Dall’Industria 4.0 all’impresa Smart: Pronti ad affrontare la sfida?

Pubblicato il 20 Mag 2018

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Sono stati oltre 100 i partecipanti all’evento “Verso l’Impresa Smart – pronti ad affrontare la sfida?”, svoltosi a Brescia presso la prestigiosa cornice del Collegio Luigi Lucchini. In un periodo di rapidissimi e dirompenti processi di trasformazione (quarta rivoluzione industriale, economia circolare, service transformation e sharing economy, per citarne alcuni), capaci di rivoluzionare il contesto economico-produttivo, l’impresa oggi si trova costretta a doversi velocemente evolvere, fino a diventare Smart. Questa è la vision del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia , organizzatore dell’evento che ha visto coinvolti esperti del mondo accademico ed industriale con l’obiettivo di identificare gli elementi chiave utili a progettare il percorso verso l’impresa Smart, ovvero l’impresa in grado di affrontare e governare con successo le trasformazioni in atto.

Il percorso per diventare Smart

L’evento si è aperto con l’intervento di Marco Perona, professore ordinario e direttore del Laboratorio RISE. Secondo Perona, un’azienda che vuole diventare Smart deve intanto persegue l’obbiettivo di innovare la propria offerta introducendo nuovi modelli di business. Infatti “SMART is not one thing: SMART is a way of doing things”. Oggi lo può fare attraverso una combinazione di diversi elementi, quali: lo sviluppo di prodotti intelligenti ed interconnessi che facilitano la raccolta e la gestione delle informazioni, l’introduzione di nuove tecnologie per realizzare processi produttivi digitali, la creazione di supply chain integrate e collaborative, il tutto orientato allo sviluppo di processi decisionali snelli e virtualizzati. In questo senso, le nuove tecnologie, sempre più democratiche e disponibili anche per la piccola-media impresa, sembrano quindi rappresentare l’ingrediente chiave per abilitare questi elementi e facilitare la trasformazione verso l’impresa Smart. Secondo Perona, il modello da seguire è però l’opposto: il punto di partenza non sono le tecnologie digitali, bensì l’ideazione di nuovi modelli di business, dove il cliente appare sempre più al centro, basati su un ben determinato set di competenze e sostenuti da una struttura organizzativa dove le tecnologie rappresentano uno dei tasselli abilitanti.

Figura 1 – Il percorso verso l’impresa SMART (elaborazione Laboratorio RISE, 2018)

Impresa 4.0 come impresa sempre più intelligente basata sui dati

Ma non basta. Deve avvenire un forte cambiamento nella cultura e nella mentalità nell’impresa. L’obiettivo della Smart Enterprise infatti non deve essere solamente quello tradizionale di massimizzare vendite e fatturato: così come l’obiettivo dello studente non deve essere il voto, ma di apprendere, allo stesso modo le aziende Smart porsi l’obiettivo di creare soluzioni efficaci ed efficienti per i propri clienti. Da cui poi deriverà una maggiore competitività ed una crescita del fatturato. In questo paradigma, è il dato ad essere centrale. L’impresa Smart è quella che sarà in grado di raccogliere dal cliente le informazioni, elaborarle ed utilizzarle per creare la soluzione giusta per il cliente giusto. Parafrasando Sam Walton, fondatore di Wal-Mart, l’azienda Smart dovrà “sostituire le scorte con l’informazione”.

Oggi è però giusto osservare anche il rovescio della medaglia: la trasformazione digitale è densa di promesse, ma il nuovo paradigma sembra favorire soprattutto gli utilizzatori, non i produttori. Per mitigare questo rischio, le imprese Smart dovranno quindi adottare un approccio più olistico che prevede la definizione di una Roadmap chiara, che fissi le tappe della trasformazione, e che consideri tutte le dimensioni del cambiamento.

Figura 2 – Le dimensioni della trasformazione (elaborazione Laboratorio RISE, 2018)

Andrea Bacchetti, ricercatore del Laboratorio RISE, ha poi aperto il panel aziendale, ricordando quanto la trasformazione verso l’impresa Smart sia trasversale, intaccando diversi settori, diverse funzioni aziendali e diversi processi di business. I casi illustrati durante la tavola rotonda, di seguito brevemente riassunti, ne sono un esempio.

