questa domanda di un rapporto nuovo tra innovazione e mondo del lavoro il convegno dell’Osservatorio Industria 4.0 ha voluto portare la testimonianza di Marco Bentivogli, segretario generale FIM Cisl impegnatissimo da tempo sui temi del rapporto tra innovazione e innovazione digitale e mondo del lavoro.
E da Bentivolgi è arrivato un messaggio molto chiaro che vuole portare la sfida dell’innovazione anche a livello di relazioni sindacali, perché se è innegabile che l’Industry 4.0 è una sfida straordinaria che sta portando importanti risultati è anche vero che apre nuovi rischi e chiede nuove forme di attenzione per che rappresenta il mondo del lavoro. “Il rischio che vedo sull’Industria – osserva – è che c’è un “pezzo” di mondo che corre e un “pezzo” che rischia di rimanere fuori, che non ha i mezzi per correre”. Un rischio che spinge Bentivogli a codificare in una sorta di “ciclo” che chiama OMN: Opposizione, Moda, Nausea e che spiega: “Sulle novità l’atteggiamento in Italia sembra essere quello di affrontarle prima con una forma di opposizione, per poi farle proprie sino a trasformarle in una moda e infine disamorarsi e viverle con un fastidio che arriva alla nausea”. Si deve stare attenti, dice Bentivogli a proteggere l’Industria 4.0 da questo ciclo, anche perché non possiamo non considerare che l’Industria 4.0 è importantissima per le prospettive che ha aperto e che può avere per il mondo del lavoro.
Industria 4.0: manifattura al centro dell’economia
Non bisogna nemmeno sminuire o banalizzare il valore dell’Industria 4.0, che ha il grande merito di riportare la manifattura al centro dell’economia, di restituire alla produzione il ruolo centrale che ha sempre avuto per il valore del Made in Italy. “Industria 4.0 non significa mettere assieme qualche robot e qualche forma di automazione, certamente importanti, ma che da soli non rendono la fabbrica digitale. per fare Industria 4.0 occorre fare un balzo culturale e agganciare tutto il tessuto industriale che si sta perdendo”.
Bentivogli ricorda poi che questo della IV Rivoluzione Industriale è il secondo balzo in avanti nella storia dell’umanità. Dopo la II Rivoluzione Industriale che ha aumentato con le macchine la potenza dell’uomo adesso con la digitalizzazione si aumenta la “forza mentale” delle persone. E il tema del digitale come strumento che “aumenta” la capacità delle persone è un tema attualissimo e decisivo, soprattuto per togliere dal “campo” il tema della paura verso l’innovazione o “verso il digitale”. Per raccontare la sua visione Bentivogli proietta l’immagine di una vecchia Ritmo Fiat, un’auto che come spiega “Nel 1978 era già prodotto interamente da robot e da sistemi di automazione. A dimostrazione che la robotizzazione non è di per sé un tema nuovo e non è una minaccia. Il tema nuovo oggi è il digitale e il rapporto nuovo che può permettere di attuare con le macchine e con tutto il mondo del lavoro. “Per fortuna – osserva – questa rivoluzione Industria 4.0 è molto manifatturiera. Ma la manifattura può tornare e restare al centro solo se ci saranno ecosistemi virtuosi di digitalizzazione da una parte ed di formazione dall’altra”.
Non è vero che l’innovazione riduce i posti di lavoro
Con il digitale si riducono le mansioni ripetitive e crescono le mansioni con funzioni cognitive, si sposta l’attenzione delle persone sul valore, sull’intelligenza per i prodotti e per i processi. Non è vero che l’innovazione riduce i posti di lavoro, li cambia. Li cambia perché è il lavoro che sta cambiando in tutte le sue dimensioni.
“La soluzione – denuncia richiamando un tema che è stato al centro del dibattito – non è tassare i Robot per difendere il lavoro dell’uomo, ma trovare nuove forme di collaborazione di equilibrio tra uomo e macchina. Il vero tema è inventare assieme il Nuovo Lavoro e Governarlo”
Perché è così importante questo punto? “Perché il nostro è un paese tecnofobo – denuncia – e dobbiamo spingere sulla rivoluzione culturale. Non è la tecnologia che minaccia l’occupazione ma è l’assenza di tecnologia che ha distrutto tanta occupazione”. A supporto di questa convinzione che lo ha visto al centro di tante azioni di supporto all’innnovazione anche sui temi dello sviluppo della Blockchain, Bentivogli ricorda che i paesi a più alto tasso di high tech sono anche i paesi a più alto tasso di occupazione.
Ora con l’Industria 4.0 si vede all’orizzonte anche un fenomeno importante di “reshoring”, di rientro della capacità produttiva, che ha visto che la ricerca del “costo più basso” non paga, soprattutto nel lungo termine e soprattutto su prodotti qualità, che hanno bisogno di innovazione e di competenze e skill sempre più raffinati.
Bentivogli ricorda inoltre che tutti gli accordi per rientro in Italia produzioni delocalizzate hanno avuto 3 componenti fondamentali:
- Competenze
- Nuove regole del lavoro
- Disponibilità di tecnologie abilitanti
Lavoro 4.0: serve una Governance del cambiamento
La denuncia di Bentivogli prosegue sui temi della governance: “è l’assenza di policy che costruisce lavoro povero, non la presenza di tecnologie. Occorre saper gestire il cambiamento, occorre una Governance del cambiamento e come sindacato dobbiamo cambiare categorie e regole del ‘900, il mondo del lavoro è cambiato e le tutele vanno riscritte in questo contesto di cambiamento”. In altre parole per andare in modo corretto nella direzione delle smart factory, serve anche lo sviluppo di una smart union.
“Ad esempio – prosegue – dobbiamo essere consapevoli che il 65% dei bambini che frequentano le scuole elementari faranno lavori di cui oggi non conosciamo neanche il nome. La capacità di costruire nuove tutele deve andare di pari passo con la capacità di leggere le nuove professionalità. In questo senso poi Bentivogli ricorda il Diritto Soggettivo alla Formazione perché il vero problema in Italia è proprio la formazione.
Due altri temi sono per Bentivogli centrali nel sostegno allo sviluppo digitale del paese: lo sviluppo di nuovi sistemi per finanziare le imprese e i processi e l’attenzione a superare e vincere la retorica sulla minaccia del digitale per il mondo del lavoro che resta pericolosa. “Dire che lavorerà solo il 10% delle persone e il restante 90% resterà in panchina è un errore sia a livello etico sia economico. Abbiamo il dovere di far emergere best practices che permettano di dimostrare che si può fare e che permettano di sconfiggere i produttori di paura. Un Paese moderno deve raccogliere sfide e affrontarle insieme, perché quella dell’Industria 4.0 è una grande opportunità per tutti”.