Claudio Branz, CEO di Lavapiù, azienda partecipata da Miele Spa, ha illustrato un progetto di interconnessione e digitalizzazione delle lavanderie, il 3rd Millenium Laundry Project, svolto con i ricercatori di RISE. Riprendendo i concetti esposti da Perona, secondo Branz questo progetto è l’esempio evidente di quello che non si deve fare: Lavapiù è infatti partita dalla tecnologia, senza una strategia chiara. Questo non ha permesso di trasferire il vero valore a Miele che ha inizialmente bocciato l’idea. Con il supporto di RISE però, Lavapiù ha fatto un passo indietro: definendo un’opportuna Roadmap di sviluppo che avesse al centro uno strutturato modello di business in grado di definire i vantaggi per tutti gli attori, dal produttore all’utente finale. Così Lavapiù è stata in grado di convincere Miele, che ora punta forte sul progetto.

L’interconnessione tra i prodotti è l’elemento base anche dell’esperienza di CGT, concessionario italiano di Caterpillar che da tempo rappresenta un caso di eccellenza di Smart Enterprise. Secondo Gianluca Calì, direttore promozione Service e Digital business Developer di CGT, l’interconnessione ha infatti permesso di sviluppare molto prima dei competitors un modello di business orientato al cliente (il noleggio), che rispecchiasse il motto aziendale del: “abbiamo la soluzione”. Grazie all’interconnessione, infatti, CGT è passata negli anni da un concetto di reattività ad un concetto di prevenzione che punta oggi a diventare previsione. Grazie alle nuove tecnologie l’azienda può oggi raccogliere un numero di dati sempre maggiori, realizzando un monitoraggio real-time delle singole macchine ed elaborando tali informazioni in maniera strutturata grazie a analytics sempre più potenti. Diventa così possibile da un lato, eseguire interventi specifici sulle macchine per mantenere le macchine sempre in efficienza, dall’altro anche fornire servizi avanzati come attività consulenziali verso il cliente che risolvano specifici bisogni. Infatti, l’analisi dei Big Data consente a CGT di capire come il cliente sta utilizzando un certo macchinario e se vengono effettivamente utilizzati i processi operativi più efficienti. L’intervento di Calì ha quindi messo in evidenza l’essenzialità del dato: in questo contesto, la vera fonte di valore è la contestualizzazione del dato stesso, che genera informazione e crea conoscenza.

Nella stessa direzione anche l’esperienza di Paolo Macchi, Managing Director di Weir Gabbioneta: anche senza entrare nel campo dei Big Data, è infatti oggi possibile (ed essenziale) generare valore dall’utilizzo corretto e strutturato del dato. L’azienda, operante nel settore Oil & Gas, vive quotidianamente le fluttuazioni del mercato in un ambiente critico e non privo di rischi. Per fronteggiare ed analizzare il rischio di fornitura della propria supply chain, Weir ha deciso di utilizzare il tool SWITCH, sviluppato dai ricercatori di RISE e IQ Consulting (accessibile da QUI). L’applicazione di SWITCH alla catena di fornitura di Weir Gabbioneta ha consentito di misurare, utilizzando algoritmi e metodi rigorosi, la probabilità di fallimento e gli effetti economici derivanti, attraverso un opportuno modello di costing. Il risultato ottenuto consiste in una mappatura dei fornitori con una scala di rischio, in grado di guida tutta una serie di azioni di rimedio. Poter avere la certezza di disporre di partner solidi all’interno della propria supply chain è elemento essenziale per l’impresa Smart. Allo stesso modo, l’intervento di Macchi ha mostrato il valore del dato, che diventa essenziale per sviluppare processi decisionali data-driven.

La Digital transformation della Supply Chain

Dello stesso avviso è Mario Brambilla, presidente del CDA di Kasanova, azienda che negli ultimi anni è stata in grado di evolversi attraverso una profonda trasformazione dell’intera supply chain. Il dato è di nuovo l’elemento chiave per determinare la configurazione migliore in grado di abilitare una gestione ottimizzata della complessa supply chain. Per questo l’azienda ha avviato un progetto di ridisegno della propria supply chain con i ricercatori di RISE, con l’obiettivo di sviluppare una filiera snella ed integrata, sempre più Smart, in grado di bilanciare in maniera efficace ed efficiente, il trade-off tra costi logistici vivi, costi opportunità e livello di servizio

Come detto, ragionare sulle nuove tecnologie per sviluppare processi produttivi digitali, è oggi un altro elemento chiave per l’impresa Smart. Ecco perché Ufi Filters, seguendo la testimonianza di Alex di Tommaso, ha deciso di intraprendere un percorso di analisi della fattibilità tecnica ed economica della Stampa 3D applicata ai propri prodotti grazie ad un apposito tool realizzato dai ricercatori di RISE e IQ Consulting (accessibile da QUI). Nonostante le cifre di Ufi Filters parlino di un mercato di massa, nel quale sembra difficile riuscire a trovare applicazioni di successo per la stampa additiva, la realizzazione del progetto ha permesso all’azienda fare chiarezza attraverso un’analisi di contesto, uno specifico scouting di mercato e la realizzazione di test sperimentali dove è stata valutata anche la fattibilità economica della tecnologia applicata ad un determinato prodotto e processo produttivo. Il risultato è stato quindi un dettagliato report in grado di suggerire al management come muoversi sia nel breve termine, sia nel lungo termine, indicare quindi quale strada (Roadmap) è possibile percorrere.

L’evento è quindi proseguito con un’interessante discussione con la platea dove, tra le varie, è emerso con chiarezza come l’impresa Smart non possa prescindere dalle nuove competenze. Infatti come mostrano anche le ricerche condotte dal Laboratorio RISE, è ormai opinione condivisa che non basta all’impresa saper etichettare i trend tecnologici e le principali applicazioni digitali per diventare Smart. Serve un’autentica nuova formazione su questi aspetti, che deve poter fornire all’azienda non solo la conoscenza tecnica delle nuove tecnologie ma anche sviluppare la consapevolezza delle precondizioni di utilizzo e dei potenziali effetti collaterali delle nuove tecnologie, analizzando e gestendo le implicazioni organizzative, psicologiche e linguistiche che ne possono derivare.

Il percorso per diventare Smart

A tirare le somme della tavola rotonda e del successivo dibattito ci ha pensato Andrea Rangone, CEO di Digital 360, che ha proposto nel suo keynote una serie di Lesson Learned, riassumibili in tre filoni principali:

  • Senza il commitment del top management, è difficile vivere la trasformazione digitale da protagonisti. Per essere Smart, diventa quindi davvero necessario distinguere il profilo del manager (tecnico e business) dal quello dell’imprenditore, vero catalizzatore della trasformazione.
  • L’organizzazione nel suo complesso deve essere ridiscussa. Si stanno infatti modificando sempre di più le dinamiche organizzative tra la gestione risorse umane, il responsabile dell’innovazione e le funzioni più tradizionali.
  • Riuscire a cambiare la cultura aziendale è difficile. Infatti, la maggior parte delle innovazioni recenti sono state portate da aziende di nuova costituzione e/o da startup.

Rangone ha quindi chiuso con una riflessione sul tema caldo delle competenze: secondo una ricerca condotta da Digital360 sui giovani laureandi, emerge che di possibili profili definibili come “imprenditori digitali” ce ne sono davvero pochi (solo il 5%). Questo dato è rappresentativo di un enorme problema culturale dell’intero paese: la maggior parte dei tendono a “subire” la trasformazione digitale, mancando completamente le reali opportunità oggi offerte dalle nuove tecnologie.

Nicola Saccani, professore associato e membro del Laboratorio RISE, ha quindi chiuso i lavori sottolineando alcuni importanti messaggi scaturiti dall’evento che possono aiutare l’azienda a diventare Smart:

  • Il cliente deve essere al centro, le sue esigenze anticipate;
  • I dati sono la chiave e la principale fonte di valore;
  • Le tecnologie digitali sono un fondamentale fattore abilitante, ma sono gli utilizzatori finali a beneficiarne di più: è necessaria quindi una chiara strategia, una roadmap e un modello di business adeguato per poter scaricarne a terra il potenziale;
  • Il fattore umano è fondamentale: servono nuove e specifiche competenze, ancora difficilmente immaginabili.

Anche il Laboratorio RISE ha provato a strutturare un percorso in tal senso con i suoi studenti attraverso un’iniziativa denominata “Competenze per competere” (accessibile da QUI). Tale iniziativa si è conclusa con un Hackathon che ha visto coinvolti 20 ragazzi selezionati, con l’obiettivo di sviluppare nuove idee ed APP, grazie al supporto di Gulliver, software house partner dell’evento. È quindi spettato a Giuseppe Capoferri, CEO di Gulliver, premiare i vincitori dell’Hackathon che hanno realizzato un prototipo “MyEcoWash”, un APP che consente di valutare l’impatto economico e ambientale delle abitudini di utilizzo della propria lavatrice, incrementando la consapevolezza dell’utilizzatore finale.

di Federico Adrodegari* e Gianmarco Bressanelli*

Il presente documento è stato steso da Federico Adrodegari e Gianmarco Bressanelli per il Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia. La proprietà intellettuale del documento appartiene agli autori. L’utilizzo e la riproduzione di questo materiale sono consentiti solo con il consenso scritto degli autori. 

*Laboratorio di ricerca RISE – Research & Innovation for Smart Entrerprises – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università di Brescia

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